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Aiuto allo sviluppo in transizione

“È illusorio prevenire la migrazione con un aiuto a breve termine”

Samuel Bon dirige dal 2011 l'organizzazione di cooperazione allo sviluppo Swisscontact. Ha studiato teologia e ha lavorato per la Croce Rossa in vari paesi. / Daniel Buser

La Svizzera intende utilizzare parte dei fondi della cooperazione per combattere le cause di fuga e migrazione irregolare. Abbiamo parlato della nuova strategia svizzera per la cooperazione internazionale (CI) con il direttore di Swisscontact, un'organizzazione attiva nell'aiuto allo sviluppo con stretti legami con l'economia,.

swissinfo.ch: I grandi investimenti nell’aiuto allo sviluppo portano davvero a una diminuzione delle migrazioni o possono addirittura avere l’effetto opposto, perché un maggior numero di persone può permettersi di fuggire?

Samuel Bon: La causalità non è lineare. La cooperazione allo sviluppo può avere un effetto di riduzione della migrazione, ma solo a lungo termine. Se investiamo nella formazione professionale, ad esempio, questo non basta a ridurre l’emigrazione. Abbiamo bisogno di una serie di misure.

Per esempio, ci serve certezza giuridica affinché le persone abbiano il coraggio di fondare un’azienda o di attirare investitori internazionali nel paese per creare posti di lavoro. D’altra parte, prevenire la migrazione con un aiuto a breve termine è illusorio.

La migrazione si fermerà completamente solo quando il tenore di vita sarà lo stesso in tutti i paesi?

Questa è la domanda: vogliamo prevenire completamente la migrazione? Non è questo l’obiettivo della cooperazione allo sviluppo, né quello della nuova strategia della Svizzera in materia di CI.

Se si guarda alla rete economica globale, la migrazione ne è una parte importante. Lo si può vedere anche dalle rimesse, cioè dal denaro che i migranti inviano nei loro paesi d’origine, tre volte superiore a quello dei fondi internazionali per lo sviluppo. Ciò dimostra la grande importanza economica dei movimenti migratori.

Quando si parla di migrazione, non si può parlare solo di persone che chiedono asilo in Svizzera per una situazione di emergenza, perché si tratta di una percentuale molto piccola. Per esempio, c’è una grande quantità di migrazione circolare: le persone lavorano temporaneamente in altri paesi o regioni e poi tornano a casa. Anche in Svizzera molti rami dell’industria dipendono da lavoratori stranieri.

Lavoratori stagionali portoghesi nei vigneti vicino a Ginevra. Keystone / Martial Trezzini

La cooperazione allo sviluppo non è quindi una questione di prevenzione delle migrazioni. La domanda è piuttosto: come può la migrazione generare il maggior valore aggiunto possibile per entrambe le parti?

La migrazione è una questione complessa e sfaccettata. Trovo delicato se si ha la sensazione che la cooperazione allo sviluppo debba prevenire le migrazioni. La vera domanda deve essere: come possiamo rendere la migrazione dignitosa e redditizia?

È una critica alla Svizzera?

No, non è una critica alla Svizzera, anzi: credo che la Confederazione dia un contributo prezioso.

“La Svizzera è l’unico paese ad aprire i suoi progetti bilaterali di aiuto allo sviluppo alla concorrenza internazionale.”

Si impegna a garantire che le persone trovino condizioni migliori nei loro paesi d’origine. E dialoga con gli Stati per prevenire l’immigrazione illegale e incontrollata.

La critica non è diretta contro il governo federale, ma contro la percezione in parlamento, dove le questioni sono semplificate. Non è colpa delle autorità federali.

Lei critica però la nuova strategia della Confederazione sotto un altro aspetto: la Svizzera è l’unico paese che lancia appalti pubblici per progetti di cooperazione allo sviluppo secondo le direttive dell’Organizzazione mondiale per il commercio (OMC). Per questo motivo sempre più progetti vengono assegnati a ONG straniere e ad aziende all’estero orientate al profitto. Poiché altri paesi non lo fanno, le ONG svizzere hanno poche possibilità di ottenere appalti in altri paesi. Giusto?

