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Arzo, le cave di marmo si risvegliano

Cave Arzo
Dopo otto anni di inattività, nel luglio del 2017 ad Arzo è ricominciata l'attività estrattiva. Keystone

Onnipresente nelle chiese d'Italia e d'Europa, il "marmo" di Arzo, nel canton Ticino, è tornato da poco in commercio con la ripresa dell'attività estrattiva. Le vecchie cave sono inoltre state oggetto di un progetto di rivalorizzazione e stanno diventando un particolare centro per le attività culturali.


“Da bambini, negli anni ’60, ci attaccavamo con le biciclette ai camion vuoti che salivano alle cave di marmo ad Arzo, dove c’era una piscina bellissima. Alcuni camionisti ci lasciavano fare, altri ci cacciavano. Qualcuno invece ci faceva salire nel rimorchio e allora arrivavamo in piscina ricoperti di polvere”. 

Quella della madre dell’autore di questo articolo è una delle moltissime storie in qualche modo legata alle cave del paese.

Queste memorie sembravano ormai appartenere al passato dopo la chiusura, nel 2009, dell’ultima ditta che si occupava dell’estrazione. Gli arzesi non sono però rimasti con le mani in mano. L’area sta tornando a vivere grazie a un progetto di rivalorizzazioneCollegamento esterno e alla ripresa dell’attività estrattiva. Il maggio del 2018, inoltre, segna per questo luogo anche un “risveglio” culturale.

Scontri alla frontiera

Arzo sorge sul monte San Giorgio, patrimonio dell’UnescoCollegamento esterno per le sue particolarità geologiche e paleontologiche. Molti di coloro che sono cresciuti qui, compreso il sottoscritto, da bambini andavano “a raccogliere i fossili” (non ditelo a nessuno, adesso è proibito).

Arzo è anche un paese di confine, non solo quello tra Svizzera e Italia, ma anche quello tra placche continentali. Il loro movimento, milioni di anni fa, ha formato delle fosse in questa delicata zona di frontiera, crepacci sottomarini che si sono riempiti di materiale di diverso tipo, poi compattatosi quando sono nate le Alpi. 

Il risultato di questi maestosi movimenti geologici lo si può ammirare ancor oggi nel duomo di Milano. Le colonne del Coro Jemale Collegamento esternoe buona parte dell’altare di Santa Tecla, ad esempio, sono fatti con la pietra che fin dal Medioevo è stata estratta ad Arzo. 

Pietra che, tecnicamente parlando, è una “breccia calcarea”, ma alla quale da secoli (con una pionieristica operazione di marketing) è stato affibbiato il più nobile appellativo di “marmo”.  


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Il duomo di Milano è solo un esempio fra migliaia. Nel canton Ticino e in Lombardia è quasi impossibile trovare una chiesa che non abbia almeno una balaustra, un’acquasantiera o un altro dettaglio architettonico in Macchiavecchia o Broccatello (due sottocategorie del marmo di Arzo).

Ma tracce del monte San Giorgio sono arrivate ben più lontano: Napoli, Venezia, Varsavia, Parigi,… alcune hanno superato l’oceano e sono arrivate in America. 

Oltre al marmo viaggiavano anche le persone. Il savoir-faire venduto da chi emigrava da questa regione povera era proprio l’abilità di lavorare la pietra. Da Arzo arrivavano “i picasass”, i “picapedra” o, per i più eruditi, i “mastri lapicidi arzesi” (che è anche il nome della piazza del villaggio).  

Stemma di Arzo
Lo stemma del comune di Arzo, oggi quartiere di Mendrisio, è una croce argento su sfondo rosso, stemma di Como, a cui è sovrapposta una cattedrale gialla. Molto del materiale presente nel Duomo della città sul Lario viene infatti da Arzo. Delta-9/wikipedia

Calce e campi da tennis

Ma qui non si trova solo il pregiato marmo. In una grande cava veniva estratta la ghiaia rossa un tempo utilizzata nelle pavimentazioni stradali e una fornace per produrre la calce è invece stata attiva dall’inizio del XIX secolo fino alla metà degli anni ’60, periodo nel quale non era insolito sentire le esplosioni della dinamite piazzata dalla famiglia Allio in una cava di “rosso d’Arzo”. Questa pietra veniva venduta oltralpe, dove era utilizzata, fra le altre cose, per la copertura dei campi da tennis. 

