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Merkel trionfa, l’enigma europeo rimane

La cancelliera Angela Merkel può sorridere: nelle elezioni legislative del 22 settembre ha ottenuto una vittoria senza precedenti Reuters

Trionfo è la parola associata ad Angela Merkel che troneggia in quasi tutti i titoli dei giornali della Svizzera all’indomani delle legislative in Germania. Ma i commentatori si preoccupano soprattutto di come la cancelliera tedesca utilizzerà questo successo a livello europeo.

È una vittoria senza precedenti quella conseguita domenica alle elezioni alla Camera dei deputati dalla CDU-CSU di Angela Merkel, che ha superato la soglia del 40%: un risultato che il partito non raggiungeva da vent’anni. Con il 41,5% dei voti, secondo i risultati ancora provvisori, il partito ha mancato di poco la maggioranza assoluta.

“La CDU è di nuovo laddove si trovava ai tempi di Konrad Adenauer. Il partito egemone, che nella Repubblica federale decide tutto e detiene quasi da solo tutti i posti più importanti. Gli altri partiti possono stare a guardare”, scrive il commentatore del sito online della Radio e televisione svizzera tedesca.

Ma senza precedenti, d’altra parte, è anche la disfatta degli alleati di Angela Merkel e della sua Unione: i liberali della FPD, che dopo 64 anni sono estromessi dal Bundestag, poiché non sono riusciti a raggiungere il quorum del 5%.

Alle elezioni legislative tedesche del 22 settembre, l’Unione cristiano democratica (CDU) di Angela Merkel si è assicurata 311 seggi su 630 al Bundestag (Camera dei deputati), mancando per soli 5 seggi la maggioranza assoluta.

Seconda forza i socialisti (SPD) a quota 192, seguiti dalla Linke (Sinistra), con 64, che scalza dalla terza posizione i Verdi che ne ottengono 63.

La CDU-CSU ha conquistato il 41,5% dei voti, la SPD il 25,7%, la Linke l’8,6% e i Verdi l’8,4%. Dopo 64 anni di presenza, escono dal Bundestag i liberali (FDP), che con il 4,8% dei voti non hanno raggiunto il quorum del 5%. Al suo primo test elettorale, ha mancato solo per un soffio l’entrata alla Camera dei deputati il partito anti-euro, l’Alleanza per la Germania (AfD), arrivata al 4,7%.

Fonte: Ansa

Speculazioni sulla nuova coalizione

Per la formazione del governo si preannuncia dunque la ricerca di una nuova alleanza. Per il suo terzo mandato, la cancelliera tedesca deve trovare un’intesa con i suoi avversari politici. Con gli ecologisti o con i socialisti?

“Una collaborazione con i Verdi è poco probabile. Il partito ecologista in questa campagna elettorale si è spostato troppo a sinistra”, prevede il TagesAnzeiger. Diversa, per il quotidiano zurighese, appare invece la posizioni della SPD. “Nonostante il secondo peggior risultato della loro storia, i socialisti hanno perso poco. Inoltre una grande coalizione, secondo i sondaggi corrisponderebbe ai desideri di una maggioranza dei tedeschi”.

Da ‘Mädchen’, ragazza, come la chiamava Helmut Kohl, a ‘Mutti’ madre della nazione come la vedono i tedeschi, a ‘superwoman’, la donna più potente del mondo. La cancelliera Angela Merkel è un fenomeno: tedesca dell’Est, prima donna cancelliera e leader CDU, otto anni nell’incarico e ora un terzo mandato da cancelliera.

A 59 anni, da oltre 20 in carriera, ha dimostrato di possedere tutti i pregi e difetti dell’arte della politica: sa essere impassibile e ingoiare in silenzio, ha nervi d’acciaio, è calcolatrice, tattica, pragmatica, duttile e irremovibile. E, quando serve, sa essere di ghiaccio e fa rotolare teste come birilli. Nel 2017 saranno 12 anni di cancellierato Merkel. Kohl riuscì nel primato di 16, ma di mezzo c’era l’unificazione tedesca.

La carriera di Angela Merkel comincia in sordina e il suo grande vantaggio è essere sottovalutata: decine di persone sono state triturate sotto il suo panzer per questo. “Se uno la sottovaluta ha già perso”, ha detto il leader CSU, Horst Seehofer.

Nella scia di vittime sul campo si annoverano, per citarne solo alcuni, Wolfgang Schaeuble, Friedrich Merz, Roland Koch, Edmund Stoiber, Christian Wulff, Norbert Roettgen. E persino il suo mentore Helmut Kohl.

È lui che la tira fuori dal nulla, dal profondo Est (nel 1990 la Merkel era vice portavoce nell’ultimo governo della DDR di Lothar de Maizière), e nel 1991 la fa ministra per le donne nel primo governo federale della Germania unificata. Nel ’94 passa all’Ambiente ma quando nel ’99 Kohl è travolto dallo scandalo dei fondi neri della CDU, la Merkel, con una lettera pubblica, si distanzia dal ‘patriarca’. Nel 2000 è leader CDU (facendo fuori Schaeuble) e nel 2002 anche capogruppo (facendo fuori Merz).

Nata nel 1954 ad Amburgo, a Ovest, la Merkel si trasferisce piccolissima con la famiglia a Templin (Brandeburgo, a Est) perchè il padre, pastore protestante, era convinto che lì ci fosse più bisogno di lui. Da ragazza studia fisica a Lipsia. Nel 1989 non prende parte alle proteste che porteranno al crollo del Muro di Berlino. L’attività politica comincia dopo l’unificazione.

