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«Basilea 3»: nuove regole per banche più solide

La sede della Banca dei regolamenti internazionali, a Basilea Keystone Archive

I governatori delle banche centrali hanno raggiunto domenica l'accordo di Basilea 3, che impone agli istituti requisiti più severi in materia di patrimonio. L'intesa dovrà essere avallata al G20 di novembre a Seul.

Nella sede della Banca dei regolamenti internazionali a Basilea, gli esponenti delle autorità di controllo di 27 paesi – per la Confederazione erano presenti la Banca nazionale svizzera (BNS) e l’autorità di vigilanza sui mercati finanziari (Finma) – hanno trovato la quadratura del cerchio.

Gli istituti di credito nel mondo dovranno dunque aumentare progressivamente i loro indici di patrimonio che la recente crisi ha mostrato troppo deboli e gonfiati da strumenti e attività rivelatisi senza valore.

L’asticella sarà pertanto progressivamente spostata verso l’alto: il common equity (capitale azionario più riserve) minimo salirà dall’attuale 2% al 3,5% nel 2013 e al 4,5% a fine 2018. Soltanto in quell’anno, infatti, la nuova regolamentazione sarà implementata e al common equity si dovrà aggiungere un cuscinetto anticiclico del 2,5%, in modo da arrivare a una soglia del 7%. Il CoreTier1 (componente principale del capitale di una banca) sarà allora del 6% contro l’attuale 4% anche se il mercato e le banche si sono già adeguati a questo livello.

Reazioni positive

Il presidente della Banca centrale europea, Jean Claude Trichet, ha spiegato che il periodo di transizione «permetterà alle banche di raggiungere i nuovi standard e di continuare a sostenere la ripresa economica», assicurando nel contempo «la stabilità di lungo termine».

La BNS e la FINMA hanno a loro volta accolto con favore l’accordo sulle nuove regole bancarie. Secondo Philippe Hildebrand, presidente della Banca nazionale, il sistema finanziario globale sarà più resistente alle crisi. Sulla stessa lunghezza d’onda anche il vicepresidente della FINMA, Daniel Zuberbühler: a suo parere si tratta di una riforma necessaria, affinché in futuro gli istituti di credito possano superare i momenti difficili senza ricorrere all’aiuto dello stato.

Molti analisti hanno comunque sottolineato la necessità di compiere altri sforzi a livello nazionale e internazionale per trovare una soluzione al problema delle banche too big to fail (“troppo grandi per fallire”). Attualmente, nella Confederazione un gruppo di lavoro sta proprio elaborando proposte volte a limitare i rischi sistemici.

UBS e CS si dicono pronte

Le due maggiori banche elvetiche, UBS e Credit Suisse, hanno preso atto dell’accordo raggiunto a Basilea, ma non hanno voluto esprimersi in merito ai dettagli tecnici. Secondo UBS, saranno determinanti soprattutto gli standard che verranno fissati dall’Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari. L’istituto ha comunque sottolineato che le misure regolative saranno applicate entro i termini stabiliti.

Anche Credit Suisse è pronto per le nuove regole. «Abbiamo sviluppato la nostra strategia in vista dei cambiamenti normativi e negli ultimi tre anni abbiamo di conseguenza rafforzato il capitale e diminuito i rischi», ha precisato l’istituto. Credit Suisse aggiunge di essere «una delle banche meglio capitalizzate al mondo», ribadendo la convinzione che questa situazione «non cambierà nemmeno sotto il regime di Basilea3».

Gli Accordi di Basilea definiscono i requisiti patrimoniali delle banche stabiliti dal Comitato di Basilea, costituito dagli enti regolatori delle banche mondiali allo scopo di perseguire la stabilità monetaria e finanziaria.

I requisiti di capitalizzazione delle banche sono stati definiti nel 1988 con l’Accordo sul capitale minimo delle Banche, noto appunto come Accordo di Basilea. Con il passare degli anni, l’intesa si è rivelata inadatto a fronteggiare le nuove sfide legate ai prodotti finanziari, ai mercati bancari e alle tecniche di gestione dei rischi.

Di conseguenza, nel 2007 è entrato in vigore un nuovo accordo sui requisiti minimi di capitale (Basilea 2): la nuova intesa fissava il coefficiente di solvibilità all’8%. Tale coefficiente definisce l’ammontare minimo di capitale che le banche devono possedere in rapporto al complesso delle attività ponderate in base al loro rischio creditizio.

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