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Solo promesse alla conferenza di Palermo sulla Libia

C'è stata la stretta di mano tra il generale Khalifa Haftar, l'uomo forte della Cirenaica e il capo del governo di unità nazionale Fayez Al Sarraj, ma di risultati concreti la Conferenza internazionale sulla Libia, tenutasi questi due giorni a Palermo, non sembra averne conseguiti.

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Khalifa Haftar, sostenuto da Egitto, Russia e Francia, ha accettato non senza ritrosie di recarsi a Villa Igiea ma non ha partecipato ai lavori assembleari, limitandosi ad alcuni incontri ristretti.

Nondimeno i due maggiori contendenti si sono parlati, circostanza non del tutto scontata alla vigilia, e il generale di Tobruk ha promesso al suo antagonista, il premier riconosciuto dalla comunità internazionale e appoggiato da USA, Turchia e Italia, una tregua fino alle prossime ipotetiche elezioni. “Non si cambia cavallo mentre si attraversa un fiume”, avrebbe assicurato Haftar.

Ma il vertice si è chiuso senza un documento finale e senza impegni scritti. Comunque l’inviato Onu Ghassam Salamè ha ottenuto, da parte degli interlocutori libici, le garanzie sulla prosecuzione della sua roadmap che prevede una conferenza nazionale a inizio 2019 ed elezioni in primavera (data ancora da concordare) ma più probabilmente entro la fine del prossimo anno.

A rovinare il clima hanno contribuito alcune polemiche defezioni, in particolare quella del vicepresidente turco Fuat Oktay che ha lasciato in anticipo i lavori per essere stato tenuto fuori da un vertice ristretto tenutosi la mattina per volere di Khalifa Haftar, che accusa Ankara di sostenere i Fratelli Musulmani a Tripoli. “Qualcuno all’ultimo ha abusato dell’ospitalità italiana”, ha dette andandosene il braccio destro di Recep Tayyip Erdogan.

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