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Roma e Berna firmano uno storico accordo fiscale

L'accordo firmato stabilisce anche una "road map" per giungere ad una soluzione della vertenza fiscale sui frontalieri. Keystone


Il documento, firmato lunedì a Milano, apre la via alla fine del segreto bancario. L’accordo, che giunge dopo tre anni di negoziati, dovrebbe favorire la regolarizzazione degli averi depositati da cittadini italiani nelle banche svizzere, prima dell’introduzione dello scambio automatico d’informazioni. 

“Si tratta di un giorno importante nei rapporti fra Italia e Svizzera”, ha dichiarato la ministra elvetica delle finanze Eveline Widmer-Schlumpf in una conferenza stampa a Milano, dopo aver firmato, assieme al ministro italiano del tesoro Pier Carlo Padoan, un protocollo di modifica della Convenzione sulla doppia imposizione. 

Sulla stessa lunghezza si è espresso Pier Carlo Padoan,  per il quale è stato compiuto “un passo avanti molto importante, frutto di un lavoro durato molto tempo, complesso e difficile”. Secondo il   ministro italiano, appena pochi anni fa, prima della crisi finanziaria, “un simile accordo tra i nostri due paesi sarebbe ancora stato impensabile.

Vertenze in sospeso 

La controversia sugli averi depositati nelle banche svizzere dai cittadini italiani è già in corso da molto tempo tra i due paesi. Da parte italiana si suppone che in Svizzera si trovi circa l’85% dei fondi nascosti all’estero, da 100 a 200 miliardi di euro. Gli scudi fiscali applicati finora da Roma hanno permesso di recuperare solo una piccola parte di questi capitali. 

Il governo italiano ha posto già da diversi anni la Svizzera su due liste nere, adottando misure che penalizzano gli scambi  transfrontalieri, gli investimenti diretti e l’industria di esportazione elvetica. La prima lista concerne l’imposizione delle persone fisiche, mentre la seconda si applica alle imprese domiciliate in Svizzera. 

La Svizzera chiede da tempo un migliore accesso per le sue banche al mercato italiano. Roma ha frenato finora tale richiesta, in attesa di una soluzione sulla vertenza fiscale. 

Il Canton Ticino rivendica una revisione dell’accordo tra Svizzera e Italia sull’imposizione dei lavoratori transfrontalieri. Attualmente il fisco ticinese preleva un’imposta alla fonte sui redditi dei frontalieri, di cui il 38,8% viene riversato ai vicini Comuni italiani. 

Standard OCSE

Con la firma del ProtocolloCollegamento esterno di modifica della Convenzione per evitare la doppia imposizione fiscale, i due paesi s‘impegnano a adottare gli standard dell’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) che prevedono attualmente lo scambio d’informazioni su domanda. L’Italia potrà quindi ottenere dalla Svizzera assistenza amministrativa per interi gruppi di contribuenti sospettati di aver nascosto denaro nelle banche elvetiche. Dal 2018 lo scambio d’informazioni dovrebbe diventare automatico. 

Da parte sua, la Svizzera non sarà discriminata dal programma italiano di autodenuncia (“voluntary disclosure”), che stabilisce sanzioni più pesanti per il rientro dei capitali depositati in paesi non cooperativi a livello fiscale. La legge impone infatti un raddoppio delle multe e dei termini di prescrizione per gli attivi (importi e beni) detenuti dai cittadini italiani nei paesi “black list” che non firmano un accordo fiscale con Roma entro il 2 marzo.

Con l’accordo odierno la Svizzera viene posta di fatto sulla “lista bianca”, ha dichiarato l’ambasciatore svizzero a Roma Giancarlo Kessler, presentando alla stampa l’intesa raggiunta. Coloro che regolarizzeranno i loro patrimoni nel quadro del programma di autodenuncia, in vigore fino al settembre prossimo, saranno chiamati a versare le imposte dovute, ma potranno ottenere notevoli abbattimenti delle sanzioni e la non punibilità per i reati tributari, salvo in caso di frode grave.  

Tempi di attesa  

La firma dell’accordo non comporta però lo stralcio della Svizzera dalle liste nere italiane, richiesto già da molti anni da Berna. Questo passo sarà fatto da Roma solo dopo la ratifica del testo da parte dei due parlamenti. Allo stesso modo, le autorità fiscali italiane potranno cominciare ad inviare richieste di assistenza amministrativa raggruppate solo a partire dall’entrata in vigore dell’accordo, tra circa un anno e mezzo.  

Entrambi i paesi sperano tuttavia che la nuova convenzione fiscale possa avere effetti positivi già nei prossimi mesi. L’accordo dovrebbe infatti stimolare gli evasori fiscali italiani a far riemergere i loro averi depositati nelle banche elvetiche. L’Italia potrebbe così recuperare diversi miliardi di euro sottratti finora al fisco, mentre la Svizzera spera di trattenere i clienti italiani che, in vista dello scambio automatico d’informazioni, rischiano di trasferire i loro fondi verso le oasi fiscali più opache.  

