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Siria: Ankara, 637 curdi “neutralizzati”, 75% turchi pro offensiva

Secondo un sondaggio, il 75,6% dei turchi è favorevole all'incursione oltre confine contro i curdi, e il 56,1% ritiene che l'offensiva vada portata avanti "a ogni costo", anche in caso di scontro con gli Stati Uniti. KEYSTONE/AP/LEFTERIS PITARAKIS sda-ats

(Keystone-ATS) Secondo il ministero della Difesa di Ankara sono 637 i “terroristi neutralizzati” (cioè uccisi, feriti o catturati) dall’inizio dell’operazione militare della Turchia nel nord-est della Siria. Intanto un sondaggio afferma che il 75% dei turchi sostiene l’offensiva.

Il presidente Recep Tayyip Erdogan ha precisato nelle scorse ore che almeno 556 di questi combattenti sono stati uccisi. Le notizie non sono verificabili in modo indipendente sul terreno.

A conferma di quanto riferiscono fonti turche, l’Osservatorio siriano per i diritti umani riferisce che i bombardamenti dell’aviazione e dell’artiglieria turca sono proseguiti a lungo la scorsa notte su Ras al Ayn, uno dei centri strategici al confine tra Turchia e Siria su cui Ankara ha lanciato la sua offensiva. I raid hanno preso di mira le milizie curde che resistono nella città, alle cui porte si trovano soldati di Ankara e miliziani arabi cooptati dalla Turchia del cosiddetto Esercito siriano libero (ESL).

Sempre secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, “violenti scontri” sono in corso tra i combattenti curdi appoggiati da forze dell’esercito regolare siriano e i miliziani arabi filo-Ankara nei pressi dell’autostrada strategica M4, che attraversa il nord della Siria da Aleppo alla frontiera irachena, a una trentina di chilometri dalla frontiera turca.

Testimoni oculari riferiscono poi che la cittadina siriana strategica di Manbij, nel nord del paese, non è sotto il completo controllo delle forze governative siriane, come affermato in precedenza da diverse fonti di stampa. Le stesse fonti hanno inviato un video in cui mostrano un manipolo di truppe governative, presenti nelle campagne circostanti la città, mentre vengono allontanate dalla popolazione locale. “In città ieri sera è soltanto entrata per poco tempo una pattuglia della polizia militare russa, che è uscita poco dopo. Non ci sono truppe di Assad”, affermano le fonti in riferimento all’esercito del presidente siriano Bashar al Assad.

Intanto fonti diplomatiche turche indicano che si svolgerà domani l’incontro tra il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e il vicepresidente americano Mike Pence, inviato da Donald Trump per discutere dell’offensiva di Ankara contro i curdi. La delegazione USA, di cui fa parte anche il segretario di Stato Mike Pompeo, arriverà ad Ankara oggi. Della delegazione di Washington faranno parte anche il consigliere per la Sicurezza nazionale Robert O’Brien e l’inviato di Trump per la Siria e la Coalizione anti-Isis, il James Jeffrey. Ieri sera, Erdogan ha assicurato ai media locali che non intende dichiarare alcun cessate il fuoco, come richiestogli invece da Trump.

E oggi il Cremlino fa sapere che il presidente russo Vladimir Putin e il suo omologo turco Recep Tayyip Erdogan si sono sentiti per telefono “su iniziativa della parte turca”. La conversazione si è concentrata sulla situazione in Siria e Putin ha invitato Erdogan a Mosca. Il presidente turco ha accettato e si recherà nella capitale russa “entro pochi giorni”.

I due leader hanno discusso della situazione nel nord della Siria sottolineando “la necessità di prevenire i conflitti tra le unità dell’esercito turco e le truppe del governo siriano”, ha detto il Cremlino. Secondo il servizio stampa della presidenza, il leader russo ha attirato l’attenzione sull’aggravarsi della situazione umanitaria nelle regioni lungo il confine tra Siria e Turchia. “Il capo dello stato ritiene inammissibile consentire a miliziani di organizzazioni terroristiche, tra cui lo Stato islamico, che sono sorvegliati dalle unità armate curde, di sfruttare questa situazione”, ha osservato il Cremlino.

Intanto un sondaggio effettuato dall’istituto di ricerca locale Areda afferma che il 75,6% degli intervistati ha espresso un’opinione favorevole sull’incursione oltre confine contro i curdi, mentre il 77,2% si è detto convinto che l’esercito riuscirà a raggiungere i propri obiettivi sul campo. Il 73,3% ha inoltre concordato sulla definizione dell’operazione come “lotta al terrorismo” e non come una “guerra”. Oltre la metà (56,1%) degli intervistati ritiene che l’offensiva vada portata avanti “a ogni costo”, anche in caso di scontro con gli Stati Uniti. L’ampio sostegno della popolazione alle operazioni militari di Ankara è una costante nel contesto di un Paese a forte impronta nazionalista e militarista.

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