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Un tunnel che val bene un romanzo

Rolf Dobelli si è scoperto scrittore a 35 anni Keystone

Un padre e un figlio, il passato che torna a galla e una passione divorante. Sullo sfondo: l'immigrazione italiana, le lotte politiche in Svizzera e il San Gottardo. Sono gli ingredienti del romanzo "Massimo Marini", dello scrittore svizzero Rolf Dobelli.

Si comincia così: il 17 ottobre del 2007 termina lo scavo di una parte del tubo ovest della galleria di base del San Gottardo. Applausi, omaggio ai minatori partiti da Amsteg (Uri) e Sedrun (Grigioni) che finalmente s’incontrano. Il ministro dei trasporti parla di una «vittoria per l’Europa».

Lo stesso giorno, racconta l’avvocato Marc Wyss, voce narrante della storia, le agenzie di stampa riportano un fatto di cronaca: a Roma è stato arrestato il rapitore del quindicenne Raffael Marini, figlio di Massimo Marini, l’imprenditore edile zurighese proprietario dell’azienda che si è aggiudicata il lotto principale dei lavori al San Gottardo.

Al rapimento di Raffael – avvenuto il 4 aprile – era seguita una richiesta precisa: le Ferrovie federali svizzere devono garantire che nella nuova galleria non sarà mai autorizzato il passaggio di scorie radioattive; in caso contrario, Raffael sarà ucciso. Le autorità svizzere decidono di non piegarsi al ricatto e il 18 aprile 2007, nel bagagliaio di un’auto, viene rinvenuto il corpo senza vita del ragazzo.

Storia vera e storia inventata

Con queste prime due pagine il lettore è catapultato nella vita di Massimo Marini. Una vicenda, la sua, che permette a Dobelli di rievocare nel romanzo (apparso nel 2010 e non tradotto in italiano) alcuni importanti momenti della storia svizzera degli ultimi cinquant’anni.

Massimo è figlio di Giovanni, un lavoratore italiano giunto nella Confederazione dalla Puglia nel 1958, con la moglie Giulietta e il piccolo ancora in fasce. Per nove anni Massimo – come tanti altri figli d’immigrati – deve restare nascosto, altrimenti i genitori perderebbero il loro permesso di lavoro.

Giovanni lavora sodo per garantire a Massimo un futuro migliore in Svizzera. Vuole che studi architettura al Politecnico di Zurigo, ma in realtà il figlio segue di nascosto i corsi di filosofia, preferisce l’attivismo politico di sinistra. Il diploma che dice a tutti di avere ottenuto è falso.

Sullo sfondo, le iniziative contro l’Überfremdung [“inforestierimento”] della popolazione svizzera, condotte da James Schwarzenbach negli anni Settanta. Oppure gli scontri del 1980 a Zurigo, noti come Opernhauskrawalle, quando il comune destina 60 milioni di franchi per ristrutturare l’opera cittadina e nel contempo rifiuta la costruzione di un centro giovanile autonomo.

In quell’occasione Massimo è in prima fila a contestare le autorità. Quando il padre va a prenderlo in cella, dopo gli incidenti, gli dice con amarezza: «Come hai potuto farmi questo?»

Le cose però cambiano. Alla morte del padre, nel 1986, Massimo riprende la ditta di costruzioni paterna e incomincia una brillante carriera. Scavando gallerie diventa un imprenditore rispettato e potente. Un cinquantenne forte e pieno di vita, a cui tutto sembra sorridere.

Ma l’incontro – proprio all’Opernhaus – con la bella violoncellista Julia, per la quale Massimo abbandonerà la prima moglie e il figlio, è per lui l’inizio della fine… Una vicenda ricca di colpi di scena, raccontata dall’avvocato e amico di famiglia Wyss, il quale ne rimane coinvolto mentre dal canto suo sta lottando contro la depressione.

