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Il prossimo inquilino dell’Eliseo e il futuro della Francia

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La vittoria di François Fillon nelle primarie repubblicane e la probabile sfida alle presidenziali con Marine Le Pen ripropone la questione francese. Paese in profondo declino economico e culturale (sebbene non demografico), la Francia ha smesso da tempo di partecipare del motore d'Europa assieme alla Germania. Ora pensa di rilanciarsi geopoliticamente rompendo (parzialmente) con Berlino, sfruttando il previsto margine di manovra concesso dagli Stati Uniti e avvicinandosi a Mosca. Ma tale disegno tattico, condiviso di fatto dall'intera destra transalpina, mostra palesi difetti.

Domenica scorsa l’ex primo ministro Fillon si è aggiudicato la nomination repubblicana e il prossimo aprile sfiderà l’ancora ignoto candidato socialista e il leader del Front National Marine Le Pen con l’obiettivo di guadagnare l’Eliseo. Stando ai sondaggi, al successivo ballottaggio dovrebbero giungere proprio Fillon e Le Pen.

La leader dell’estrema destra sostiene l’uscita del paese dall’euro e una drammatica stretta contro gli immigrati, eppure in politica estera i due potenziali avversari paiono proporre ricette simili, incentrate sul recupero della sovranità nazionale, dell’apertura al Cremlino e del distacco dalla Germania.

Dalla fine della guerra fredda, Parigi ha perseguito l’obiettivo di rimanere agganciata a Berlino, inibendone la potenza attraverso l’imposizione dell’euro. Tuttavia l’adesione all’Unione Europea dei paesi ex-comunisti, che si rivolgono esclusivamente agli Stati Uniti e alla Germania, unita al drammatico peggiorare delle condizioni economiche nazionali, ha decurtato notevolmente il peso geopolitico della Francia, da anni incapace di mantenere l’asse renano su basi paritarie.

Ora gli aspiranti inquilini dell’Eliseo intendono contrastare il declino accentuando l’indipendenza nazionale, a scapito dei già flebili legami europei, nella convinzione di recuperare terreno sottraendosi alla globalizzazione. Inoltre vorrebbero sganciarsi dalla Germania in materia di austerity ed accoglienza dei migranti. E configurarsi quale principale interlocutore del Cremlino, profittando della prevista distrazione degli Stati Uniti per sospendere le sanzioni applicate alla Russia. Così da competere con Berlino attraverso il teorico appoggio di Putin, la prevista implosione dell’architettura comunitaria, il defilarsi del Regno Unito e la propria crescita demografica (a metà secolo la popolazione francese dovrebbe raggiungere gli 80 milioni).

Si tratta, però, di progetti destinati a scontrarsi con la realtà strutturale della geopolitica. La decadenza economica della Francia sarà difficilmente arrestata dal protezionismo, mentre la scomparsa effettiva dell’Unione Europea potrebbe rendere Parigi orfana di una notevole cassa di risonanza. Quindi la riabilitazione della Russia, a patto che nei prossimi anni la Federazione sopravviva a se stessa, sarebbe anzitutto utile alla Germania che necessita di mantenere duraturi legami strategici con il gigante euro-asiatico. Infine distanziarsi da Berlino, che involontariamente garantisce per Parigi al cospetto dei mercati finanziari, rischia di palesare le croniche deficienze dell’economia francese.

Al contrario la Francia dovrebbe posticciamente rilanciare la costruzione comunitaria, specie in una futura versione soltanto nordica, così da continuare ad imbracare la Germania, escludendo dalla moneta unica la periferia mediterranea di cui Berlino necessita per le proprie esportazioni e facendo valere la propria consistenza demografica.

Propositi tattici che nel medio periodo potrebbero fisiologicamente imporsi alla Francia, che altrimenti rischia di pagare i fraintendimenti geopolitici dei suoi futuri leader.

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