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Perché lo scioglimento dei ghiacciai riguarda ognuno di noi

“L’unico modo per salvare i ghiacciai è fermare il riscaldamento globale”

ghiacciaio
I ghiacciai del Pers e del Morteratsch (in secondo piano), nei Grigioni. Dal XIX secolo, la lunghezza del Morteratsch si è ridotta di circa 3 km. © Keystone / Gian Ehrenzeller

Il climatologo olandese Johannes Oerlemans è tra i vincitori del prestigioso Premio Internazionale Balzan 2022 per il suo lavoro sui ghiacciai e le calotte polari. Nell'intervista a SWI swissinfo.ch parla delle scoperte più importanti della sua carriera, delle conseguenze dello scioglimento dei ghiacci e del tentativo di preservare un ghiacciaio in Svizzera utilizzando la neve artificiale.

Johannes “Hans” Oerlemans, 72 anni, è tra i ricercatori sul clima più influenti al mondo, secondo l’agenzia di stampa Reuters. Nel 2022, il professore emerito dell’Università di Utrecht ha ottenuto assieme alla danese Dorthe Dahl-Jensen il Premio Internazionale BalzanCollegamento esterno per il lavoro sulla dinamica della glaciazione e delle calotte polari. Il loro contributo ha migliorato la “comprensione del cambiamento climatico e dei suoi meccanismi”, scrive l’omonima fondazione italo-svizzera, che assegna il premio ogni anno a persone che si sono distinte a livello internazionale nei loro specifici campi di attività.

In Svizzera, Oerlemans è cofondatore dell’associazione GlaciersAliveCollegamento esterno, il cui obiettivo è la ricerca di soluzioni sostenibili per la gestione delle risorse idriche. Tra i progetti c’è la salvaguardia del ghiacciaio del Morteratsch, una popolare località turistica e sciistica nei Grigioni.

SWI swissinfo.ch: Lei è nato nei Paesi Bassi, una nazione senza montagne né ghiacciai. Che cosa l’ha portato a lavorare in Svizzera?

Johannes Oerlemans: All’inizio della mia carriera mi occupavo soprattutto di simulazioni informatiche dell’evoluzione dei ghiacciai. Ma non si sapeva molto di quello che succedeva sulla loro superficie. Abbiamo così avuto l’idea di installare una stazione meteorologica permanente su un ghiacciaio allo scopo di studiare l’interazione tra il clima e il ghiacciaio.

Hans Oerlemans
Hans Oerlemans è professore emerito alla Facoltà di fisica dell’Università di Utrecht. Hans Oerlemans

Su suggerimento di Wilfried Haeberli, un amico e collega svizzero, ho optato per il ghiacciaio del MorteratschCollegamento esterno [nei Grigioni]. È il posto migliore perché non c’è pericolo di valanghe ed è facilmente accessibile. Vent’anni fa, era l’unico luogo nelle Alpi dove si poteva raggiungere il fronte del ghiacciaio anche in sedia a rotelle. Abbiamo iniziato le misurazioni nel 1995 e da allora sono stato sul Morteratsch un centinaio di volte.

Qual è stata l’osservazione più importante della sua carriera?

È una domanda difficile [risata]. Direi la scoperta dell’esistenza di un microclima molto distinto su un ghiacciaio, resa possibile dalle stazioni meteorologiche che abbiamo installato sui ghiacciai in Islanda, Groenlandia, Austria e Svizzera. In prossimità della superficie di un ghiacciaio, le condizioni meteorologiche sono diverse da quelle dell’ambiente circostante. Sul ghiacciaio c’è sempre vento e l’aria si sposta sempre verso il basso. Questo ha un impatto sul processo di scioglimento.

I ghiacciai si stanno ritirando quasi ovunque nel mondo. Questa non è una novità, è già successo molte volte in passato. Che cosa c’è di diverso oggi?

La Terra ha 4,5 miliardi di anni e per la maggior parte del tempo è stata priva di ghiacciai. I periodi con dei ghiacciai sono relativamente corti e ora ci troviamo proprio in uno di questi. Ci sono sempre state delle fluttuazioni, ma oggi ad essere diversa è la velocità con cui i ghiacciai si stanno ritirando.

