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“Il cervelat è il prodotto svizzero per eccellenza”

Cervelas en train de griller dans un feu
Grigliato o in insalata, il cervelat è consumato in tutta la Svizzera. Keystone / Laurent Gillieron

La diversità della Svizzera si ritrova nella sua cucina. Una nuova pubblicazione stila un ritratto gastronomico e culturale delle diverse regioni elvetiche. Incontro con Olivier Girardin, presidente dell'associazione Patrimonio culinario svizzero.

Una summa. È il termine più adatto per qualificare questo libro di 661 pagine. L’autore, il giornalista gastronomico Paul Imhof, ha setacciato la Svizzera per anni raccogliendo informazioni da una moltitudine di persone attive nei settori dell’agricoltura, della ristorazione e dei vari mestieri legati alla gastronomia, ma anche nelle biblioteche. Risultato: informazioni esaustive su ogni prodotto; si impara, per esempio, quali sono le origini, la storia, il metodo di produzione o la zona di diffusione.

L’opera raccoglie in un solo volume un inventario culinario stilato su mandato della Confederazione tra il 2005 e il 2008 dall’associazione Patrimonio culinario svizzero con la collaborazione dei Cantoni e di esperti ed esperte negli ambiti più disparati. Costantemente aggiornato, l’inventario offre il panorama più completo possibile dei prodotti della cucina svizzera. Per esservi inseriti, devono soddisfare tre criteri: essere ancora consumati, esistere da almeno 40 anni e avere un rapporto particolare con la Svizzera.

Tuttavia, questo libro, che descrive più di 450 prodotti, non è un semplice inventario. Permette anche di conoscere meglio la Svizzera e la sua popolazione. Infatti, la tradizione culinaria è anche un viaggio attraverso la storia, la geografia, la cultura e la sociologia di un Paese, sottolinea Oliver Girardin, presidente dell’associazione Patrimonio culinario svizzero.Collegamento esterno

SWI swissinfo.ch: Come definire il patrimonio culinario elvetico?

Olivier Girardin: In Svizzera esistono molte regioni gastronomiche. Abbiamo un patrimonio molto ricco che dimostra che la Svizzera è un Paese di incroci al centro dell’Europa, con diverse culture e varie frontiere. Questa diversità si ritrova nella sua cucina.

Copertina
Il libro è già disponibile in francese dalla fine del 2022. Una versione in tedesco uscirà nella primavera 2023. Un’eventuale versione in italiano è ancora oggetto di una ricerca di finanziamenti. Editions infolio

Questo patrimonio mostra anche come si viveva un tempo nel mondo rurale in cui niente andava sprecato e tutto veniva trasformato. La cucina svizzera conta una grande varietà di formaggi, ma anche di salsicce e di carni essiccate, il che testimonia la cura per la conservazione dei prodotti.

Ciò è legato al fatto che una grande parte del territorio è formato da montagne dove, in inverno, si poteva mangiare solo ciò che si poteva conservare.

Riassumendo, si tratta soprattutto della cucina rurale di un Paese relativamente povero. Siamo molto lontani dai fasti della cucina di Versailles.

Esatto. Questo carattere rurale e relativamente povero è un elemento centrale del patrimonio culinario svizzero, ma la Svizzera è anche un Paese industriale e questo lo si vede nella parte più moderna del patrimonio culinario. Alcuni prodotti hanno origine nell’industria alimentare, con grandi gruppi come Nestlé. Tra i prodotti classici di questo tipo si può citare il famoso Cenovis o la senape Thomy.

Abbiamo parlato dei punti in comune della cucina svizzera; ci sono anche grandi differenze regionali?

Ci sono sicuramente dei prodotti tipici delle diverse regioni. Per esempio, l’uso del cardo in cucina è molto conosciuto a Ginevra, ma non altrove nella Confederazione. Nella Svizzera orientale c’è un tipo di mais (Ribelmais) che non si trova ovunque.

Al di là dei prodotti, è interessante vedere come il rapporto con l’alimentazione varia a seconda delle regioni. Nella Svizzera tedesca c’è più sensibilità sul metodo di produzione, per esempio con il bio. La Svizzera latina è più sensibile alla tradizione. L’aspetto gustativo è molto più marcato nelle regioni latine rispetto a quelle germaniche in cui si tiene maggiormente conto del benessere degli animali.