Il suo mondo, la sua infanzia era Templin. Ed è tuttora il suo ritiro quando vuole fare una pausa con il secondo marito, il professore di chimica, Joachim Sauer. La cancelliera, nome da ragazza Angela Dorothea Kasner, porta il nome del primo marito, Ulrich Merkel.

Con la carriera anche il look si è evoluto. Dal capello a caschetto e abiti di gusto incerto, ha trovato oggi un suo stile: completi giacca-pantaloni (con giacche di tutti i colori dell’arcobaleno) e come unico vezzo collanine semplici a girocollo. La sua retorica non è brillante (Timothy Garton Ash l’ha paragonata a costruzioni Lego), la sua gestualità minima e controllata, ma la sua posizione delle mani quando parla (si toccano a formare una specie di rombo) è diventata culto (la ‘Rute’ della Merkel).

La sua semplicità piace ai tedeschi: non si dà arie, è onesta e incute fiducia. Soprattutto piace per come ha gestito la crisi dell’euro e difeso a spada tratta i loro risparmi. Poco importa se i sacrifici draconiani imposti a Cipro, Grecia, Spagna, Portogallo, Italia le sono valsi qua e là paragoni con il nazismo e ritratti con i baffetti alla Hitler.

In patria la Merkel è popolare e la stragrande maggioranza dei tedeschi la vuole al suo posto. “A differenza di Helmut Kohl nel 1998 – ha sintetizzato il leader della Linke (Sinistra) Gregor Gysi – la gente non ne ha ancora abbastanza di lei”. Il trionfa alle elezioni legislative del 22 settembre lo conferma.

Fonte: Ansa

Il futuro europeo in gioco

Su queste scelte si focalizza l’attenzione generale, ben oltre i confini tedeschi, poiché saranno molto importanti non solo per la Germania. È proprio “dalla futura coalizione che dipenderanno le nuove inflessioni della politica europea della Merkel”, sottolinea Le Matin. E secondo il quotidiano vodese, “la donna più potente al mondo ne è cosciente: è attraverso la sopravvivenza della zona euro che il suo nome resterà legato alla storia dell’integrazione del Vecchio Continente”. Una sopravvivenza per la quale “la Merkel dovrà fare una sintesi inedita: un esercizio di alchimia politica che non ripugnerà sicuramente l’ex fisica”

“Tutta l’Europa, e in particolare la Svizzera, vorranno rapidamente sapere cosa farà la cancelliera della sua vittoria sulla scena internazionale. Si sentirà confortata nella sua politica di rigore, con il rischio di approfondire il malessere tra Berlino e i popoli del Sud? O al contrario darà prova di flessibilità? Cercherà di rilanciare il dialogo con Berna sulle questioni fiscali? Abbandonerà la sua prudenza sui grandi dossier internazionali, Siria in testa? Tutte domande cui la vittoriosa Mutti Merkel dovrà rispondere molto velocemente”, gli fa eco il commentatore dell’altro quotidiano di Losanna, il 24 Heures.

L’analista del Corriere del Ticino (CdT) non ha comunque dubbi: per l’Eurozona, “La Merkel ha fatto alcuni errori di metodo, è stata spesso criticata e non è molto amata, per usare un eufemismo, nei Paesi del Sud dell’Eurozona. Ma la linea tedesca di lotta all’indebitamento eccessivo, l’abbinato rigore nei conti pubblici-crescita economica, è in realtà un fattore chiave per evitare l’esplosione dell’area euro e per tornare ad uno sviluppo più solido”. A suo avviso, “la formula Merkel non crea entusiasmi ma ha i suoi vantaggi”.

Più pessimista il commentatore della RegioneTicino, secondo il quale “Berlino, con o senza Grosse Koalition, difficilmente passerà dalla politica del rigore a quella strategia del rilancio che i partner in difficoltà ritengono indispensabile anche per uscire dalla crisi che produce disoccupazione, fratture crescenti e rischi di esplosioni sociali. Alimentate, queste ultime, da un populismo anti-europeista, che potrebbe fare il pieno di voti nelle prossime, non lontane, elezioni per il rinnovo del parlamento comunitario di Strasburgo”.

Il primo campanello d’allarme in questo senso è venuto proprio dalle elezioni tedesche di domenica, con il partito anti-euro Alleanza per la Germania (AfD) che ha sfiorato l’entrata nel Bundestag. Un risultato che rappresenta “un motivo di riflessione. Anche per ‘Mutti’ Merkel. E per tutta l’Ue: tuttora pericolosamente in bilico, sempre incapace di unirsi in un progetto unitario che la liberi della propria irrilevanza politica, dell’impopolarità crescente fra i suoi cittadini, del rischio di implosione o di un procedere senza meta e senza senso”, conclude il commentatore della RegioneTicino.

Di parere diverso lo specialista dell’Istituto franco-tedesco di Ludwisburg, Henrik Uterwedde, il quale in un’intervista al quotidiano ginevrino

Le Temps giudica che l’avanzata dell’AfD potrebbe persino “essere salutare se obbligasse la CDU e la SPD, i due grandi partiti garanti l’ancoraggio europeo della Germania, ad argomentare meglio”. E ciò pur ammettendo la possibilità che alle prossime elezioni europee l’AfD possa addirittura raddoppiare. Ma l’AfD “non è un partito estremista”, osserva l’esperto.

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