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Israele: procuratore incrimina Netanyahu per corruzione

Il Procuratore generale israeliano Avichai Mandelblit ha deciso di incriminare il premier Benyamin Netanyahu (foto) per corruzione frode e abuso di ufficio. KEYSTONE/EPA/ABIR SULTAN sda-ats

(Keystone-ATS) Per la prima volta nella storia di Israele un primo ministro in carica, Benyamin Netanyahu, è stato incriminato per corruzione, frode e abuso di potere.

L’accusa formalizzata dal Procuratore generale dello stato Avichai Mandelblit arriva in un momento delicatissimo per il Paese che, dopo due tornate elettorali, non è riuscito a formare un governo e si avvia a nuove elezioni. Ed è stata immediatamente bollata dal premier in tv come un golpe della magistratura, un “tentativo di ribaltamento dei poteri”. Il rivale Benny Gantz parla di un “giorno triste per lo stato”. E le opposizioni chiedono le dimissioni del premier.

Per la corruzione, sulla carta, la legge prevede una pena fino a 10 anni di carcere, mentre per la frode la pena è fino a 3 anni.

La scure del procuratore su Netanyahu è legata a tre inchieste distinte.

La prima è il Caso 1000, ovvero l’inchiesta che vede il premier accusato di aver accettato regali – soprattutto sigari e champagne – da facoltosi imprenditori (Arnon Milchan e James Packer) per circa 691’000 shekel, pari a circa 200’000 franci, in cambio di favori.

La seconda, è il Caso 2000 e riguarda invece le intese con Arnon Mozes, editore del quotidiano “Yediot Ahronot” per avere una copertura informativa benevola, in cambio della promessa di una riduzione delle tirature di un giornale rivale. Dossier che vede anche Mozes incriminato da Mandelblit.

La terza, quella più delicata, è il Caso 4000 sui rapporti intercorsi tra il 2012 e i 2017 tra Netanyahu, all’epoca ministro delle comunicazioni, ed il mogul Shaul Elovitch della compagnia di telecomunicazioni Bezeq, proprietaria del sito di informazione Walla. Anche in questo caso si ipotizzano favori al gruppo in cambio di una copertura giornalistica benevola per il premier e per la sua famiglia.

E proprio in relazione a quest’ultima indagine c’è l’accusa più pesante, l’incriminazione per corruzione, oltre a quelle per frode e abuso di ufficio che riguardano anche i primi due dossier.

“La decisione del Procuratore generale sul primo ministro – è scritto nel documento di spiegazione dell’incriminazione – è stata presa dopo un approfondito esame delle numerose asserzioni sollevate dagli avvocati del primo ministro durante i quattro giorni dell’audizione nello scorso ottobre. Tutte sono state esaminate in profondità come avviene in un regolare processo” ma “è stato rilevato che queste non cambiavano le accuse attribuite al primo ministro”.

Secondo l’incriminazione, dunque, il premier – che ha sempre respinto ogni accusa con veemenza – “ha danneggiato l’immagine di pubblico ufficiale in servizio e la pubblica fiducia” ed è sospettato di aver abusato della sua posizione e status accettando “corruzione in cambio di azioni connesse al suo ufficio”.

L’incriminazione – ha detto Mandelblit – è stata avanzata solo “in base a considerazioni legali e sulle evidenze. Nessuna altra considerazione mi ha influenzato”. E comunque “resta innocente fino alla sentenza di un tribunale”.

Nonostante la formale incriminazione non è detto, a norma di legge, che Netanyahu si troverà a fronteggiare un immediato processo. Non solo – hanno notato i media – occorreranno mesi prima che le accuse formali siano emesse e Netanyahu comunque potrebbe rivolgersi alla Knesset per invocare l’immunità parlamentare. Ma non c’è attualmente nessun Comitato parlamentare che possa decidere visto che manca una maggioranza di governo. E se anche con un nuovo governo – dopo le nuove elezioni – dovesse costituirsi e respingere la richiesta di immunità, si potrebbe arrivare a maggio o giugno prima di una decisione formale.

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