Si sente spesso parlare di temperature insolitamente elevate nell’Artico, di grandi iceberg che si staccano dall’Antartide e della sofferenza dell’orso polare. Che cosa sta succedendo ai poli e in che modo questo ha un impatto sulle nostre vite?

Il riscaldamento non è uniforme. È maggiore nelle regioni polari, e in particolare nell’Artico, come pure nelle regioni montane a medie latitudini, incluse le Alpi. In Svizzera, ad esempio, l’aumento della temperatura è il doppio della media mondiale. L’Artico si sta riscaldando più rapidamente a causa dell’effetto di amplificazione polare e del cosiddetto feedback ghiaccio-albedo: più fa caldo, meno si hanno superfici ricoperte di neve o ghiaccio che riflettono la radiazione solare, ciò che accelera a sua volta il riscaldamento.

La nostra società si è sviluppata per vivere nel modo più ottimale nelle condizioni attuali. Se ci sono dei cambiamenti, la situazione diventa problematica. Lo scioglimento del ghiaccio può avere ripercussioni a livello locale. Penso ad esempio alle conseguenze sulla produzione idroelettrica in Svizzera. Se però consideriamo le regioni polari, le conseguenze sono globali poiché lo scioglimento favorisce l’innalzamento del livello del mare.

Il 2022 è stato un anno “catastrofico” per i ghiacciai svizzeri, secondo l’Accademia svizzera di scienze naturali. Hanno perso oltre il 6% del loro volume. Possiamo ancora salvarli?

È impossibile preservare tutti i ghiacciai svizzeri. L’unico modo è ridurre le emissioni di CO2 e attenuare il più possibile il riscaldamento climatico. Ma i ghiacciai rispondono lentamente e anche se risolviamo la crisi climatica oggi continueranno a ritirarsi per alcuni decenni. È però possibile intervenire in singoli casi per ridurre lo scioglimento.

Alcuni ghiacciai vengono ricoperti con dei teli geotessili, una sorta di “coperta” che rallenta lo scioglimento. Lei è il glaciologo svizzero Felix Keller state invece lavorando su un’altra soluzione: preservare il ghiacciaio del Morteratsch con neve artificiale. Come funziona esattamente?

Il Morteratsch è troppo esteso [circa 15 km2] per essere ricoperto con dei teli, che tra l’altro non sono nemmeno molto ecologici. Inoltre, è un ghiacciaio in movimento. Abbiamo quindi deciso di proteggere il fronte del ghiacciaio, ovvero la zona di fusione, con della neve artificiale. L’acqua non viene pompata e quindi non c’è bisogno di elettricità. Usiamo l’acqua di scioglimento che si accumula in un laghetto in quota, che grazie a un dislivello di 200 metri ci giunge a une pressione di 20 bar.

L’acqua scorre in un sistema di condutture sospese sopra al ghiacciaio, in cui sono ancorate le teste delle lance da neve sviluppate da un’azienda svizzera. Possiamo produrre neve artificiale quando la temperatura scende sotto lo zero. C’è una formazione spontanea di cristalli di ghiaccio e quindi non abbiamo bisogno di additivi chimici.

disegno del sistema di innevamento artificiale sul ghiacciaio del morteratsch
Progetto di innevamento artificiale sul ghiaccio del Morteratsch. Da notare il limite del ghiacciaio previsto per il 2040 dai promotori del progetto con (‘mit’) e senza (‘ohne’) neve artificiale. ©Academia Engiadina

Perché il ghiacciaio del Morteratsch è così importante?

Non è più importante di molti altri, ma rappresenta, o perlomeno rappresentava, un’enorme attrazione turistica. Il ghiacciaio è estremante importante per l’economia locale. Con la tecnologia che abbiamo sviluppato sarebbe teoricamente possibile preservarlo o perlomeno ritardare il suo completo scioglimento.

Quali sono le sfide principali?

La disponibilità di acqua. In estate c’è molta acqua, ma è troppo caldo per produrre neve artificiale. In inverno fa sufficientemente freddo, ma c’è poca acqua. Bisogna trovare una via di mezzo. Se ci sono dei laghi che sono un po’ più in quota rispetto al ghiacciaio, come nel caso del Morteratsch, si può usare l’acqua di disgelo che vi si è accumulata.

