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Dopo “Prima i nostri”, ecco “Prima i loro”, ed è subito polemica

Docenti con esperienze migratorie per classi sempre più multietniche Corrado mordasini

di Gino Ceschina

In Svizzera continua a causare discussioni la questione immigrati. Dopo l’approvazione dell’iniziativa popolare “prima i nostri” volta a favorire i lavoratoti ticinesi, altre iniziative simili sono in preparazione in diversi cantoni, ma vi sono anche proposte di senso opposto. Ad esempio il Canton Grigioni, che pure accoglie numerosi frontalieri italiani (soprattutto Valtellina), ha recentemente cercato di distanziarsi da quanto avvenuto in Ticino, e recentemente il presidente del Consiglio federale (governo federale) svizzero, Johann Schneider-Amman ha dichiarato in un’intervista che sarebbe sensato alzare i contingentiCollegamento esterno fissati per il lavoratori non provenienti dall’Unione Europea in Svizzera. Questo soprattutto per profili altamente qualificati, da inserire nella ricerca.

Ma la proposta che –suo malgrado- ha causato più clamore viene dalla città di Berna, dove due deputati socialisti hanno promosso un postulatoCollegamento esterno per chiedere che le scuole comunali favoriscano nelle assunzioni i docenti con un passato migratorio.

Ovviamente l’idea è stata prontamente ribattezzata “Prima i loro” suscitando critiche, polemiche e anche derisione da parte della destra. Con il partito socialista in grande imbarazzo non tanto per il contenuto del postulato quanto per la sua tempistica, che suona eufemistico definire inopportuna. Un ottimo modo per farsi del male da soli, si mormora fra le fila socialiste.

D’altro canto la proposta in sé non è così assurda come potrebbe suonare. Secondo i due deputati, Fuat Köçer e Huala Pinto de Magalhaes, che evidentemente di origine svizzerissima non devono essere, insegnanti con radici diverse da quelle svizzere fungerebbero da modello d’integrazione in classi sempre più “internazionali”; semplificando allo stesso tempo la comunicazione con i genitori. Si tratterebbe insomma di aumentare la pluralità e di favorire chi deve superare importanti ostacoli, in modo da accelerarne l’integrazione e l’inserimento nella società elvetica.

Belle parole e lodevoli intenti, che si scontrano pero con il sentimento popolare che in Svizzera al momento è poco propenso ad aperture verso tutto ciò che non è profondamente elvetico. Un sentimento, va detto, comune a molti paesi europei, preoccupati dalla crisi migratoria.

Gino CeschinaCollegamento esterno

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Illustrazione di Corrado Mordasini

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