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Svizzera prudente su rimozione protesi seno PIP

Le protesi mammarie prodotte dalla francese PIP con silicone scadente, secondo le autorità sanitarie svizzere non devono essere rimosse preventivamente AFP

Le autorità sanitarie elvetiche affrontano con cautela l'allarme internazionale delle protesi mammarie francesi difettose messe sotto accusa da Parigi. Ma anche in Svizzera vi sono donne che stanno prendendo provvedimenti.

Contrariamente alle autorità francesi, l’Istituto svizzero per gli agenti terapeutici Swissmedic non raccomanda la sistematica rimozione preventiva delle protesi prodotte dalla società Poly Implant Prothèse (PIP), nel frattempo fallita.

Una decisione aspramente contestata dai fondatori di una nuova associazione istituita nei giorni scorsi a Ginevra, che ha adito le vie legali. Denominata “Vittime del 95 C” (con riferimento a una misura di reggiseno), l’associazione ha inoltrato al pubblico ministero di Ginevra una domanda di apertura di un procedimento penale nei confronti della società francese PIP, per la vendita di “protesi mammarie fraudolente” in Svizzera.

A circa 300mila donne in 65 paesi di tutto il mondo sono state impiantate protesi mammarie PIP, prima che la società chiudesse i battenti nel 2010. Da un’inchiesta ufficiale è emerso che la fabbrica francese ha utilizzato in una parte dei suoi prodotti un silicone non conforme alle norme e non approvato dalle competenti autorità.

Le verifiche in Francia hanno dimostrato che le protesi mammarie PIP hanno un rischio di rottura doppio rispetto alla media. Un fattore che ha spinto Parigi a consigliare a 30mila donne portatrici di tali protesi di espiantarle per precauzione. In Europa, la stessa raccomandazione è stata formulata dalle autorità sanitarie tedesche, olandesi e ceche.

Dal canto suo, Swissmedic motiva l’approccio prudente con il fatto che al momento non c’è alcuna prova scientifica di un aumento del rischio di cancro al seno. L’istituto rileva d’altra parte che il numero di donne – circa 280 – con un impianto di questo tipo in Svizzera è molto contenuto.

Di parere diverso l’associazione “Vittime del 95 C”, che considera elevato il rischio. Nella lettera inviato al procuratore pubblico di Ginevra, l’associazione sottolinea che utilizzando un gel a buon mercato e di scarsa qualità per le sue protesi, la società francese ha messo in pericolo la vita delle donne cui sono state impiantate.

L’associazione rimprovera alla Svizzera di non fare abbastanza. “È come se questo scandalo sanitario che preoccupa le autorità europee, si fosse fermato alla frontiera”, insorge la deputata comunale ginevrina Salika Wenger, fondatrice di “Vittime del 95 C”. L’associazione ha chiesto al procuratore pubblico di Ginevra di vietare qualsiasi utilizzo delle controverse protesi mammarie e di ordinarne il sequestro.

Rabbia

“Quando abbiamo visto la risposta di Swissmedic – secondo cui questo [numero] non era molto significativo e difficilmente qualcuna è colpita dal problema – le donne che avevano problemi reali erano molto arrabbiate”, spiega Salika Wenger. La deputata di estrema sinistra afferma di essere a conoscenza di un caso in cui gli impianti si sono rotti e il silicone è fuoriuscito nel corpo della donna.

“Non siamo in molte, solo una dozzina. Ma dal momento che abbiamo fondato l’associazione, molte persone mi hanno telefonato o mi hanno inviato e-mail per dire che anche loro avevano problemi e che volevano farne parte”, ha detto a swissinfo.ch.

“Pensiamo che Swissmedic, che ha il compito di controllare se i prodotti possono essere immessi sul mercato o no, non abbia fatto il suo lavoro. Pensiamo che le autorità pubbliche, soprattutto il governo, non stiano prendendo sul serio il loro lavoro”, aggiunge la deputata ginevrina.

Swissmedic in primo luogo è responsabile per l’omologazione e la sorveglianza dei medicamenti. Il controllo di qualità degli impianti medici, come per esempio le protesi al seno, rientra nel campo delle relazioni bilaterali della Svizzera con l’Europa e come tale segue le procedure europee.

Nel caso degli impianti PIP, in Europa sono stati autorizzati da un organismo di regolamentazione in Germania, il quale ha accordato il “marchio CE”. Ciò certifica che soddisfano le condizioni della Commissione europea in materia di leggi sanitarie e sulla sicurezza.

Una volta che un prodotto ha ottenuto il marchio CE, può essere distribuito in Europa senza la necessità di ulteriori verifiche. Si tratta di un sistema che in passato è già stato criticato dai medici.