“Ci sono altri paradisi fiscali, ma questo accordo va nella direzione della loro eliminazione. Per loro sarà sempre meno conveniente e più difficile resistere allo scambio di informazioni e sarà meno conveniente rivolgersi a questi paesi”, ha avvertito Padoan, annunciando che nei prossimi giorni verrà firmato un accordo simile con il Liechtenstein. 

Intesa sui frontalieri  

A Milano, il ministro italiano del tesoro e la ministra svizzera delle finanze hanno inoltre firmato una “road map” per risolvere nei prossimi mesi le altre vertenze fiscali e finanziarie in sospeso tra i due paesi. Per quanto riguarda i frontalieri, l’intesa prevede l’introduzione dello “splitting” fiscale al posto dell’attuale sistema dei ristorni. La quota spettante alla Svizzera sarà del 70% al massimo del totale dell’imposta normalmente prelevabile alla fonte, mentre il rimanente 30% verrà tassato da Roma sulla base della propria legislazione fiscale.  

Stretti rapporti economici 

L’Italia è il terzo partner commerciale della Svizzera, dopo la Germania e gli Stati Uniti. Nel 2013, il 10,1% delle importazioni svizzere proveniva dall’Italia. Il 7,1% dell’export elvetico era invece diretto nella Penisola. 

Con una quota del 5,2%, la Svizzera rappresentava nel 2013 il quarto mercato d’esportazione per l’economia italiana, dopo Germania, Francia e Stati Uniti. La Svizzera risultava invece al nono rango tra i fornitori di beni e servizi (2,9%). 

La Svizzera era inoltre il settimo paese investitore in Italia, dove le aziende elvetiche danno lavoro a 77’000 persone. Da parte sua l’Italia si situava al decimo rango per quanto riguarda gli investimenti in Svizzera.

Verrebbe inoltre introdotto il principio della reciprocità: anche i frontalieri svizzeri che lavorano in Italia verranno assoggettati al nuovo regime di tassazione e dovrebbero quindi pagare parte delle imposte al canton Ticino. Finora Roma non riversava nulla. 

L’intesa contempla pure una definizione più precisa della nozione di “frontaliere”, che verrà applicata solo a coloro che abitano entro una fascia di confine di 20 km, esercitano un’attività dipendente e, di regola, rientrano al domicilio tutte le sere. Un accordo finale sulla vertenza fiscale relativa ai frontalieri dovrebbe esser firmato però soltanto nell’estate prossima. 

Svenduti in cambio di nulla 

Salutato dal premier Matteo Renzi, per il quale vi sono ora “miliardi di euro che ritornano allo Stato”, l’accordo ha suscitato reazioni piuttosto positive in Italia, dove molti osservatori intravedono ormai la “fine del segreto bancario”. Commenti negativi sono giunti però dalla Lega Nord. 

“Bravo Renzi, altro regalo alle banche e ai poteri forti: l’accordo stretto con la Svizzera sarà pagato dai 70 mila frontalieri e dai 400 piccolissimi comuni italiani di confine che rischiano di non ricevere più alcun rimborso. Chi li risarcirà del mancato introito di 60 milioni di euro? Lo Stato italiano sull’orlo di una bancarotta? C’è da scommetterci che a pagare saranno sempre i soliti: i cittadini che avranno meno servizi e più tasse”, ha dichiarato Matteo Salvini, segretario della Lega Nord. 

“Svenduti in cambio di nulla”: reazioni negative all’accordo sono state espresse anche dalla Lega dei ticinesi. “I veri ‘paradisi fiscali’ sono ancora al loro posto, e se la ridono a bocca larga all’idea di accogliere i soldi che verranno portati via dalla Svizzera”, scrive il Mattino della domenica, nella sua edizione online, per il quale “l’accordo sui frontalieri, peraltro ancora in fase di ‘perfezionamento’, è una ciofeca inguardabile”. 

“Anche in Svizzera, attuare festeggiamenti per l’intesa firmata a Milano sarebbe fuori luogo”, scrive il Corriere del Ticino, per il quale l’accordo lascia ancora aperti molti punti. “Ormai imboccata la strada dello scambio automatico d’informazioni, con un’adesione talmente ampia e anticipata da indebolire il negoziato già in partenza, a Berna rimanevano tre punti principali su cui limitare i danni con Roma: l’uscita dalle liste nere italiane, la tassazione dei frontalieri, l’accesso al mercato italiano dei servizi finanziari”. Tre punti in sospeso che dovrebbero essere regolati nel quadro della “road map”.

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