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Stazioni di servizio: nuovo CCL, Ticino escluso da salario minimo

Stazioni di servizio: nuovo CCL, ma il Ticino è escluso dal salario minimo (foto rappresentativa d'archivio) KEYSTONE/GAETAN BALLY sda-ats

(Keystone-ATS) Dal primo febbraio dell’anno prossimo i 13’000 dipendenti attivi nelle stazioni di servizio avranno un nuovo contratto collettivo di lavoro (CCL) nazionale, che esclude però il Ticino in relazione ai salari minimi.

Stando a un comunicato congiunto dell’Associazione gestori di negozi delle stazioni di servizio in Svizzera (AGSS/VTSS) nonché dei sindacati Unia e Syna il Consiglio federale ha conferito carattere di obbligatorietà generale al nuovo CCL lo scorso 6 dicembre.

Nella nota le tre associazioni si rallegrano di questa decisione, ma deplorano la scelta del governo di esentare il canton Ticino dal salario minimo secondo un annesso del CCL. Ciò significa che l’intesa sarà applicata anche a sud delle Alpi, ma senza il punto relativo allo stipendio più basso concordato dalle parti sociali.

“Purtroppo i dipendenti del canton Ticino, particolarmente esposti al dumping salariale, non beneficeranno dei salari minimi previsti dal nuovo CCL”, si legge nel comunicato. Le parti contraenti si impegnano a trovare una soluzione anche per questo cantone.

Il nuovo CCL mira a proteggere le condizioni di lavoro nei negozi delle stazioni di servizio. Oltre a stabilire le retribuzioni minime, regola in particolare la durata del lavoro e garantisce una serie di prestazioni sociali, come il pagamento della paga in caso di malattia o di maternità. Anche gli elementi chiave dell’esecuzione sono stati precisati.

Nel novembre 2015 i partner sociali avevano portato a termine i loro negoziati: da allora attendevano una decisione da parte delle autorità federali. Attualmente tre cantoni hanno già un CCL esteso (Friburgo, San Gallo e Lucerna), ma nel settore del commercio al dettaglio questo è il primo CCL dichiarato di obbligatorietà generale che copre la totalità dei cantoni. Nel canton Lucerna, il CCL cantonale resterà in vigore fino alla fine del 2018.

L’esclusione del Ticino, per quanto riguarda i salari, è comunque destinata a far discutere. In un comunicato separato il sindacato Unia Regione Ticino e Moesa afferma di “prendere atto con grande amarezza” della decisione dell’esecutivo federale. Stando all’organizzazione “un CCL nazionale che preveda un’eccezione di questo tipo è una primizia assoluta e dimostra quanto il Ticino sia oramai considerato una zona franca salariale dal resto del paese”. “Che il Consiglio federale decida di derogare in questo modo a degli accordi presi dai partner sociali nazionali è un fatto di una gravità estrema”.

Secondo la sezione ticinese di Unia i margini di profitto dei gestori delle stazioni di servizio sono assolutamente in linea con quelli nazionali e il costo della vita dei dipendenti in Ticino è certamente paragonabile al resto del paese. “Far credere che in Ticino si possa vivere con un reddito inferiore di 400 franchi rispetto a Canton Giura, Neuchâtel, Grigioni o Glarona (solo per citarne alcuni), è offensivo nei confronti della popolazione ticinese”, sostiene il sindacato, che non fa alcun riferimento alla manodopera frontaliera spesso impiegata nelle stazioni di servizio in questione.

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