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La stampa svizzera relativizza i buoni risultati dello studio PISA

Buone note per gli allievi nelle scuole svizzere non solo in matematica, ma anche in lettura e scienze. Keystone

Le note attribuite dall’OCSE agli allievi svizzeri sono rivelatrici di un sistema educativo efficiente e che integra bene i migranti. Per buona parte dei quotidiani svizzeri, però, una overdose di verifiche potrebbe nuocere alla motivazione del corpo insegnante.

«Vicecampioni europei dietro al Liechtenstein!», sottolinea mercoledì Le Temps. Secondo lo studio PISA 2012 pubblicato la vigilia, gli adolescenti svizzeri sono tra i migliori al mondo in matematica e si situano nettamente al di sopra della media dei 63 paesi dell’Organizzazione per lo sviluppo e la cooperazione economica (OCSE) anche in lettura e in scienza, ricorda il giornale della Svizzera francese.

«Molto bene, ma può far meglio», riassume dal canto suo La Liberté, osservando che vi è ancora un margine di progressione in lettura e in scienza.

Per il Tages-Anzeiger e il Bund, le conclusioni dello studio mostrano che «le profonde riforme degli ultimi anni non hanno danneggiato la scuola, come da tempo cerca di far credere [il partito di destra] l’Unione democratica di centro».

Meno allievi deboli in lettura

Il St. Galler Tagblatt sottolinea dal canto suo i progressi in lettura degli allievi svizzeri, dopo lo «choc PISA» del 2000 . Allora dallo studio era emerso che gli allievi svizzeri erano piuttosto mediocri in questa disciplina: ben uno su cinque era stato valutato «debole». Oggi la proporzione è del 13,7%. «Gli studenti svizzeri sono riusciti non solo a mantenere una buona classifica in matematica, ma a compiere notevoli progressi anche in lettura grazie ad appositi programmi. La direzione è quindi quella buona».

Per il Tages-Anzeiger e il Bund, ciò si spiega anche con l’afflusso in Svizzera di tedeschi di un livello di formazione elevato.

Un’analisi confermata indirettamente dal segretario di Stato per la formazione, la ricerca e l’innovazione. In un’intervista rilasciata al Corriere del Ticino, Mauro Dell’Ambrogio sottolinea che «è interessante per esempio notare – afferma – il miglioramento degli allievi con un background di immigrazione. Quest’evoluzione è dovuta soprattutto al fatto che l’immigrazione in Svizzera ha cambiato volto: oggi nelle nostre scuole arrivano spesso figli di genitori molto qualificati». Ciò dimostra che la scuola gioca sì un ruolo importante, ma è altrettanto vero che «ci sono fattori come l’estrazione sociale o la famiglia che contano almeno quanto la scuola».

Questo miglioramento è sottolineato anche da Guillaume Vanhulst, rettore dell’Alta scuola pedagogica del canton Vaud, citato da Le Temps. Uno dei dati emersi dallo studio è che i 26 sistemi educativi cantonali riducono più che altrove gli scarti tra gli allievi. Integrano inoltre sempre meglio i migranti. «In fin dei conti – rileva la testata della Svizzera francese – la grande eterogeneità delle classi svizzere non penalizza il risultato d’assieme».

Test nefasti per la motivazione

Malgrado i risultati positivi dello studio, la Basler Zeitung è molto critica circa le conseguenze di questo genere di test comparitivi sul sistema educativo svizzero: «La cultura della perfezione e il timore di non essere all’altezza della concorrenza internazionale fanno perdere la motivazione ai nostri professori. Soffrono del fatto che ogni direttore dell’istruzione pubblica voglia vincere un premio dell’innovazione. Per riuscirci, quest’ultimo impiega un numero sempre maggiore di persone nell’amministrazione per pianificare, esaminare e fare dei cambiamenti. Nel frattempo gli insegnanti devono far fronte ogni giorno a degli allievi che se la fanno ancora addosso o che non riescono a rimanere tranquilli per più di un quarto d’ora».

«Facciamo troppi test», rincara dal canto suo Margrit Stamm. Sulle colonne dell’Aargauer Zeitung, la professoressa emerita di pedagogia all’università di Friburgo afferma: «Nelle classi, il corpo insegnante è lasciato a se stesso. Non gli si dice come dovrebbe fare per migliorare i risultati. Sarebbe quindi giudizioso fare meno studi, ma analizzarli in modo più serio e metterli in pratica».

«Paragoni da prendere con precauzione», titola dal canto suo la Neue Zürcher Zeitung, secondo cui «PISA ha placato soprattutto la brama di classifiche dei mass media».

Per il giornale zurighese, la graduatoria stilata ogni tre anni dall’OCSE ha fatto scattare qualcosa nella politica di formazione, soprattutto dopo i risultati deludenti fatti registrare in lettura dagli allievi svizzeri nel 2000. «Rispetto a 20 anni fa, oggi si crede molto di più nella misurabilità della formazione», scrive la Neue Zürcher Zeitung. Tuttavia non bisogna perdere di vista un elemento fondamentale: «I test, i controlli e i monitoring, con il loro corollario di maggiore burocrazia per le scuole, non devono far perdere il piacere di insegnare ai docenti e il piacere di apprendere alla prossima generazione».

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