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La quota di aiuto sociale invariata nell’ultimo decennio

La proporzione di persone che beneficia dell’aiuto sociale è rimasta stabile negli ultimi dieci anni: è quanto emerge dalle cifre presentate dall’Ufficio federale di statistica (UST). Un’occasione per sfatare qualche luogo comune… e confermarne altri.

L’aiuto sociale esplode! Negli ultimi anni, si è sentito spesso ripetere questa frase. Un fondo di verità c’è: il numero di beneficiari è infatti passato da 237’000 nel 2005 a quasi 262’000 nel 2014, pari a un aumento del 10%.

Come per molti altri indicatori, ad esempio la disoccupazione, questa crescita deve però essere rapportata alla progressione della popolazione. Facendo questo confronto, emerge che poco più di tre persone su 100 fanno capo all’aiuto sociale, esattamente come dieci anni fa. «Tenuto conto dell’evoluzione demografica, si può parlare di una vera stabilità», ha riassunto Marc Dubach, capo della sezione Aiuto sociale presso l’UST, presentando lunedì a Berna uno studio Collegamento esternosull’evoluzione dell’aiuto sociale negli ultimi dieci anni.

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Esaminando le caratteristiche socio-demografiche si può notare l’elevato numero di minorenni (uno su 20 nel 2014) e di giovani adulti che dipendono dall’aiuto sociale. Il cambiamento più significativo ha però toccato soprattutto le persone tra 56 e 64 anni: se dieci anni fa la quota di aiuto sociale in questa categoria d’età era dell’1,9%, nel 2014 è cresciuta al 2,7%.

Da osservare inoltre che tra gli stranieri la proporzione è scesa, passando dal 6,6 al 6,3%. «È un dato interessante, soprattutto in questo decennio contraddistinto dalla libera circolazione», ha osservato il consigliere di Stato solettese Peter Gomm, presidente della Conferenza delle direttrici e dei direttori delle opere sociali.

Ad influenzare la situazione finanziaria vi è poi lo stato civile. Il tasso di aiuto sociale delle persone divorziate è nettamente più elevato di quello delle persone non coniugate o sposate, come si può notare dal grafico seguente. 

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Pur rappresentando appena il 12% della popolazione, le persone che non hanno portato a termine una formazione post-obbligatoria, ad esempio un apprendistato, sono sempre più a rischio: se dieci anni fa costituivano il 42,9% di coloro che ricevono l’aiuto sociale, nel 2014 la quota è salita ad oltre il 46%. Una formazione non sufficiente è inoltre un «fattore determinante per la durata del ricorso all’aiuto sociale», rileva l’UST. «Le persone senza formazione post-obbligatoria sono relativamente spesso dei beneficiari di lunga durata, che dipendono dall’aiuto sociale ininterrottamente».

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Uno dei punti dolenti emersi dallo studio è appunto il periodo durante il quale le persone percepiscono l’aiuto sociale, passato da 33 mesi in media nel 2009 a 38 nel 2014.

Per quanto concerne la ripartizione geografica, la quota di aiuto sociale aumenta di pari passo con la popolazione residente. Le città con più di 100’000 abitanti contavano nel 2014 una proporzione del 5,9% di persone all’aiuto sociale (6,3% nel 2005). Nei comuni con una popolazione con meno di 10’000 abitanti, invece, la quota era inferiore al 3%. A livello cantonale, in cima alla lista vi sono Neuchâtel e Basilea Città, con tassi rispettivamente del 7 e del 6%. Obvaldo e Uri hanno invece una quota di beneficiari dell’aiuto sociale di solo l’1%.

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