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Soldi, contadini e libero mercato

I contadini temono che la liberalizzazione del mercato agricolo conduca ad un crollo del loro reddito Keystone

Il governo voleva mettere da parte 400-500 milioni di franchi l'anno per mitigare le conseguenze di una futura liberalizzazione del settore agro-alimentare. La camera bassa del parlamento si è però rifiutata di entrare in materia. Il dibattito ha messo in luce il diffuso scetticismo rispetto all'apertura del mercato agricolo.

«L’agricoltura contribuisce al benessere della Svizzera con l’1% del PIL», ha ricordato Doris Leuthard martedì nel corso del dibattito al Consiglio nazionale sulla proposta del governo di istituire una riserva di bilancio per finanziare misure di accompagnamento per stemperare gli effetti di una futura liberalizzazione del settore agro-alimentare.

L’invito della ministra dell’economia a non perdere di vista gli interessi di altri settori dell’economia svizzera, che traggono profitto dall’apertura dei mercati, non ha però contribuito a smorzare i toni del dibattito. Con numerosi interventi e domande, il fronte contrario alla liberalizzazione ha ribadito le sue posizioni.

Alla fine una maggioranza di 111 voti contro 60 e 13 astensioni ha deciso di non entrare in materia sul progetto governativo.

Il Consiglio federale proponeva di prelevare tra il 2009 e il 2016 annualmente 400-500 milioni di franchi dai proventi dei dazi doganali sui prodotti agricoli per creare una riserva di bilancio destinata a sostenere i contadini nell’eventualità di un accordo con l’Unione europea sulla liberalizzazione dell’agricoltura o di una conclusione del ciclo di Doha nell’ambito dell’Organizzazione mondiale per il commercio.

«Abracadabra politico-finanziario»

La misura intendeva rispondere ai forti timori che la liberalizzazione suscita sia fra gli agricoltori, sia in ampie cerchie della popolazione. Le prospettive di una prossima apertura del mercato agro-alimentare sono d’altronde reali: lo scorso novembre sono iniziati negoziati tra Svizzera e Unione europea sull’argomento e il ciclo di Doha potrebbe giungere presto a una conclusione.

Il progetto governativo si è però scontrato con l’opposizione di buona parte dei deputati socialisti e dell’Unione democratica di centro. Per il gruppo parlamentare socialista, la proposta serve solo a gettare sabbia negli occhi agli agricoltori.

La socialista Hildegard Fässler, portavoce della commissione dell’economia e dei tributi, ha affermato che per il suo partito non è accettabile decidere l’allocazione di risorse per finanziare misure i cui contenuti concreti non sono ancora noti.

Il suo compagno di partito Andrea Hämmerle, agricoltore, ha parlato di «abracadabra politico-finanziario». Per il parlamentare grigionese, la creazione di una riserva di bilancio sarebbe oltretutto una garanzia troppo vaga per rassicurare il ceto contadino.

«Un contributo alla scomparsa dell’agricoltura»

La destra nazional-conservatrice ha invece approfittato del dibattito per ribadire la sua opposizione a un accordo con l’UE per una liberalizzazione del mercato agricolo. Le misure di accompagnamento sarebbero «un contributo finanziario alla scomparsa dell’agricoltura», ha affermato il consigliere nazionale dell’UDC Jean-François Rime, portavoce della commissione.

Nell’eventualità di un accordo con l’UE «il grado di auto-approvvigionamento della Svizzera, già molto più basso di quello di altri stati europei, scenderebbe sotto il 30%», ha avvertito il deputato UDC zurighese Ernst Schibli.

«Il completo abbandono della protezione doganale farebbe crollare il reddito agricolo del 50-60% e condurrebbe a un’ecatombe senza precedenti fra le aziende contadine», ha aggiunto.

Un’altra voce contadina

A favore della riserva di bilancio si sono espressi invece il Partito liberale radicale (PLR), il Partito popolare democratico (PPD) e il Partito borghese democratico (PBD). «Opponendovi a questi 3 miliardi, indebolite la posizione dei contadini nell’eventualità di una conclusione del ciclo di Doha», ha detto il liberale radicale Jean-René Germanier rivolto all’UDC.

«È irresponsabile non entrare in materia sulla creazione di questa riserva di bilancio», ha affermato dal canto suo il contadino e consigliere nazionale del PBD Hansjörg Hassler. Il progetto del Consiglio federale è stato difeso anche dall’UDC Hansjörg Walther, presidente dell’Unione svizzera dei contadini.

Walther ha osservato che il parlamento non era chiamato ad esprimersi a favore o contro la liberalizzazione, ma solo sulla riserva di bilancio. Quanto alle critiche della sinistra per l’assenza di proposte concrete sulle misure di accompagnamento, il deputato UDC ha ricordato che un gruppo di esperti sta preparando delle proposte che saranno presentate al governo a giugno.

Questo potrebbe contribuire a rilanciare il progetto del Consiglio federale in vista del dibattito nella seconda camera, il Consiglio degli Stati.

Andrea Tognina, swissinfo.ch

Le trattative tra la Svizzera e l’Unione europea sul dossier agricolo sono iniziate ufficialmente nel novembre del 2008. I negoziati potrebbero durare da un anno e mezzo a due anni.

L’obiettivo dei due partner è di raggiungere un accordo globale, che copra tutto il settore, dai fertilizzanti fino allo jogurt.

I colloqui fra Berna e Bruxelles concerneranno non solo l’abolizione dei dazi doganali, ma anche altri aspetti, quali per esempio la sicurezza alimentare e il cibo per animali.

I 151 stati membri dell’Organizzazione mondiale del commercio negoziano dal 2001 una maggiore liberalizzazione degli scambi commerciali nel quadro del ciclo di Doha.

Nel settore agricolo, gli Stati devono ancora accordarsi su alcuni punti chiave, come le riduzioni tariffarie, la diminuzione dei sostegni interni o il trattamento dei cosiddetti prodotti sensibili, i quali beneficeranno di esenzioni rispetto alla regola generale di abbassamento dei diritti di dogana.

Gli obiettivi dichiarati del Ciclo di Doha sono la migliore integrazione nel commercio mondiale dei paesi in via di sviluppo e l’aumento degli scambi tra paesi del sud. Il mandato iniziale è stato elaborato nelle riunioni di Cancún (2003), Ginevra (2004) e Hong Kong (2005).

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