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Qualità della vita e bagaglio migratorio vanno a braccetto

bandiera svizzera con panorama su un lago
Per molti stranieri che risiedono in Svizzera, provenienti in particolare dal sud e dall'est dell'Europa o da paesi extra-europei, la vita non è così priva di nubi. Keystone / Thomas Hodel

Chi ha un passato migratorio ha generalmente una qualità di vita inferiore rispetto alle persone di nazionalità svizzera senza un simile background. Per la prima volta, l'Ufficio federale di statistica ha analizzato in maniera approfondita le differenze tra questi gruppi di popolazione.

Che la popolazione di origine straniera abbia maggiori difficoltà sul mercato del lavoro e sia più esposta alla povertà e alla disoccupazione è risaputo. Finora, però, non era stato fatto nessuno studio approfondito sulla qualità della vita in Svizzera della popolazione con e senza un passato migratorio. Una lacuna che l’Ufficio federale di statistica (Ust) ha colmato grazie a una ricerca pubblicata lo scorso 5 novembre.

+ Il rapporto dell’UST (in francese)Collegamento esterno

In molti aspetti della vita, le persone con un background migratorio si trovano in una situazione peggiore rispetto agli altri.

Per la ricerca, l’Ust ha suddiviso così la popolazione:

Persone di nazionalità svizzera senza un passato migratorio (62,6% del totale della popolazione residente permanente di più di 16 anni)

Persone di nazionalità svizzera con un passato migratorio (naturalizzati di prima generazione o di seconda generazione con almeno un genitore nato all’estero; svizzeri di nascita i cui genitori sono nati all’estero; 12,5% del totale)

Persone di nazionalità straniera (24,9%)

Quest’ultima categoria è stata suddivisa in tre gruppi: Europa settentrionale e occidentale (7,1%), Europa meridionale (8,3%), altri paesi (Europa dell’est e paesi extra-europei; 9,5%).

Riserve finanziarie insufficienti

Uno degli indicatori presi in considerazione per lo studio è particolarmente significativo. Quasi quattro persone su dieci con un passato migratorio non hanno abbastanza risparmi per far fronte a una spesa inattesa di 2’500 franchi.

Tra le persone di nazionalità svizzera, la percentuale è invece di poco superiore al 10%, come si può vedere in questo grafico.

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Simili differenze – anche se non così marcate – si ritrovano nella maggior parte degli indicatori della qualità della vita: alloggio, salute, relazioni sociali, sicurezza personale…

Forti differenze tra stranieri

All’interno della popolazione con un passato migratorio vi sono però notevoli differenze. Le persone originarie dell’Europa occidentale e settentrionale per molti aspetti non hanno una qualità di vita molto diversa rispetto agli svizzeri d’origine. Lo stesso non si può dire per chi proviene da paesi dell’est o extraeuropei.

Ad esempio, la proporzione di insoddisfatti per quanto concerne l’alloggio è simile tra le prime due categorie, ma molto più elevato nella terza.

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Se si analizza il livello dei salari, questi divari emergono in modo ancora più netto.

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I fattori che possono spiegare queste differenze sono molteplici. Basta tuttavia uno sguardo al livello di formazione di chi vive in Svizzera per capire la profonda discrepanza socioeconomica tra le diverse categorie di popolazione.

Se tra le persone originarie dell’Europa occidentale e settentrionale solo il 5,2% non ha una formazione post-obbligatoria, questa proporzione sale ad oltre il 30% tra chi proviene dal sud dell’Europa o da altri paesi.

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Politica sociale mirata

“Identificare i gruppi di popolazione con una qualità di vita elevata o al contrario bassa” – scrive l’Ust – è particolarmente importante per potere portare avanti una politica sociale mirata.

I cittadini stranieri sono un gruppo particolarmente sfavorito e hanno una qualità di vita significativamente inferiore di quella dei cittadini svizzeri. Ma anche all’interno di questo gruppo “si osservano delle differenze” tra persone con e senza un background migratorio.

A preoccupare, come ci si può facilmente rendere conto osservando i grafici precedenti, sono le persone provenienti dall’Europa meridionale, da quella orientale e dai paesi extra-europei, “confrontate con problemi in quasi tutti gli ambiti della vita”. “A lungo termine – prosegue l’Ust – ciò può provocare un sentimento di rassegnazione e una tendenza ad isolarsi socialmente […], conducendo a un indebolimento della coesione sociale nel suo insieme”.

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