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“La Svizzera ha preso una decisione coraggiosa”

Le truppe francesi della KFOR davanti al tribunale dell'ONU a Mitrovica, dopo gli scontri del 17 marzo 2008 Keystone

Giusta decisione del governo svizzero nel riconoscere rapidamente l'indipendenza del Kosovo. È quanto ha affermato a Berna nel corso di un seminario il tedesco Jens Reuter, esperto dei Balcani.

Di parere diametralmente opposto il giurista svizzero Thomas Fleiner, secondo cui l’esecutivo ha creato un pericoloso precedente potenzialmente conflittuale a livello internazionale.

Il cammino del Kosovo verso la costituzione di un paese democratico, sarà lungo e tortuoso. Non è infatti per domani l’avvento di un’economia prospera capace di creare occupazione e garantire benessere.

Ne sono consapevoli e convinti alcuni esperti dei Balcani, presenti ad una giornata di studio organizzata a Berna dal Forum Est-Ovest e intitolata “Come continuare?”. Ma è l’unico punto di convergenza nella riflessione attorno agli sviluppi del Kosovo dopo la dichiarazione di indipendenza.

“In politica bisogna mostrare la necessaria crudeltà fin dall’inizio” ha affermato, parafrasando Bismarck, l’esperto tedesco Jens Reuter nel giudicare la posizione del governo svizzero.

Ignorata la convenzione dell’ONU

Immediata la replica del giurista svizzero Thomas Fleiner: “Non si può affermare il diritto attraverso un’ingiustizia”. E mette subito in evidenza la violazione della risoluzione 1244 dell’ONU, che sancisce l’integrità e la sovranità territoriale della Serbia sul Kosovo. Professore di Diritti pubblico ed esperto in federalismo, Fleiner aveva fatto da consulente alla delegazione serba nelle quadro delle trattative sullo statuto del Kosovo.

Riconoscendo il dritto all’autodeterminazione del Repubblica del Kosovo, il governo svizzero ha creato, secondo Thomas Fleiner, un pericoloso precedente. Per la prima volta dalla fine del colonialismo, un popolo accede all’indipendenza ancora prima che il suo territorio e le sue frontiere siano garantite. Ora saremo alle prese con un nuovo vaso di Pandora con conseguenze per ora ancora difficilmente quantificabili, dice Fleiner a swissinfo.

Ma per il tedesco Jens Reuter la questione del precedente è puramente accademica. A suo parere, diventera prassi comune per altri gruppi secessionisti poter riferirsi all’esempio del Kosovo.

Nessuna rappresaglia

Rispondendo ad una domanda di swissinfo, Jens Reuter ha buone ragioni per credere che la Serbia non adotterà nei confronti della Svizzera delle misure di ritorsione. Cercherà, al contrario, di continuare la fruttuosa collaborazione.

Dopo la coraggiosa decisione, la Svizzera godrà invece di un prestigio supplementare tra gli albanesi del Kosovo. I progetti di sviluppo avviati dalla Svizzera nella regione potranno indubbiamente beneficiare di uno nuovo slancio.

Sentimenti di odio onnipresenti

Reuter non si fa tuttavia nessuna illusione. “Tra serbi e albanesi non c’è proprio nessun punto in comune, l’odio tra i due popoli è troppo forte e pertanto il pericolo di conflitti è dietro l’angolo”. Lo dimostra l’incidente dell’altro giorno a Kosovska Mitrovica, quando alcuni serbi hanno violentemente attaccato le truppe dell’ONU e della KFOR impegnate nell’evacuazione del tribunale della città.

Il bilancio degli scontri si è concluso con l’uccisione di un poliziotto dell’ONU e il ferimento di 130 persone, di cui 63 appartenenti alle truppe internazionali. La polizia dell’ONU è così stata costretta momentaneamente al ritiro dalla città a maggioranza serba.

Alla luce della complessa situazione, quale avrebbe potuto essere l’alternativa alla dichiarazione di indipendenza del Kosovo? Risposte divergenti, da parte degli esperti, anche su questa questione. Thomas Fleiner non ha dubbi: “In qualità di paese pioniere nella risoluzione pacifica dei conflitti, la Svizzera avrebbe dovuto impegnarsi maggiormente nella creazione di un tribunale arbitrale internazionale”.

Il vero nodo della questione, secondo il professore svizzero, risiede nel non aver condotto i negoziati sulla base della risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza dell’ONU. Risoluzione che garantisce alla Serbia l’integrità del proprio territorio concedendo nel contempo al Kosovo una sostanziale autonomia. “Tra queste due sponde, le parti in causa avrebbero potuto trovare delle convergenze”.

Domande ancora aperte

Per Jens Reuter era chiaro già dal 1999 che la reintegrazione del Kosovo nella Serbia non sarebbe più stata possibile. Dopo i bagni di sangue del 2004 che hanno interessato la minoranza serba, il mantenimento dello status quo avrebbe condotto ad una catastrofe certa.

L’esperto tedesco esprime tuttavia alcune riserve sull’attuale situazione del Kosovo, specialmente per quanto riguarda il riconoscimento delle Nazioni Unite.

La concentrazione di poteri nelle mani del rappresentante speciale dell’Unione europea Peter Feith, costituirebbe inoltre un grossolano errore di partenza, dal momento che trasforma il diplomatico olandese in una sorta di vice-re plenipotenziario e per una durata indeterminata.

Questo porta Reuter a evidenziare un paradosso: nel processo di avvicinamento tra Kosovo a Bruxelles, l’Unione europea negozia solo con se stessa.

swissinfo, Renat Künzi
(traduzione e adattamento dal tedesco Françoise Gehring)

Il Forum Est-Ovest è un’associazione privata riconosciuta di utilità pubblica. Lo scopo è di promuovere la cooperazione reciproca tra l’Europa orientale e la Svizzera. sia sul piano delle istituzioni che delle persone. E’ presieduto dall’ex giornalista televisivo Erich Gysling.

Tra gli obiettivi del Forum spiccano anche quelli di essere una piattaforma di scambio di nuove idee e di sostenere progetti negli stati dell’Europa centrale e orientale.

Dal 1996 organizza annualmente delle conferenze che fanno il punto sulla situazione nei Balcani.

In Svizzera vivono tra 170 e 190 mila kosovari. Una cifra che rappresenta il 10% della popolazione de Kosovo.

Dal 1999 la Svizzera partecipa alle missioni di mantenimento della pace KFOR, sotto l’egida della NATO. Attualmente 220 soldati svizzeri arruolati nella Swisscoy si trovano in Kosovo.

Nei confronti del Kosovo la Svizzera è uno dei più importanti paesi donatori. La somma complessiva dei programmi di aiuti previsti nel 2008 dalla Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC) e dalla Segreteria di Stato all’economia (SECO) ammonta a 13,9 milioni di franchi.

Il 17 febbraio 2008 il Kosovo ha autoproclamanto la propria indipendenza. Finora 27 paesi l’hanno riconosciuta.

Per sostenere il paese nei prossimi anni l’Unione europea ha stanziato un miliardo di euro, mentre il contribuo degli Stati Uniti ammonta a 230 milioni di euro.

Attualmente non è ancora chiaro se l’ONU riconoscerà o meno il nuovo stato.

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