La tradizione dell’estrazione della pietra, però, è andata via via scomparendo. All’inizio del nuovo millennio solo la ditta della famiglia Rossi, nel ramo da sei generazioni, era ancora in attività. 

Da quando, nel 2009, anche lei ha dovuto chiudere i battenti, il macchiavecchia è risultato “fuori commercio” nelle liste del Vaticano sui materiali per la ristrutturazione delle chiese. E lo è stato per otto anni. 

Le cave tornano a vivere…

Nel 2011 l’Ufficio patriziale di ArzoCollegamento esterno è diventato proprietario degli stabili in disuso. Con un progetto milionario sostenuto per metà dal cantone per l’altra metà dai fondi raccolti dallo stesso patriziato è poi iniziata la riqualifica della zona, grazie alla collaborazione con l’architetto Enrico SassiCollegamento esterno

Un lungo lavoro che prende man mano forma come un blocco di roccia sotto le mani di un sapiente scultore. E il marmo di Arzo va trattato con cura e cautela, ci spiega il responsabile di Arzo SculturaCollegamento esterno, Fabio Masdonati: “A volte vi si annidano sorprese che da fuori non riesci a vedere”. 

Anfiteatro
Un anfiteatro per manifestazioni culturali è stato “estratto” da una vecchia cava. cavaviva.ch

Per ora tutto sembra procedere bene. Prossimamente sarà inaugurato un sentiero didattico tra le vecchie cave e l’antico laboratorio del marmo è stato trasformato in una zona espositiva dove riscoprire la secolare storia dei “picasass”. 

Nel settembre del 2017, invece, è stato inaugurato l’anfiteatro naturalistico nella grande cava dove veniva estratta la ghiaia per le strade.  

Quest’ultimo luogo rappresenta l’altro aspetto di quella che è stata ribattezzata la “rinascita” delle cave, che hanno sì un corpo di pietra, ma un’anima di cultura, eventi e teatro. Di quest’ultimo aspetto si occupa l’associazione CavaVivaCollegamento esterno, nata proprio per ridare alle cave “il valore inclusivo e sociale di un tempo”. Il primo grande spettacoloCollegamento esterno (un assaggio c’è già stato lo scorso settembre) si terrà il prossimo 11 maggio.

…e il marmo torna in commercio

Anche l’estrazione è ricominciata. Nel luglio dello scorso anno le macchine si sono riattivate per tagliare i blocchi in una delle cave di macchiavecchia. Questo è stato possibile anche grazie alla collaborazione con la Tosco Marmi, un grande gruppo italiano con sede a Crevoladossola. L’azienda ritira attualmente tutti i blocchi nell’ottica di un rilancio di questo materiale. 

“Decidendo di venire qui e di mettersi in gioco, ci è stata di un grande aiuto”, ci spiega Marisa Zucano, responsabile marketing della M B-Marmo di Arzo Sagl.

L’interesse per questa pietra particolare sembra esserci, specialmente all’estero, ad esempio in India e in Russia. È a livello locale che si incontrano più reticenze, dice Zucano, la quale si sta dando da fare proprio per valorizzare questa pietra nel cantone. Recentemente è riuscita a farsi ricevere dal celebre architetto Mario Botta. Tuttavia, per ora non ci è dato sapere se sia riuscita a convincerlo ad usare la macchiavecchia in uno dei suoi futuri edifici.

Nell’attesa di scoprirlo, il risveglio continua. E se il marmo non riserverà brutte sorprese agli scultori di questi progetti, fatti di pietra e di cultura, le cave potrebbero tornare davvero a vivere.

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