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Venti anni fa l’uragano “Lothar”: anche effetti positivi

Un sito di ricerca del WSL a Habsburg (AG) fotografato nella primavera 2001. Ulrich Wasem/WSL sda-ats

(Keystone-ATS) L’uragano “Lothar”, che il 26 dicembre di 20 anni fa spazzò l’Europa centro-occidentale, causando morte e devastazioni, ha avuto anche effetti positivi. A bassa quota sono cresciuti boschi più resistenti al clima e ricchi di specie, affermano gli esperti forestali.

In Svizzera morirono 14 persone nella tempesta che colpì a ondate prima l’Altopiano e poi la Svizzera centrale e nordorientale, risparmiando il versante sudalpino. Le velocità massime dei venti furono misurate sullo Jungfraujoch (249 km/h) e sull’Uetliberg, la collina che domina Zurigo (241 km/h).

Le raffiche di vento fecero cadere come birilli 12,7 milioni di metri cubi di legname, sradicando o piegando il 2% dell’intero patrimonio boschivo, secondo i dati forniti dall’Istituto federale di ricerca WSL di Birmensdorf (ZH).

I danni materiali, al patrimonio forestale e alle infrastrutture, raggiunsero 1,35 miliardi di franchi. “In poche ore, le raffiche di vento cambiarono il volto dei boschi più di quanto facciano le aziende forestali in 2-3 anni”, afferma l’ecologo forestale del WSL Thomas Wohlgemuth.

Gli eventi estremi non finirono lì. Tre anni dopo “Lothar” ci fu la torrida estate del 2003: gli abeti rossi indeboliti dalla siccità furono facile preda del bostrico. Più tardi ancora, le tempeste Kyrill e Burglind (entrambe nel 2007) e Vaia (2018) fecero danni soprattutto nelle regioni settentrionali e orientali. Nell’estate siccitosa del 2018 gli abeti rossi, già debilitati, hanno di nuovo subito forti infestazioni da bostrico.

L’entomologo del WSL Beat Wermelinger teme che nei prossimi decenni i cambiamenti climatici renderanno i boschi ancora più vulnerabili alle infestazioni da insetti.

Intanto però, nei boschi completamente rasi al suolo 20 anni fa sono cresciuti alberi alti da 10 a 15 metri. Gli studi del WSL mostrano che dopo una tempesta prevalgono specie pioniere come il salice, la betulla e il sorbo. Le nuove specie affiancano quelle già presenti: in particolare il faggio nell’Altipiano e l’abete rosso nelle regioni prealpine.

In altre parole: dopo essere stati rasi al suolo i boschi sono più ricchi di specie arboree. “Molte circostanze indicano che questi boschi sono più resistenti al clima e presentano specie supplementari come la quercia, il ciliegio e l’acero riccio”, dichiara l’economista forestale del WSL Peter Brang.

Il motivo è che questi alberi sopportano meglio la siccità rispetto al faggio e all’abete rosso. Per quanto possa sembrare sorprendente, i disastri considerati catastrofici possono quindi avere un effetto stabilizzante a lungo termine.

È indubbio che per l’economia forestale, “Lothar” sia stato un evento estremo che ha causato enormi danni. La catena di eventi estremi che è seguita “ci ha resi consapevoli che simili fenomeni diventeranno sempre più la normalità”.

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