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60 anni fa La Dolce Vita, film icona made in Italy

Marcello Mastroianni e Anita Ekberg in una scena del film (foto d'archivio). KEYSTONE/JM MAL MAL JM sda-ats

(Keystone-ATS) La Dolce Vita di Federico Fellini compie 60 anni. L’anteprima si tenne la notte tra il 2 e il 3 febbraio 1960 al cinema Fiamma di Roma, oggi chiuso. Il 5 febbraio il film fu proiettato al Capitol di Milano: i fischi coprirono il sonoro degli applausi.

Leggenda vuole che il maestro di Rimini fu oggetto di sputi. A lano, Fellini ricevette in un solo giorno 400 telegrammi che lo accusavano di essere comunista, traditore ed ateo.

Nello stesso anno, il film vinse la Palma d’oro al festival di Cannes nella giuria presieduta da George Simenon, ottenne in seguito l’Oscar per i costumi (Piero Gherardi) e decine di altri premi internazionali.

“La sconcia vita” titolò l’Osservatore Romano pubblicando un anonimo commento (attribuito a Oscar Luigi Scalfaro, futuro presidente della Repubblica), i giovani pensarono ad un film del peccato, uno di quelli con il fascino del divieto da andare a vedere con il documento del fratello più grande.

Scritto con Ennio Flaiano, scandito dalle musiche di Nino Rota e prodotto da Angelo Rizzoli e Peppino Amato, il film fu girato a Roma tra la primavera e l’estate del ’59 tra Cinecittà e location nella capitale.

Via Veneto fu esattamente ricostruita negli studi, mentre la Fontana di Trevi no: anche qui leggenda vuole che la nordica Anita Ekberg non abbia avuto problemi a stare nell’acqua gelida mentre un Mastroianni recalcitrante abbia avuto bisogno di farsi forza con i superalcolici e pare persino di una muta sotto i vestiti.

Protagonista del film è la Romaa cavallo tra gli anni ’50 e ’60, dove si muove Marcello (Mastroianni), un giornalista che si occupa di gossip e scandaletti, ma frustato nella sua ambizione di diventare scrittore, attratto dalla bella vita, dall’aristocrazia e dalle belle donne come l’inquieta aristocratica Maddalena (Anouk Aimee) .

A ripensarci 60 anni dopo, al di là di scene cult, di tutto l’immaginario che si è portato dietro neologismi – come il “paparazzo” ispirato a Tazio Secchiaroli e diventato nel film un personaggio interpretato da Walter Santesso – il visionario Fellini ci ha anticipato una molto attuale epoca di fake news e di commistione tra cronache e gossip di sconfinamenti giornalistici, oltre che di crisi delle elite sociali e culturali delle quali il regista firma decadenti rituali aristocratici al limite del patetico.

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