“Swissmedic non controlla nuovamente questi prodotti. Una volta che l’ente di notifica dice che è ok, un medico è autorizzato ad acquistare questo prodotto e utilizzarlo”, spiega a swissinfo.ch il portavoce di Swissmedic Daniel Lüthi.

Swissmedic interviene se i prodotti sono difettosi. Per esempio, per informare le pazienti circa il problema con le protesi PIP.

“Gli ospedali che utilizzano il prodotto devono controllare se ci sono esperienze negative, perdite o incidenti, e devono segnalarci se accadono casi del genere. Noi scambiamo queste informazioni con altre autorità”, indica Lüthi.

Cambiare la situazione

Con il sistema attuale, gran parte della responsabilità per impianti del genere è legata ai medici, che dovrebbero sapere “cosa è stato impiantato e espiantato su una persona”, dichiara Lüthi.

Alla luce dello scandalo delle protesi mammarie PIP, il sistema europeo potrebbe cambiare. All’inizio di gennaio il nuovo direttore esecutivo dell’Agenzia europea dei medicinali Guido Rasi ha sottolineato la necessità di rafforzare la normativa sui dispositivi e i materiali medici.

“Vedo un urgente bisogno di adottare per il materiale medico le stesse misure di sicurezza che per i medicamenti”, ha dichiarato Rasi all’agenzia stampa Reuters. A suo avviso, la paura per le protesi mammarie PIP potrebbe accelerare le decisioni riguardo ai cambiamenti delle regole che disciplinano il settore della tecnologia medica.

Nuove proposte della Commissione europea prevedono in particolare un numero più elevato di test prima che il materiale sia messo sul mercato e una sorveglianza più rigorosa una volta che è in commercio. Tali proposte dovrebbero essere sottoposte quest’anno ai ministri della sanità dei 27 paesi dell’UE.

Se fossero adottate, la Svizzera seguirebbe l’esempio, indica Swissmedic. “Se l’Europa decide di cambiare qualcosa in queste raccomandazioni, naturalmente non abbiamo motivo di non farlo anche noi, poiché facciamo parte di questa rete internazionale”, dichiara Lüthi.

Nel frattempo, l’Istituto svizzero per gli agenti terapeutici ha continuato a discutere la questione con gli omologhi degli altri paesi e a scambiare i dati più recenti. Ma finora non è emerso alcun motivo per cambiare le direttive.

Lüthi precisa che Swissmedic esaminerebbe ulteriormente la situazione se dovessero esserci altri “segnali, prove mediche, risultati scientifici” di effetti negativi degli impianti PIP difettosi.

Fino ad allora restano valide le linee direttive dell’istituto emanate in dicembre, ossia che le donne cui sono state impiantate protesi mammarie devono sottoporsi a regolari controlli ogni sei mesi. E in caso di problemi devono consultare immediatamente il medico.

La società francese PIP (Poly Implant Prothese) per anni ha utilizzato silicone industriale scadente, di basso costo, non certificato, per produrre protesi mammarie.

Nel marzo 2010 l’Agenzia di vigilanza sanitaria francese ha scoperto che le protesi della PIP avevano un tasso di rottura nettamente più elevato della media. L’inchiesta che ne è seguita ha rivelato che la PIP utilizzava un silicone ad uso industriale invece di uno medico.

Nell’aprile 2010 il prodotto è quindi stato ritirato dal mercato e la società è stata chiusa.

Ma intanto aveva fabbricato circa centomila protesi all’anno. La stragrande maggioranza – più dell’80% – erano state esportate. In totale sono state vendute in 65 paesi, in maggioranza europei e latino americani.

Il fondatore della società, Jean-Claude Mas, ha ammesso di avere utilizzato il silicone non conforme nei tre quarti delle protesi.

In Francia il tasso di rottura delle protesi PIP è risultato del 5%, contro l’1% per quelle di altri fabbricanti. Una proporzione che però non è stata confermata in altri paesi.

Quando una protesi si rompe, può succedere che il gel di silicone fuoriesca e si diffonda nel corpo.

Ciò non sembra aumentare i rischi di cancro, ma il gel può provocare dolorose infiammazioni al seno che rendono necessario l’espianto. Operazione che in più può essere difficoltosa quando le protesi sono rotte.

Le autorità sanitarie nazionali hanno formulato consigli differenti alle portatrici delle protesi PIP. Francia, Repubblica Ceca, Germania, Olanda e Venezuela hanno raccomandato la rimozione per precauzione, ma altri paesi, tra cui la Svizzera e la Gran Bretagna, dicono che probabilmente è inutile precisano che la rimozione è un’operazione e dunque può anche rappresentare un rischio.

(Traduzione dall’inglese: Sonia Fenazzi)

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