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“Il segreto bancario non si tocca”

Ivan Pictet, presidente di 'Genève Place Financiêre' Keystone

La piazza finanziaria svizzera è toccata da fusioni e soppressioni di posti di lavoro.

Tempi duri – e la Svizzera deve affrontare una vera e propria guerra economica, afferma Ivan Pictet, presidente della Piazza finanziaria di Ginevra.

Per Ivan Pictet, la piazza finanziaria svizzera è confrontata a una difficile situazione, a causa della rude concorrenza internazionale, particolarmente statunitense e britannica.

D’altro canto, l’Unione europea fa pressioni per imporre alla Svizzera riforme che non riesce a concretizzare nemmeno al suo interno.

E in questo contesto, rileva Pictet, non sono certo benvenute le critiche alla piazza finanziaria svizzera da parte dei media nazionali.

swissinfo: Carlo Lamprecht, capo del Dipartimento dell’economia del canton Ginevra, si aspetta il peggio. Anche lei?

Ivan Pictet: Il rallentamento economico è mondiale. Non appartiene alla Svizzera, e nemmeno a Ginevra. Ma visto che la concentrazione di istituti finanziari è molto più alta a Ginevra che altrove, il cantone risulta più colpito dei suoi vicini. La piazza finanziaria rappresenta il 27 perento del reddito cantonale ginevrino e dal 30 al 35 percento degli introiti fiscali.

A sentire lei, ci troveremmo in una situazione di guerra…

Molti svizzeri, e soprattutto certi ambienti politici e mediatici, non si rendono conto che americani e britannici cercano con tutti i mezzi di danneggiare la reputazione della Svizzera in materia di gestione di fortuna. In questi settori, New York e Londra sono i nostri principali concorrenti.

Come si presenta concretamente questa guerra?

Con continui attacchi contro il segreto bancario, accusato di tutti i mali. Gli Stati Uniti e la Grana Bretagna cercano di colpevolizzarci, facendo credere all’opinione pubblica che siamo dei poco di buono. È assurdo, il nostro sistema è perfettamente morale. Cos’è il segreto bancario? È un segreto professionale, garantito dalla legge, e che permette di sviluppare una relazione di fiducia con i clienti. Non favorisce l’evasione fiscale, e ancor meno il crimine organizzato o il finanziamento del terrorismo.

La piazza finanziaria svizzera potrebbe sopravvivere senza il segreto bancario?

Contrariamente ai nostri concorrenti americani e britannici, con 7 milioni di abitanti la Svizzera non dispone di un grande mercato interno. Per questo deve attirare una clientela straniera. Se la nostra piazza finanziaria perde i suoi vantaggi, come il segreto bancario, rischia di ridursi della metà.

Dunque, la Svizzera non deve cere su questo punto di fronte all’Unione europea?

Perché la Svizzera dovrebbe piegarsi alle esigenze straniere e rinunciare alla sua sovranità nazionale? Non abbiamo alcun interesse ad adottare un sistema meno soddisfacente del nostro. Mentre noi non facciamo parte dell’Unione europea, questa tenta di imporci delle riforme fiscali che non riesce a imporre nemmeno ai suoi membri.

Non sono soltanto i paesi stranieri a denunciare il segreto bancario. Anche certi svizzeri vi si oppongono.

È una caratteristica del nostro paese. Ci piace sentirci colpevoli, flagellarci. Mentre gran parte della stampa svizzera è ostile alla piazza finanziaria, mai i media britannici o lussemburghesi se la prendono con le proprie banche. Ha mai sentito un laburista denunciare la City?

I più grandi pericoli per la piazza finanziaria svizzera non vengono però dalle amnistie fiscali, come quella del governo Berlusconi in Italia?

Un’amnistia fiscale dà buoni risultati, a condizione che un paese prenda misure per incitare i capitali a rimanervi: nessuna imposta sulla fortuna, nessuna tassa di successione. Contrariamente a quanto è stato spesso detto, certe banche svizzere hanno raccolto più fondi di quanti non ne abbiano persi con l’amnistia fiscale italiana. È il caso della Banca Pictet, con le nostre filiali di Milano e Torino.

Ian Hamel, swissinfo

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