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Emozione e smarrimento in una stanzetta da Oscar

Florence Loiret Caille e Michel Bouquet nei panni di Rose e Edmond, i due protagonisti del film "La petite chambre". solothurnerfilmtage.ch

È una storia di orgoglio e affetto, raccontata con tanta sensibilità e una punta di umorismo da Stéphanie Chuat e Véronique Reymond nel film "La petite chambre". Dopo aver affascinato il pubblico di Locarno e Soletta, quest'opera prima ha conquistato l'Oscar svizzero per il miglior film e la miglior sceneggiatura.

Edmond ha ottant’anni e sta perdendo la sua autonomia. La moglie è morta da tempo e il suo unico figlio, egoista e assente, sta cercando in tutti i modi di convincerlo ad andare in un ospizio. “La petite chambre” narra l’incontro tra questo anziano signore un po’ scorbutico e Rose, un’infermiera a domicilio confrontata al dolore della perdita di un figlio, morto dopo otto mesi di gravidanza.

È la storia di due estremi che si incontrano: la nascita e la morte, l’infanzia e la vecchiaia. Tra i due personaggi, così diversi tra loro, nasce una relazione fatta di disperazione e orgoglio, di piccole attenzioni e grandi silenzi. Sullo sfondo c’è una cameretta azzurra, rimasta intatta; un incantesimo che soltanto la presenza di Edmond riuscirà a spezzare.

Presentato in prima mondiale al Festival di Locarno 2010, la “Petite chambre” ha ricevuto l’Oscar per il miglior film svizzero e per la miglior sceneggiatura. Era inoltre è stata selezionata dalla Svizzera come candidata per l’Oscar al miglior film straniero, anche se poi non era stata scelta dalla giuria.

La sfida lanciata da Stéphanie Chuat e Véronique Reymond non era delle più semplici: mettere in scena due tematiche così profonde e intime come la vecchiaia e la morte di un neonato, senza banalità né manipolazioni. «Abbiamo scelto di affrontare queste problematiche con una punta di leggerezza, cercando di trovare un buon equilibrio tra il dramma e l’humour. È interessante vedere come questi due aspetti del film, così come le tematiche trattate, assumano un’importanza più o meno determinante a seconda del vissuto degli spettatori».

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Dal palcoscenico alla regia

Coprodotto dalla zurighese Ruth Waldburger, “La petite chambre” è il primo lungometraggio di Stéphanie Chuat e Véronique Reymond. Le due registe vodesi – amiche d’infanzia – hanno però alle spalle una lunga esperienza teatrale (come attrici e registe), un paio di documentari e qualche cortometraggio. Di fatto, ne “La petite chambre” nulla sembra essere lasciato al caso.

«L’esperienza teatrale ci ha insegnato a curare tutto nei minimi dettagli:  il colore di un vestito, lo scenario, il trucco degli attori, racconta Stéphanie Chuat. Abbiamo fatto il possibile affinché lo spettatore si sentisse parte della storia, affinché non ci fosse nessun elemento di “disturbo”».

Questa ricerca della perfezione la si ritrova anche nel rapporto che queste giovani registe hanno instaurato con il cast del film. «Sappiamo cosa significa essere su un palco e dover trovare la giusta concentrazione. Per questo abbiamo cercato in qualche modo di proteggere i nostri attori, di spingerli a dare il meglio di loro stessi, di metterli sotto pressione affinché potessero esprimersi», spiega Véronique Reymond. «Per un attore è frustrante sentirsi ripetere:  “bravo, sei stato fantastico”. È importante che il regista abbia un’idea forte, che sappia difenderla, e che riesca ad entrare nella dinamica dei personaggi».

