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Perché le imposte dei frontalieri fanno discutere in Svizzera?

I frontalieri hanno prodotto 112 milioni di franchi di entrate fiscali nel solo canton Vaud. Keystone

Parte delle imposte prelevate sui redditi dei lavoratori frontalieri finisce nelle casse degli enti pubblici elvetici. In seno alla Confederazione gli appetiti vengono stuzzicati da questa manna fiscale in costante aumento. Le spiegazioni.

Secondo un accordo bilateraleCollegamento esterno risalente al 1983 spetta alla Francia incassare l’imposta sui frontalieri attivi in Svizzera. Parigi è tenuta a ristornare il 4,5% della massa salariale lorda a Berna, che la versa poi agli otto cantoni contemplati dall’intesa: Vaud, Neuchâtel, Berna, Vallese, Soletta, Giura, Basilea-Città et Basilea-Campagna.

Solamente Ginevra applica un regime differente: il cantone impone i redditi delle persone, straniere o svizzere, che lavorano sul suo territorio ma domiciliate in Francia. Il fisco ginevrino riversa successivamente agli enti dei dipartimenti di Ain e Alta Savoia una parte di questa somma, vale a dire il 3,5% del totale dei salari lordi.

+ Il nostro dossier sui lavoratori frontalieri in Svizzera

La Confederazione preleva un’imposta alla fonte del 4,5% sui redditi lordi dei frontalieri tedeschi. Questa somma viene poi dedotta dall’imposta sul reddito prelevato dal fisco tedesco. Per quel che concerne l’Italia, la Svizzera riscuote la totalità delle imposte dei frontalieri e successivamente ristorna il 38,8% ai loro comuni di residenza.

Il salario mediano di un lavoratore frontaliere si è fissato a 71’484 franchi annui nel 2016, secondo i dati più recenti a disposizione dell’Ufficio federale di statistica. Moltiplicando questa cifra per il numero di lavoratori pendolari stranieri attivi nel paese (312’324), la massa salariale raggiunge più di 22 miliardi di franchi. Solo per i frontalieri francesi (169’879) i redditi accumulati superano i 12 miliardi di franchi.

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Nel 2017 la somma totale versata agli otto cantoni toccati dall’accordo del 1983 con la Francia ha raggiunto i 320 milioni di franchi. Il regime applicato a Ginevra, che accoglie entro i suoi confini cantonali quasi la metà dei frontalieri francesi, sembra più favorevole alla Svizzera: sul miliardo circa di imposte incassate da questa categoria di lavoratori nel 2016, la Confederazione riversa meno di un terzo (281 milioni) ai dipartimenti francesi d’oltre confine. La quota spettante alla Svizzera è stata ripartita tra la Confederazione (100 milioni), il cantone (465 milioni) e i comuni ginevrini (155 milioni).

Secondo uno studio condotto dal fiscalista ginevrino Xavier Oberson, nel 2014 i cantoni Giura e Neuchâtel avrebbero in realtà molto da perderci in caso di passaggio al sistema del prelievo alla fonte. In particolare la crescita della loro capacità contributiva li penalizzerebbe nell’ambito della perequazione finanziaria intercantonale, che mira a garantire una certa solidarietà tra i cantoni finanziariamente forti e quelli con risorse più limitate.

Agli occhi del ministro giurassiano Charles Juillard, presidente della Conferenza dei direttori cantonali delle finanze, l’imposizione alla fonte implica anche un importante lavoro a livello di tassazione e un onere supplementare per le imprese coinvolte. “Con il sistema attuale basta prendere la somma dei redditi dei frontalieri  e moltiplicarla per 4,5.  È il sistema più semplice che ci sia”, dice a swissinfo.ch. 

La manna fiscale dei frontalieri, il cui numero è raddoppiato negli ultimi 15 anni in Svizzera, suscita inevitabilmente degli appetiti. Tanto più che il tema è sensibile e viene sfruttato regolarmente a fini elettorali da alcuni partiti politici. Già da parecchi anni l’Unione democratica di centro (Udc/destra conservatrice) si batte nei parlamenti cantonali per chiedere un aumento delle imposte dei frontalieri che giudica insufficienti.   

«Raddoppiare il tasso di riversamento può sembrare ardito ma è il giusto prezzo da pagare»

Andreas Jurt, deputato neocastellano

Recentemente il parlamento cantonale di Neuchâtel ha adottato all’unanimità un postulato che chiede alla Confederazione di negoziare il più presto possibile un incremento dal 4,5% al 9% del tasso di riversamento delle imposte dei frontalieri. Il deputato del Plr (Partito liberale radicale/centrodestra) Andrea Jurt, promotore di questa proposta, rigetta ogni accusa di xenofobia nei riguardi dei frontalieri. Egli evidenzia in particolar modo i problemi legati al traffico quotidiano, l’assenza di sostegno al commercio locale e il tasso di disoccupazione elevato indotto dalla concorrenza della manodopera transfrontaliera.

“Proporre un raddoppio del tasso di riversamento può apparire ardito ma è il giusto prezzo da pagare – rileva Andreas Jurt, interpellato da swissinfo.ch. Questa questione deve essere inserita sul tavolo delle trattative in corso riguardanti l’accordo quadro istituzionale con l’UE e l’indennizzo dei frontalieri in disoccupazione”.

Charles Juillard, presidente della Conferenza dei direttori cantonali delle finanze. © KEYSTONE / LAURENT GILLIERON

Agli occhi di Charles Juillard, sembra illusorio volere rinegoziare questo accordo in senso più favorevole alla Svizzera. “La Francia sarebbe certamente d’accordo a rivedere il tasso di riversamento, ma al ribasso. Parecchie proposte  che vanno in questa direzione – sottolinea – sono già state depositate all’Assemblea nazionale e al Senato”.

D’altro canto i ministri delle finanze dei cantoni coinvolti sono unanimi nel voler rinegoziare una clausola aggiuntiva alla convenzione del 1983. Questa riguarderebbe l’introduzione di interessi di mora in caso di mancato rispetto dei termini di pagamento da parte della Francia. 

Lo scorso anno Bercy ha versato solo il 26 dicembre i 320 milioni relativi alle imposte del 2016, mentre avrebbe dovuto farlo entro il 30 giugno. Questo problema si era già posto nel 2013, situazione che aveva spinto parecchi comuni elvetici a contrarre prestiti per chiudere i conti di fine anno.

Mentre la Francia adduce problemi tecnici nella trasmissione dei dati, le autorità svizzere si irritano per la cattiva volontà dei loro vicini. “La Svizzera paga già oggi una quota della disoccupazione dei frontalieri. In futuro si potrebbe immaginare che questi fondi vengano bloccati a titolo di compensazione fino a che la Francia onori i suoi impegni fiscali”, propone Charles Juillard.

Potete contattare l’autore di questo articolo su Twitter: @samueljabergCollegamento esterno​​​​​​​

Traduzione di Leonardo Spagnoli

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