Ricerche e vita vissuta

Anche se Dobelli non è figlio d’immigrati, l’impressione è che conosca bene questa realtà. «Sono cresciuto a Emmenbrücke [canton Lucerna], la città con il maggior tasso di stranieri in Svizzera. E all’epoca si trattava soprattutto di italiani: abbiamo frequentato la medesima scuola, andavo a casa loro, mio padre lavorava in fabbrica con i loro genitori», racconta il 45enne, diventato scrittore dieci anni fa, dopo una carriera nell’economia privata prevalentemente all’estero.

Anche per quanto concerne il tunnel di base del San Gottardo, l’autore parla per esperienza diretta: «Mi sono recato due volte sul posto per visitare questo impressionante cantiere e ho discusso con tante persone, minatori e dirigenti».

Il suo personaggio Marc Wyss è invece meno entusiasta, quando Massimo Marini lo conduce a Sedrun affinché possa toccare con mano l’opera del secolo: «Penso che un buon avvocato non dovrebbe mai lasciare la propria scrivania, tranne che per il proprio piacere. Un avvocato necessita di un certo grado di astrazione, ragion per cui le sue ore in ufficio sono più utili che quelle fuori, in una realtà infestata da troppi dettagli» [traduzione libera].

«Un scrittore non è un avvocato, noi dobbiamo per forza documentarci: la storia deve essere credibile. Quando parlo dei farmaci contro la depressione, devo sapere se le pillole sono realmente di un certo colore», osserva Dobelli.

Su un punto, però, Dobelli assomiglia a Wyss: «Il lavoro di ricerca costituisce il 5% della nostra attività. Il restante 95% è la scrittura vera e propria, quindi anche lo scrittore deve passare tante ore alla scrivania cercando di far progredire la storia e superare il famoso blocco della pagina bianca».

Essere curiosi

Ma com’è nato Massimo Marini nella testa di Rolf Dobelli? «Per questo libro volevo un uomo vitale, di carattere, con i piedi per terra. Quando ho definito il suo personaggio, ho costruito attorno a lui il resto della vicenda e l’ambientazione», spiega.

L’obiettivo – risponde Dobelli alle critiche di chi giudica troppo marginali gli aspetti politico-sociali del suo racconto – non era infatti quello di scrivere un romanzo storico sull’immigrazione, bensì una storia con un protagonista capace di coinvolgere il lettore.

Massimo Marini è il sesto volume di Rolf Dobelli: «A 35 anni ho avuto una sorta di Midlife crisis. Mi sono reso conto che avevo bisogno di esprimere “in terza persona” ciò che provavo, attraverso un personaggio. Così facendo mi sono ritrovato a scrivere [il suo primo romanzo s’intitola appunto Trentacinque]».

Un’attività che Dobelli intende continuare: «Gli spunti non mancano mai, basta essere curiosi. Proust è riuscito a scrivere sette volumi concentrandosi su un solo personaggio!».

Nato nel 1966, Rolf Dobelli ha studiato economia all’Università di San Gallo. In seguito ha lavorato per Swissair e ha vissuto a lungo all’estero: Hongkong, Australia, Inghilterra e parecchi anni negli Stati Uniti.

All’età di 35 anni ha pubblicato il suo primo romanzo; Dobelli ha fondato la ditta getAbstract, il gruppo ZURICH.MINDS ed è membro di numerose associazioni culturali e scientifiche.

Oltre all’attività di scrittore, Rolf Dobelli collabora regolarmente con la Frankfurter Allgemeine Zeitung, la Sonntagszeitung e il Washington Post. I suoi interventi sono inoltre stati pubblicati da numerosi altri media svizzeri e stranieri.

Rolf Dobelli vive a Lucerna.

I volumi sono pubblicati, in tedesco, dall’editore Diogenes di Zurigo:

Fünfunddreissig – Eine Midlife Story (2003)

 

Und was machen Sie beruflich? (2004)

 

Himmelreich (2006)

 

Wer bin ich – 777 indiskrete Fragen? (2007)

 

Turbulenzen –777 bodenlose Gedanken (2007)

 

Massimo Marini (2010)

 

Nel 2011 sarà pubblicato

Die Kunst des klaren Denkens

(Hanser editore)

 

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