Stéphanie Chuat e Véronique Reymond si conoscono sui banchi di scuola, all’età di 11 anni. Formatesi al Conservatorio di Losanna e alla scuola Dimitri di Verscio, lavorano dapprima come attrici di teatro e di cinema, e in seguito come sceneggiatrici e registe. Stéphanie Chuat ha recitato, tra l’altro, per Alain Tanner nel film  “Jonas et Lila, à demain” (1999) e per Ivan Calbérac in “On va s’aimer” (2006). Parallelamente all’attività di attrice, Stéphanie Chuat ha scritto diversi romanzi. Al cinema, Véronique Reymond ha lavorato per Eric Rohmer in “Les amours d’Astrée et de Céladon” (2007) e per Francis Reusser (“Jacques et Françoise”). Ha scritto e diretto diverse pièces teatrali, tra cui  “…et la vie continue” e “Jeux d’enfants”. 

Un “mostro” del cinema francese

Con una trama commovente e qualche guizzo di sana ilarità, “La petite chambre” deve parte del suo successo alla splendida interpretazione di un Michel Bouquet ormai 86enne.

«È stato fantastico poter lavorare con un attore del suo calibro. Nel mondo del cinema e del teatro francofono è considerato un vero e proprio “mostro”, una referenza, una pietra miliare», racconta sorridendo Véronique Reymond. 

«Quando abbiamo saputo che aveva accettato di interpretare la parte di Edmond, non abbiamo dormito per diverse notti talmente eravamo nervose. Poi però è stato facile lavorare con lui: è talmente immerso nella sua parte e talmente professionale che la tensione scompare in un attimo».

L’esplorazione continua

Non ancora archiviata l’esperienza di questo primo lungometraggio, Stéphanie Chuat ha già un occhio rivolto al futuro. «Continueremo ad esplorare il mondo teatrale come quello cinematografico. D’altronde siamo in due e, nel bene o nel male, ciò significa che tutto va condiviso. Anche il denaro… Per questo dobbiamo sempre tenere gli occhi aperti ed inventarci nuovi progetti per poter sopravvivere».

«Se per realizzare una pièce teatrale bastano tre fili e un palco, per un film bisogna trovare i finanziamenti e non è sempre facile», le fa eco Véronique Reymond. «La nostra carta da visita sono state la presenza di Michel Bouquet, e il sostegno di Ruth Waldburger, che ci hanno permesso di essere credibili in quanto registe svizzere, giovani e alle prime armi».

Una frecciatina alla politica cinematografica svizzera? Non esattamente… «Quando siamo state al Festival di Palm Springs, abbiamo avuto modo di discutere con diversi registi americani», racconta Stéphanie Chuat. Per loro è impensabile che lo Stato finanzi in parte l’industria del cinema come accade in Svizzera. Questo ci ha portate a relativizzare molte cose… Se siamo riuscite a mettere in piedi “La petite chambre” è anche grazie ai contribuenti». Un motivo di orgoglio in più dunque nel vedere le sale piene e il pubblico soddisfatto alla fine del film.

– “La petite chambre“, lungometraggio, 2010

– “Buffo, Buten & Howard“, documentario, 2009

– “Sciences suisses – Portrait sur martine Rahier“, documentario, 2008

– “Gymnase du soir, petites histoires, grande études“, documentario, 2005

– “Berlin Backstage“, cortometraggio, 2004

– “Train de vie“, cortometraggio, 2002

– “Appel d’air“, cortometraggio, 2002

-“Travailler c’est trop dur“, cortometraggio, 2001

Miglior film: “La petite chambre” di Stéphanie Chuat e Véronique

Reymond

Miglior documentario: “Cleveland vs. Wall Street” di Jean-

Stéphane Bron

Miglior cortometraggio: “Yuri Lennon’s Landing On Alpha 46 di

Anthony Vouardoux

 Migliore animazione: “Miramare” di Michaela Müller

Migliore sceneggiatura: Stéphanie Chuat e Véronique Reymond (“La

petite chambre”)

Migliore attrice: Isabelle Caillat (“All That Remains”)

Miglior attore: Scherwin Amini (“Stationspiraten”)

Miglior ruolo non protagonista: Carla Juri (“180 Grad”)

Migliore musica: Marcel Vaid (“Goodnight Nobody”)

Premio speciale: Gerald Damovsky (“Sennentuntschi”)

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