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UBS dovrà dare alla Francia i dati di 40’000 clienti

Vista di una piazza al crepuscolo con edificio con finestre illuminate in fondo e tram che sfreccia in primo piano.
La sede centrale di UBS a Zurigo. © Keystone / Gaetan Bally

Il Tribunale federale ha deciso venerdì che il gruppo bancario UBS dovrà consegnare alla Francia i dati personali riguardanti oltre 40'000 suoi clienti francesi. La massima istanza giudiziaria svizzera ha accolto il ricorso dell'Amministrazione federale delle contribuzioni (AFC), contro una precedente sentenza di segno opposto del Tribunale amministrativo federale.

L’alta corte, con 3 giudici contro 2, ha ritenuto che la più grande banca svizzera non sia oggetto di una cosiddetta fishing expedition, cioè una ricerca generica su un gruppo esteso di persone effettuata nella speranza che qualcuno rimanga impigliato nella rete, bensì di una legittima domanda raggruppata, ovvero una serie di singoli accertamenti, seppur numerosi.

“Gli elementi indicati dalla Francia”, spiega il TF in una notaCollegamento esterno, “consentono di concludere che sussiste il sospetto di un comportamento illecito, ossia che una parte dei detentori dei conti in questione siano contribuenti francesi che non hanno rispettato i loro obblighi fiscali”. 

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Non utilizzabili in sede penale

La Seconda Corte di diritto pubblico ha d’altro canto sottolineato, all’unanimità, che i dati dei clienti francesi di UBS non potranno essere utilizzati nell’ambito del procedimento penale in corso in Francia contro la banca per reclutamento illecito di clienti e riciclaggio aggravato del provento di frode fiscale.

Tale procedimento è tutt’ora pendente poiché UBS ha presentato ricorso contro la multa di 3,7 miliardi di euro, più 800 milioni di risarcimento danni allo Stato francese quale parte civile, inflittale lo scorso febbraio dal Tribunale correzionale di Parigi. Si tratta della pena più pesante mai pronunciata dalla giustizia francese per casi di evasione fiscale.

Una “soffiata” di Berlino

La richiesta francese di assistenza fiscale era stata presentata l’11 maggio 2016, sulla base di liste di numeri di conto fornite dalla Germania nel 2015 dopo le perquisizioni effettuate nel 2012 e 2013 in succursali di UBS oltre Reno.

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L’Amministrazione federale delle contribuzioni AFCCollegamento esterno aveva accolto la domanda il 9 febbraio 2018, dopo aver chiesto alla Francia garanzia di rispetto del principio di specialità previsto dalla Convenzione di doppia imposizioneCollegamento esterno tra i due Paesi. