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TF: assegni familiari, Ticino, legale norma speciale per stranieri

La diversità di trattamento operata dal canton Ticino tra cittadini svizzeri e stranieri per concedere gli assegni familiari integrativi e di prima infanzia è legale, ha stabilito il Tribunale federale (nella foto l'edificio che ospita la suprema Corte elvetica). KEYSTONE/CHRISTIAN BRUN sda-ats

(Keystone-ATS) La diversità di trattamento operata dal Canton Ticino tra cittadini svizzeri e stranieri per concedere gli assegni familiari integrativi e di prima infanzia è legale e non viola il principio costituzionale della parità di trattamento.

Lo ha stabilito il Tribunale federale, che respinge così il ricorso contro la revisione legislativa adottata dal Gran Consiglio presentato da alcuni cittadini stranieri residenti nel cantone.

Nell’ambito dei dibattiti sul preventivo 2016, il Gran Consiglio ticinese aveva modificato nel 2015 la legge cantonale sugli assegni di famiglia portando a cinque il numero di anni di residenza nel cantone necessari ai cittadini stranieri per ottenere il versamento degli assegni integrativi (AFI) e di prima infanzia (API). Per gli svizzeri la soglia è stata mantenuta a tre anni come in precedenza.

La revisione della legge ha suscitato lo scontento di numerosi stranieri residenti nel cantone, che si sono rivolti al Tribunale federale chiedendo l’annullamento della revisione.

La suprema Corte respinge le loro argomentazioni, ritenendo che vi siano ragioni obiettive che giustificano la nuova legislazione. Secondo il TF, gli assegni in questione “sono uno strumento della politica familiare”, concesso alle famiglie ben integrate che “verosimilmente resteranno a lungo in Ticino”. Per i cittadini svizzeri, rileva la Corte losannese, si presuppone vi sia “un maggiore legame con il Paese e il luogo dove vivono”.

Secondo il TF, la nuova legislazione ticinese è anche compatibile con la Convenzione concernente le norme minime della sicurezza sociale e con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Non è invece ancora chiaro se la normativa violi in qualche modo l’accordo bilaterale sulla libera circolazione tra Svizzera e Ue.

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