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“Il rugby è uno sport da bestie giocato da gentiluomini”

Nel Regno Unito è in pieno svolgimento l'ottava edizione della Coppa del Mondo. Abbiamo incontrato la nazionale italiana

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Da Rugby, intesa come cittadina nel Warwickshire, a Twickenham. Dalle origini (storiche) dove tutto è cominciato, all’epilogo dell’ottava Coppa del Mondo. Due luoghi iconici del rugby, inteso come sport. Separati da circa 150 Km, e poco meno di due secoli.

La storia è nota. Correva l’anno 1823 quando, durante una partita di football sui generis (le squadre erano composte anche da 250 giocatori..), uno studente della Rugby School raccoglie la palla con le mani e corre verso la linea di fondo campo avversaria. Quel giorno William Webb Ellis inventava – “mai rovinare una bella storia con la verità” – uno sport oggi popolare in tutto il mondo. Che a fine ottobre si auto-celebra con la finale mondiale.

Al termine di sei settimane di rugby, 48 partite in 13 stadi, 20 nazionali divise in quattro gironi. Uno spettacolo globale, capace di generare introiti per più di tre miliardi di euro, e seguito da una audience di 800 milioni di telespettatori. Già venduti in prevendita oltre 2,25 milioni di biglietti (95% dei tagliandi disponibili), attesi oltre mezzo milione di tifosi stranieri. Favorita d’obbligo, la Nuova Zelanda, detentrice della coppa nonché dominatrice nel ranking mondiale. La nazionale da battere, secondo i bookmakers e l’unanime giudizio degli esperti.

Tra sorprese (la vittoria del Giappone sul fortissimo Sudafrica) e delusioni (l’Inghilterra che rischia la precoce eliminazione), l’Italrugby ha giustificato la sfiducia generale che aleggiava alla vigilia della sua partenza per Londra. Una nazionale al capolinea anagrafico, lacerata da polemiche interne e risultati scadenti. Un declino sportivo che coincide – paradossalmente – con il suo picco di popolarità. Mai i ragazzi della palla ovale hanno potuto contare su un simile seguito di tifosi e attenzioni mediatiche.

I migliori della squadra (Parisse, Castrogiovanni e Bergamasco) da tempo hanno oltrepassato gli angusti confini rugbistici per diventare “personaggi”, testimonial inseguiti dalle aziende. Fino ad insidiare per popolarità i calciatori della Serie A. Un dualismo, un po’ di maniera e ampiamente forzato dai media, tra gli ex dilettanti che si sono meritati un posto al sole con cuore e sudore e i ricchi viziati del pallone. “Il rugby è uno sport da bestie giocato da gentiluomini, il calcio è uno sport da gentiluomini giocato da bestie”, recitava un vecchio adagio, che riempie sempre d’orgoglio i proseliti del giovane Ellis.

Di Lorenzo Amuso

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