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TF: Ticino deve completare Legge sulla dissimulazione del volto

Il Gran Consiglio ticinese dovrà rivedere la cosiddetta "norma anti burqa". Keystone/ALESSANDRO DELLA BELLA sda-ats

(Keystone-ATS) Il Gran Consiglio ticinese dovrà completare la legge di applicazione sulla dissimulazione del volto, detta anche “leggi anti burqa”, votata nel 2015. Il divieto del velo integrale islamico non è però rimesso in questione.

Il Tribunale federale (TF) ha parzialmente accolto un ricorso del giurista Filippo Contarini e dello studente in diritto Martino Colombo e ritiene che nella legge debbano essere previste eccezioni supplementari.

Il contenuto della sentenza, che era soggetto a un embargo di pubblicazione fino al 18 ottobre, è stato anticipato oggi dagli stessi ricorrenti, che hanno indetto una conferenza stampa nel pomeriggio a Berna per informare i media sulla decisione della suprema corte.

Ricorrenti soddisfatti

“Il TF ci ha dato parzialmente ragione e ha quindi rinviato la legge al Parlamento ticinese”, hanno dichiarato, visibilmente soddisfatti, Contarini e Colombo davanti ai media. “Il Tribunale federale ha ammesso che una persona il cui viso è dissimulato non è per forza pericolosa e che i nostri diritti costituzionali in quanto cittadini svizzeri, laici e non violenti sono stati violati”, ha aggiunto Cantarini.

Il suo ricorso è stato però accolto soltanto parzialmente. Il TF constata che le eccezioni sono formulate in modo esaustivo nella legge sulla dissimulazione del volto e in quella sull’ordine pubblico. Tuttavia il dispositivo previsto dal legislatore ticinese è “chiuso” e non prevede altre eccezioni per quel che concerne la libertà di riunione, la libertà di espressione e la libertà economica.

Altre eccezioni

Più precisamente, il Tribunale federale ritiene che la legislazione debba essere completata al fine di permettere a partecipanti a una manifestazione politica di portare una maschera, nella misura in cui gli obiettivi di ordine pubblico perseguiti dalla legge non siano compromessi.

Contarini e Colombo hanno sottolineato che, secondo la sua giurisprudenza, il TF ammette “per esempio l’uso delle maschere antigas nell’ambito di una manifestazione volta a sensibilizzare la popolazione sulla problematica dell’inquinamento atmosferico o sui rischi legati all’esercizio di una centrale nucleare”.

La legislazione ticinese dovrà pure prevedere eccezioni nel caso di eventi commerciali o pubblicitari. Secondo la legge cantonale, “non si può andare in giro per esempio travestiti da topolino per dare dei flyer di un negozio”. Il Gran Consiglio ticinese deve pertanto completare la sua legislazione, tenendo conto delle riserve espresse da Mon Repos.

Libertà religiosa non esaminata

La compatibilità del divieto di dissimulare il volto con la libertà religiosa non è invece stata esaminata dal Tribunale federale, poiché i ricorrenti non hanno sollevato questo argomento.

La legge, comunemente definita “norma anti-burqa” anche se l’applicazione va oltre il divieto del velo integrale islamico, è in vigore dal primo luglio 2016 ed era stata elaborata dal legislativo cantonale dopo che nel settembre 2013 oltre il 65% dei votanti ticinesi aveva accolto l’iniziativa promossa dal “Guastafeste”.

Tema d’attualità

Il tema è tornato di recente d’attualità visto che dopo il Ticino anche i cittadini San Gallo hanno accolto il 23 settembre scorso con il 66,65% dei voti il divieto di dissimulare il volto nei luoghi pubblici. La proposta è stata accolta in tutti i comuni, con percentuali spesso superiori al 70%.

Al voto si è arrivati poiché la revisione della legge sulle contravvenzioni, approvata di misura dal parlamento cantonale a fine 2017 (UDC e PPD erano a favore, il PLR e lo schieramento rosso-verde contrari), è stata combattuta da un referendum lanciato dalle sezioni giovani di PS, Verdi e Verdi liberali.

A livello federale è stata inoltre formalmente dichiarata riuscita lo scorso ottobre l’iniziativa popolare “Sì al divieto di dissimulare il proprio viso” lanciata dal Comitato di Egerkingen che già aveva promosso l’iniziativa contro i minareti e di cui fanno parte esponenti dell’DC e dell’Unione democratica federale (UDF).

(Sentenza 1C_211/2016, 1C_212/2016 del 20 settembre 2018)

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