È interessante anche notare che si utilizzano termini culinari per parlare delle differenze culturali tra la Svizzera tedesca e la Svizzera latina. Si parla ad esempio del “röstigraben”, il “fossato del rösti”, per indicare il divario culturale tra la Svizzera francese e quella tedesca, anche se il rösti si consuma in tutta la Svizzera. Anche l’identità è legata all’alimentazione ed è importante per la coesione nazionale sapere cosa si mangia in altre parti del Paese.

Con la globalizzazione e l’uniformizzazione dei gusti, qual è lo stato di salute del patrimonio culinario svizzero?

Sta ottenendo sempre più attenzione. Ristoranti gastronomici mettono volentieri dei prodotti tipici nel loro menù. Si nota anche un rinnovato interesse del pubblico per il consumo di prodotti regionali di stagione; è nello spirito dei tempi.

D’altra parte, nel consumo quotidiano, la conservazione di questo patrimonio è meno evidente. La trasmissione alla gioventù rappresenta una vera sfida.

Alcuni prodotti spariscono totalmente. Perché?

Le abitudini alimentari evolvono. La società contemporanea ha un po’ perso l’abitudine di cucinare, il che contribuisce alla sparizione dei prodotti, per esempio specialità a base di carne non pregiata che necessita una preparazione più lunga o complessa.

Inoltre, molti prodotti trasformati per essere conservati sono il risultato del sapere di artigiani come macellai, panettieri o casari. La trasformazione alimentare, però, si è industrializzata molto e ciò ha portato a una perdita di queste competenze.

Ci sono tuttavia nuovi prodotti che sono nati e hanno superato la fatidica asticella dei 40 anni che utilizziamo come criterio per l’iscrizione nel patrimonio culinario. È il caso dell’olio d’oliva in Ticino, ad esempio.

Recentemente, si parla molto di ecologia, di filiere corte. È un’opportunità per il patrimonio culinario svizzero?

In effetti, penso che questo ritorno alle origini sia un’opportunità. È agli antipodi della globalizzazione in cui si omogenizza totalmente l’alimentazione. Bisogna riuscire a spiegare che i prodotti iscritti nel patrimonio culinario sono legati strettamente a delle competenze, a una produzione ecologica, a un consumo consapevole e a una tradizione. 

All’estero, si domanda spesso quale sia il prodotto o il piatto tipico svizzero. Qual è la risposta più frequente?

Si pensa spesso alla fonduta di formaggio o alla raclette. Sono prodotti che hanno il vantaggio di essere facili da trasportare e da preparare. Ci sono anche i formaggi come il gruyère o la tête de moine che hanno molto successo come prodotti d’esportazione, anche se le quantità prodotte non sono le stesse.

Quindi si può dire che il formaggio è il prodotto svizzero per eccellenza?

Sì, il formaggio e tutto ciò che gli è associato. Ma ci sono anche le salsicce. In Svizzera, se ne contano circa 450! Se io dovessi scegliere il prodotto per eccellenza della cucina svizzera, sarebbe il cervelat. Tutte e tutti lo consumano, in tutte le regioni.

Va comunque sottolineata anche l’importanza della categoria dei prodotti di panetteria e pasticceria che è la più rappresentata a livello numerico tra le specialità iscritte nel patrimonio culinario svizzero.

Olivier Girardin
Olivier Girardin, presidente dell’associazione Patrimonio culinario svizzero. Kamerazuki56

Un’altra domanda ricorrente è: qual è il piatto natalizio tradizionale in Svizzera? Cosa rispondere?

Questo dipende, perché le tradizioni variano di regione in regione. Ai giorni nostri, è chiaro che la fondue chinoise e il tacchino hanno il favore del pubblico. Però, è tra i dessert che va cercato un prodotto tradizionale comune all’insieme del Paese, con il tronchetto di Natale che, anche se non è specificamente svizzero, è consumato dappertutto nella Confederazione. Anche il pane all’anice e i biscotti di Natale si trovano ovunque, anche se presentano variazioni regionali.

Si potrebbe migliorare la promozione dei prodotti svizzeri all’estero?

Tra i prodotti che si esportano meglio ci sono i formaggi. È una lunga tradizione che risale talvolta a diversi secoli fa, come nel caso dello sbrinz. Ma bisogna capire che la Svizzera produce solo il 50% della propria alimentazione. Di conseguenza, l’esportazione dei prodotti alimentari non è un aspetto rilevante; si punta piuttosto sui prodotti di nicchia.

Spero comunque che questo libro permetta di far conoscere meglio questo ricco patrimonio all’estero. Il mio sogno sarebbe che ogni ambasciata svizzera ne abbia una copia.

Traduzione: Zeno Zoccatelli

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