Un prototipo del vostro progetto è stato realizzato a Diavolezza, la stazione della funivia che porta i visitatori e le visitatrici al Morteratsch. A che punto è il progetto?

Abbiamo testato la tecnologia a Diavolezza per due inverni e abbiamo capito che il sistema funziona. Abbiamo fatto esperimenti con condutture lunghe una cinquantina di metri. Ora vogliamo testare dei tubi lunghi diverse centinaia di metri.

“Spero che la nostra tecnologia rappresenti una svolta nella produzione di neve artificiale.”

A proposito di numeri, quanta neve artificiale bisognerebbe produrre per essere efficaci?

Dalle 5’000 alle 10’000 tonnellate al giorno. È una quantità enorme. Proteggere l’intero ghiacciaio del Morteratsch costerebbe una fortuna, oltre i 100 milioni di franchi. Non credo che sarà possibile.

E allora qual è il senso del progetto?

Spero che la nostra tecnologia rappresenti una svolta nella produzione di neve artificiale perché è ambientalmente più sostenibile rispetto ai cannoni sparaneve tradizionali.

Potrebbe servire per preservare i ghiacciai altrove nel mondo, ad esempio nella regione himalayana, dove sono una fonte idrica per centinaia di milioni di persone?

Non credo. I ghiacciai sono troppo grandi. Va comunque detto che la maggior parte delle risorse idriche sull’Himalaya dipende dallo scioglimento della neve, non dei ghiacciai. Per le piccole comunità locali che dipendono direttamente dall’acqua di disgelo, la soluzione più appropriata potrebbero essere le cosiddette stupa di ghiaccio, inventate nella regione indiana del Ladakh.

L’idea è di usare l’acqua di disgelo che scende dalle montagne, anche in inverno, e di conservarla in piramidi di ghiaccio alte fino a 50 metri. Quando iniziano a sciogliersi all’inizio dell’estate, forniscono milioni di litri di acqua che possono servire per irrigare piccole piantagioni. Si tratta di una soluzione tecnicamente molto semplice, con un impatto ambientale decisamente ridotto rispetto, ad esempio, alla costruzione di un lago artificiale. Ma ovviamente, non è un’opzione per le popolazioni più grandi.

stupa di ghiaccio
Stupa di ghiaccio a Pontresina, nei Grigioni, 11 novembre 2021. Keystone / Gian Ehrenzeller

Quali sono le alternative?

Con l’aumento delle temperature, la quantità di acqua di scioglimento continuerà ad aumentare per i prossimi 10-20 anni. Poi inizierà a ridursi e fra 50-100 anni i ghiacciai saranno in gran parte scomparsi. Sarà un problema. L’unica soluzione è fermare il riscaldamento globale.

Johannes OerlemansCollegamento esterno è nato l’8 ottobre 1950 a Eethen, nei Paesi Bassi. Dal 1989 al 2019 è stato professore di meteorologia alla Facoltà di fisica e astronomia dell’Università di Utrecht. Dal 2019 è professore emerito. È membro dell’Accademia reale delle arti e delle scienze dei Paesi Bassi e dell’Accademia scientifica norvegese per la ricerca polare.

Oerlemans ha sviluppato dei modelli informatici sullo scioglimento dei ghiacciai e l’innalzamento del livello del mare, i cui risultati sono spesso ripresi nei rapporti del Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici. Ha ottenuto diversi riconoscimenti scientifici, tra cui il Premio Spinoza 2001, considerato il “Premio Nobel olandese”, e il Premio Internazionale Balzan 2022, dotato di 750’000 franchi.

In Svizzera, è cofondatore dell’associazione GlaciersAliveCollegamento esterno, il cui obiettivo è la ricerca di soluzioni sostenibili per la gestione delle risorse idriche. Tra i progetti c’è la salvaguardia del ghiacciaio del Morteratsch, nei Grigioni. L’idea è di rallentare lo scioglimento ricoprendo la zona di fusione del ghiacciaio con neve artificiale prodotta in modo sostenibile. Oerlemans si occupa anche della misurazione dello spessore del ghiaccio del lago di St. Moritz, che in inverno ospita varie manifestazioni sportive.

Articolo a cura di Sabrina Weiss

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