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«La ricostruzione dell’Iraq deve passare per l’ONU»

Iraq: un padre e un figlio di fronte al Ministero della sicurezza distrutto dalle bombe alleate Keystone

Il ministro dell'economia Joseph Deiss ha sostenuto la posizione europea sul futuro dell'Iraq dopo la caduta del regime: spetta alle Nazioni unite il ruolo di coordinazione.

Il direttore della Banca nazionale, Jean Pierre Roth, si aspetta degli importanti impulsi per la ripresa congiunturale internazionale.

Joseph Deiss ha parlato chiaro in occasione della seduta primaverile del Fondo monetario internazionale (FMI) e della Banca mondiale: «La ricostruzione dell’Iraq deve avvenire nel quadro delle istituzioni dell’ONU».

L’assemblea, svoltasi nella fine settimana scorsa, ha offerto al ministro dell’economia l’occasione di riaffermare che proprio le due istituzioni economiche internazionali hanno un ruolo fondamentale per sostenere lo sviluppo economico dei paesi poveri.

Come il suo omologo francese, Francis Mer, Joseph Deiss ha ricordato ai consigli riuniti a Washington «la necessità di non dimenticare però gli altri paesi che non hanno bisogno di una guerra per ritrovarsi in una situazione tanto difficile come quella irachena».

Una nuova risoluzione ONU

Dopo le divergenze di fondo sul conflitto in Iraq, che hanno intaccato le relazioni fra Stati Uniti da una parte, alcune potenze economiche del G7 e la Russia dall’altra, sono arrivate da Washington anche alcune parole di riconciliazione.

Il governo statunitense ha accettato in linea di principio la multilateralità per la ricostruzione del paese del Tigri e dell’Eufrate. L’appalto ai lavori non sarà quindi appannaggio esclusivo degli USA.

Per iniziare ci vorrà comunque una nuova risoluzione del Consiglio di sicurezza. La delegazione svizzera stima che ci vorranno almeno sei mesi finché lo FMI e la Banca mondiale possano inviare una commissione d’inchiesta in Iraq.

Beni iracheni congelati

In attesa di questo passo ufficiale, sono già intense le discussioni sull’impiego delle ingenti fortune accumulate dal clan di Saddam Hussein in diversi paesi. Da parte sua la Svizzera ha congelato i beni appartenenti al dittatore già nel 1990, al momento dell’invasione del Kuwait. La settimana scorsa ulteriori fondi sono stati bloccati presso alcune banche.

La delegazione svizzera a Washington – composta oltre che dal ministro Deiss, anche dal presidente della Banca nazionale Jean-Pierre Roth – ha discusso di questi fondi bloccati con gli omologhi americani. In una prima reazione concessa a swissinfo, Deiss ha definito l’incontro «positivo e costruttivo».

Ci sarebbe un accordo di principio sulla delega dell’utilizzazione dei beni confiscati alle Nazioni unite in favore della ricostruzione del paese e della popolazione. «I fondi, bloccati dalle risoluzioni 661 e 670 non possono essere liberati che con un’ulteriore risoluzione del Consiglio di sicurezza», ha dichiarato a swissinfo un membro della delegazione che ha guidato i lavori con i responsabili del Tesoro e del Dipartimento di Stato americani.

Conseguenze economiche

Sembra comunque che le ricadute economiche provocate dal conflitto in Medio oriente non abbiano avuto le ripercussioni negative paventate alla vigilia. Le condizioni per una moderata ripresa congiunturale a livello internazionale non sarebbero seriamente intaccate.

Si dice fiducioso anche Jean-Pierre Roth che nutre speranze anche per la congiuntura interna svizzera: «La crescita interna dipenderà dal contesto internazionale dei prossimi sei mesi, ma ci aspettiamo che la Svizzera approfitti del miglioramento della situazione internazionale».

Il presidente della Banca nazionale si dice addirittura «ottimista, perché le nostre esportazioni presentano un buon livello di competitività. E se rilancio ci sarà, sarà negli investimenti – cosa positiva per l’economia svizzera in genere – che favorirà soprattutto il settore della componentistica».

swissinfo, Marie-Christine Bonzom, Washington
(adattamento, Daniele Papacella)

Conferenza annuale con un tema dominate per il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale: le conseguenze del conflitto in Iraq.

La ricostruzione come la stabilizzazione politica in Medio oriente dovrebbero sostenere la ripresa congiunturale. Questa la speranza, non solo svizzera.

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