È vero, ma non è una critica a questa nuova strategia – perché questa apertura del mercato è stata decisa anni fa. Ci dà fastidio il fatto che le regole non siano uguali per tutti.

Siamo a favore della concorrenza, perché ci permette di tenerci in forma. Ma il problema è che la Svizzera è l’unico paese ad aprire i suoi progetti bilaterali di aiuto allo sviluppo alla concorrenza internazionale.

Secondo gli standard internazionali, la cooperazione allo sviluppo non è soggetta alle regole di appalto dell’OMC; la Svizzera lo fa volontariamente. Non è il caso in altri paesi, questo distorce la concorrenza.

Rifugiati lavorano in una panetteria keniana sostenuta da Swisscontact. © Keystone / Peter Klaunzer

Il parlamento dovrebbe quindi porsi la domanda: ha senso che la Svizzera sia l’unico paese ad aprire il mercato in tale misura, mentre tutti gli altri paesi non lo fanno?

La Confederazione non dovrebbe fare pressione sugli altri paesi affinché i progetti di sviluppo siano messi a concorso secondo le direttive dell’OMC?

Potrebbe già provarci, ma non credo che la Svizzera possa farcela. La cooperazione allo sviluppo non è mai completamente neutrale. La CI non è mai puramente caritatevole, ha sempre anche ragioni securitarie e di politica commerciale. Soprattutto i grandi paesi con una storia coloniale hanno interessi geo-economici strategici che li legano a progetti di sviluppo. Non hanno quindi alcun interesse ad aprire ulteriormente i loro mercati.

“La DSC ha fatto bene a non richiamare i suoi dipendenti durante la crisi del coronavirus.”

Se davvero tutti i paesi aprissero completamente i loro mercati di sviluppo, ciò sarebbe gradito e interessante. La concorrenza rafforzerebbe l’efficacia dei progetti. Ma non sono sicuro che la Svizzera abbia abbastanza potere politico in seno agli organismi internazionali per imporlo nel dialogo multilaterale. Ma potrebbe valere la pena provare.

In occasione della conferenza stampa dei suoi primi 100 giorni di attività, la nuova direttrice della DSC, Patricia Danzi, ha dichiarato che la nuova strategia della Svizzera è stata concepita per essere sufficientemente flessibile da consentire alla cooperazione internazionale di adattarsi facilmente all’attuale crisi di Covid 19. Condivide questa valutazione?

Sì, la cooperazione svizzera ha due vantaggi: In primo luogo, i progetti di sviluppo svizzeri sono concepiti a lungo termine e, in secondo luogo, hanno un forte radicamento locale. La DSC ha fatto bene a non richiamare i suoi dipendenti durante la crisi del coronavirus. Si è presentata come un partner affidabile anche in tempi difficili. Questo è certamente apprezzato.

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Inoltre, la Svizzera è stata in grado di rispondere in modo rapido ed energico alle nuove esigenze derivanti dalla crisi del coronavirus. La Confederazione ha concesso prestiti supplementari in modo relativamente semplice. Questo ha anche a che fare con la forza finanziaria della Svizzera, che è stata in grado di cambiare rapidamente la destinazione dei budget. È una bella e generosa tradizione svizzera.

Swisscontact è un’organizzazione partner svizzera per la realizzazione di progetti di sviluppo internazionali. La fondazione indipendente e senza scopo di lucro è stata fondata nel 1959 da personalità del mondo economico e scientifico svizzero. Swisscontact si definisce “Fondazione per la cooperazione allo sviluppo tecnico” perché non vuole essere un’agenzia di aiuto, ma un’organizzazione di sviluppo orientata all’economia.

La fondazione dispone di un budget annuale di circa 100 milioni di franchi svizzeri. A differenza di altre organizzazioni umanitarie, non effettua campagne pubbliche di raccolta fondi.

Swisscontact realizza progetti propri e su mandato. Nel 2019 Swisscontact era attiva in 37 paesi in via di sviluppo e in Svizzera con circa 1000 collaboratori.

Traduzione dal tedesco: Andrea Tognina

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