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Syngenta: ritorno agli utili nel 2018

Il logo dell'azienda KEYSTONE/GEORGIOS KEFALAS sda-ats

(Keystone-ATS) La performance di Syngenta l’anno scorso è migliorata, registrando sia un aumento del fatturato sia dei profitti.

Il gruppo agrochimico basilese, rilevato nel 2017 dal colosso statale cinese ChemChina e non più quotato alla Borsa svizzera, ha fatto segnare un utile netto di 1,44 miliardi di dollari (somma pressoché identica in franchi), contro una perdita di 98 milioni l’anno precedente.

Rettificato, tenendo conto degli accantonamenti per saldare i procedimenti legali relativi alla vendita di mais geneticamente modificato ancora non autorizzato in Cina (grande importatrice di cereali) così come dell’impatto delle modifiche fiscali negli Stati Uniti, l’utile netto nel 2017 è stato pari a 1,25 miliardi di dollari, indica oggi in un comunicato la società con sede a Basilea.

Escludendo i costi di ristrutturazione, l’utile netto nel 2018 è stato di 1,37 miliardi di dollari, rispetto a 1,61 miliardi nel 2017. Syngenta spiega il calo con gli oneri finanziari legati all’emissione di un prestito di 4,75 miliardi.

L’utile prima della deduzione di interessi, imposte, ammortamenti e ammortamento dell’avviamento (Ebitda) è stato di 2,6 miliardi di dollari, importo equivalente a quello di un anno prima tenendo conto degli accantonamenti relativi a una vertenza con i contadini statunitensi. Rettificato con le cessioni richieste dalle autorità di regolamentazione affinché approvassero l’acquisizione da parte di ChemChina, l’Ebitda è progredito del 4%.

Il cash-flow disponibile prima delle acquisizioni, delle cessioni per l’operazione con ChemChina e della soluzione della controversia negli Usa ha raggiunto il livello record di 1,76 miliardi di dollari, contro 1,68 miliardi nel 2017.

I ricavi sono aumentati del 7% a 13,5 miliardi. Al netto delle cessioni, la crescita è stata del 9%. La divisione principale di prodotti fitosanitari, Crop Protection, ha realizzato un fatturato di 10,4 miliardi, in progressione del 7%. A tassi di cambio costanti, l’aumento è stato del 10%, e dell’8% al netto delle cessioni volute dalle autorità che vigilano sul rispetto della concorrenza.

L’unità sementi, Seeds, ha fatto segnare un aumento del 6% delle vendite a 3 miliardi di dollari. La crescita, espressa in valuta locale, è stata dell’8%, e del 10% escludendo la cessione dell’attività legata alla barbabietola da zucchero.

Syngenta ha accettato nel marzo 2018 di pagare 1,51 miliardi di dollari a vari attori del settore agricolo degli Stati Uniti per chiudere le vertenze relative alla vendita di mais geneticamente modificato ancora non autorizzato in Cina. Adottato nel settembre 2017, l’accordo è stato concluso a fine febbraio.

I ricorrenti sostenevano che il gruppo renano avesse fornito agli agricoltori americani varietà di mais geneticamente modificato – Agrisure Viptera e poi Agrisure Duracade – legali negli Stati Uniti, ma non ancora approvate da Pechino. Quando le autorità cinesi hanno iniziato a rifiutare le spedizioni di mais prodotto negli Usa a causa della presenza di questi ceppi, i prezzi dei cereali sono diminuiti.

I ricorrenti chiedevano risarcimenti per questa perdita finanziaria. L’accordo prevede che l’esborso di Syngenta sia ripartito tra agricoltori, gestori di sili per cereali e impianti di produzione di etanolo. Sempre nell’ambito di questa vertenza, una giuria americana aveva ordinato a Syngenta nel 2017 di pagare 217,7 milioni di dollari a più di 7000 agricoltori del Kansas.

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