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L’arte di accontentare

Latte versato in una tazza di cappuccino forma l immagine di un fiore nella schiuma
Alcuni baristi sanno come tenersi stretti i clienti. pexels.com

L’esercente romano sa che le attenzioni ripagano. Invece in Svizzera, le attenzioni si pagano.

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Tutti i bambini svizzero tedeschi crescono nella consapevolezza che chi osa chiedere una “extrawurst” è passabile se non di sanzioni, quanto meno di antipatiche reprimende. Al di là delle Alpi chiedere una “salsiccia extra” – ovviamente in senso figurativo – è davvero molto mal visto. 

Contro ogni particolarismo l’ideale a cui tendere è piuttosto l’omologazione. “E se tutti facessero così? Dove andremmo a finire?”: alle elementari era il mantra delle maestre, che con questo monito rimettevano in riga gli alunni più intraprendenti o bisognosi di attenzioni. Quel che conta è trattare tutti alla stessa stregua. Un concetto formalmente giusto, ma che senz’altro va applicato con la dovuta elasticità. 

Generosità utilitaristica

Quando, per la prima volta, misi piede in un bar romano durante l’ora di punta, tra le 8 e le 8 e mezza, mi si aprì un mondo! “Cappuccio tiepido; senza schiuma; col cacao; caffè d’orzo in tazza grande; latte macchiato freddo; caffè al vetro; caffè lungo, ristretto, macchiato, corretto, americano, marocchino…” e chi più ne ha, più ne metta. Ancora oggi mi stupisco della mirabolante rapidità con cui il barista esegue gli ordini ricordandosi le “extrawurst” di ognuno dei suoi clienti! Un capolavoro! 

Le attenzioni con cui qualsiasi esercente da queste parti tratta i propri clienti – ça va sans dire – hanno uno scopo inequivocabile: il cliente contento e accontentato torna. È un concetto semplicissimo che potremmo chiamare “generosità utilitaristica”. L’esercente sa che le attenzioni ripagano. Invece in Svizzera, le attenzioni si pagano. Vuoi un caffè macchiato? Quella macchia – alias “extrawurst” – costa 30 centesimi. Lo stesso vale per la panna sul gelato. A Roma la vuoi o non la vuoi, il prezzo non cambia. Una politica commerciale inconcepibile dalle mie parti.

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Una svizzera a Roma – Rubrica semiseria di mediazione culturale In questa serie, Gaëlle Courtens, giornalista svizzera residente da anni nella capitale italiana, ci propone un suo sguardo su episodi di ordinaria quotidianità. tvsvizzera

La strisciolina di pizza bianca

L’apoteosi della generosità utilitaristica la si incontra al mercato rionale dov’è anche più spietata la concorrenza tra pizzicagnoli, fruttivendoli o fornai. “Signora, assaggi questo prosciutto di Norcia che cos’è!”, e via una fetta. “Senta quest’uva quant’è dolce!”, e via due chicchi. “Venga, venga, assaggi questa caciottina di pecora!”. “A tesoro, prova questo fico, maturo al punto giusto!”.

E che dire delle striscioline di pizza bianca regalati ai bambini quando il genitore si accinge a comprarne un bel po’, magari per farcirla con il prosciutto crudo e i fichi freschi? Da svizzera ancora oggi, dopo tanti anni, accolgo con infinita gratitudine e stupore tanta generosità, seppure tesa ad un fine ben preciso: quello di farti tornare e spendere ancora!

Contaminazioni al di là dalle Alpi?

A Zurigo, qualche settimana fa, i miei amici italo-svizzeri mi portano a conoscere una nuova gelateria italiana nell’ex-quartiere operaio. La gelateria propone una ventina di gusti tra creme e sorbetti, e sono indecisa fra tre, quattro opzioni. Di fronte alla mia titubanza la ragazza dietro al banco mi porge un cucchiaino con un assaggio di cioccolato fondente e un altro di mango. Già temo la reprimenda del principale: “Eh, ma se tutti facessero così, il gelato finirebbe in un attimo!”. Ma non succede nulla di tutto questo. Anzi, scopro pure che la panna sul gelato non si paga a parte.

Se negli anni a Zurigo e dintorni la cultura educativa relativa all’”extrawurst” è andata allentandosi, chissà che non sia grazie ai tanti stranieri che hanno saputo contaminare un popolo altrimenti votato all’omologazione? Insomma, chi s’accontenta gode, ma chi è accontentato gode ancor di più, ovviamente insieme chi lo accontenta.

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