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La Svizzera e i peccati della carne

"Niente da dichiarare" Corrado Mordasini

Guerra ai contrabbandieri di carne! In una settimana nella Svizzera tedesca sono avvenuti due casi quantomeno singolari. Il primo a Basilea: un 40enne è stato fermato in dogana proveniente dalla Germania con a bordo 30 chili di bistecche, salsicce e spezzatino. Non ci è dato di sapere come abbia tentato di giustificarsi, forse spacciandosi per vegano e chiedendo l'asilo per la merce.

Ma sappiamo che doveva essere fortemente motivato, visto che una volta multato, rifiutatosi di pagare lo sdoganamento, e rispedito nella terra di Goethe, è stato ribeccato dalle guardie di confine nel Canton Argovia, sempre con l’auto traboccante di prodotti di macelleria. Altro multone e altro giro in Germania, dove presumibilmente l’uomo si dev’esser fatto la grigliata del secolo prima di rientrare a casa.

Sempre ad Argovia, qualche giorno dopo, nuova infrazione. Protagonista stavolta una cittadina tedesca che vive nella Confederazione, alla guida di un auto con 18 chili di carne, 2 cittadine congolesi (il cui ruolo nella vicenda rimane misterioso) e 25 galline vive. Galline da brodo, precisa il comunicato. E qui sorge spontanea la domanda relativa a come si distingua una gallina da brodo da una gallina standard. Forse erano galline di una certa età. Anche per la signora, multona e arrivederci.

Due casi di cronaca minuta, anche un po’ ridicoli, che rendono però l’idea della situazione in cui si trova la Svizzera, circondata da paesi che hanno un costo della vita sensibilmente inferiore. La carne, gli alcoolici, l’olio, ma anche le automobili o i medicinali, in Italia, Francia e Germania costano molto meno rispetto ai prezzi elvetici, e questo sta innescando un aumento esponenziale del fenomeno del cosiddetto “turismo della spesa”. Nei parcheggi diei supermercati della zona di confine italiana non è raro vedere più auto ticinesi che italiane, e la situazione non è molto differente nella Svizzera francese o in quella tedesca.

Questo potrebbe essere teoricamente visto come un vantaggio per i cittadini svizzeri, che sono in buona sostanza circondati da una specie di immenso “punto franco”. In realtà ciò ha conseguenze anche pesanti. Da un lato, se è vero che gli svizzeri possono attraversare la frontiera per spendere meno, è altrettanto vero che gli europei possono varcarla per guadagnare di più. Quindi l’altro lato della medaglia è il fatto di trovarsi con una forte concorrenza sul mercato del lavoro, con i frontalieri che possono permettersi di accettare stipendi inferiori anche del 30 o del 50%. Inoltre, il turismo della spesa rischia di mandar in crisi il commercio interno. Non tanto la grande distribuzione, ma i piccoli commercianti nelle zone di frontiera risentono fortemente della concorrenza di quelli dei paesi U.E. che, esattamente come i frontalieri, possono offrire merce a prezzi più bassi.

Da qui il tentativo di introdurre misure protezionistiche, proprio come per quanto riguarda la carne (se ne può importare un chilo a testa al massimo), misure però che devono fare i conti con i trattati bilaterali tra Svizzera e Unione Europea.

Vista dall’esterno, la questione può apparire non grave: in fondo la Svizzera è un paese molto ricco, ma di fatto se non si troveranno dei correttivi, alla lunga questa realtà potrebbe portare a problemi molto seri, e le tensioni –particolarmente in Ticino- tra frontalieri e residenti ne sono un esempio.

Il tentativo di introdurre regole supplementari al momento non ha però prodotto risultati, proprio perché si scontra con gli accordi con l’U.E. e d’altro canto, sarebbe probabilmente autolesionista da un punto di vista economico operare a favore di un calo del costo della vita nella Confederazione, livellandolo con quello paesi circostanti, perché ciò impoverirebbe il paese.

Di conseguenza turismo della spesa e contrabbando continueranno ancora per parecchio tempo, e i “piaceri della carne” continueranno ad essere internazionali.

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