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Aspiranti jihadisti sotto processo a Winterthur

polizia davanti a un edificio
Probabilmente i due giovani si sono radicalizzati nella moschea An'Nur di Winterthur, chiusa dalla polizia alla fine del 2016. © KEYSTONE / WALTER BIERI

Due giovani, fratello e sorella, sono sotto processo da lunedì nel cantone Zurigo per essersi recati in Siria nel 2014 quando erano ancora minorenni con l'intenzione di unirsi all'Isis.

È la prima volta che in Svizzera due minorenni compaiono davanti a un tribunale per fatti di questo genere.

Il processo si svolge a porte chiuse presso il tribunale dei minorenni di Winterthur. I due imputati – 20 anni lui, 19 lei – non hanno rilasciato dichiarazioni. Il fratello si è presentato con barba corta, curata e capelli raccolti, la sorella con una coda di cavallo, jeans aderenti e una giacca alla moda. Niente di paragonabile con il vestiario indossato quattro anni fa, quando la giovane girava per strada velata.

In aula gli accusati si sono avvalsi del diritto di non rispondere. La sorella ha mantenuto il silenzio totale, mentre il fratello di tanto in tanto ha parlato, dando anche indicazioni alla Corte sulla religione islamica, ma anche “sull’oppressione mondiale” e sul “terrore” di cui i musulmani, a suo dire, sono vittima.

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Nessuna azione di guerra

Secondo l’atto di accusa i due fratelli si sarebbero radicalizzati nel corso del 2013, frequentando moschee che praticavano una “interpretazione conservatrice del Corano”. Parlando con i compagni di classe avrebbero inoltre spesso espresso approvazione per l’operato degli estremisti islamici.

A quanto sembra intrattenevano relazioni segrete con simpatizzanti del sedicente Stato islamico. Nel dicembre del 2014 sono saliti su un aereo diretto in Turchia e si sono poi trasferiti in un territorio siriano controllato dagli islamisti, dove hanno vissuto in un appartamento “rendendosi utili” all’Isis.

Particolare smentito – in una delle sue rare dichiarazioni – dal giovane imputato, secondo il quale lui e la sorella non hanno operato per l’Isis, ma a favore di un’organizzazione ostile allo Stato islamico. Il fratello ha spiegato di aver lavorato in un campo profughi, dove ha distribuito vestiti e medicinali e dove ha aiutato “persone terrorizzate”. La sorella invece, secondo l’atto di accusa si sarebbe occupata dell’assistenza ai bambini, insegnando loro rudimenti di inglese.

“Papà vieni a prenderci”

L’esperienza in Siria è durata poco. Già nell’aprile del 2015 il giovane ha chiesto aiuto ai genitori, residenti in Svizzera e che avevano fatto di tutto per far tornare i figli a casa. “Papà vieni a prenderci”, avrebbe detto per telefono al padre, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti. In Siria si è però recata la madre, che ha vissuto con i figli per un certo periodo, fin quando tutti sono riusciti a lasciare il Paese e a rientrare in Svizzera nel dicembre del 2015 con un volo in partenza da Istanbul.

I due fratelli sono stati arrestati appena giunti all’aeroporto di Zurigo, con l’accusa di sostegno a un’organizzazione criminale e di violazione dell’articolo della legge federale che vieta i gruppi “Al Qaida” e “Stato islamico”. Il tribunale dei minorenni ha chiesto nei loro confronti pene detentive con la condizionale di undici e dodici mesi. Il processo durerà fino a mercoledì, ma la sentenza, secondo quanto reso noto dal presidente della Corte, sarà resa nota l’anno prossimo.

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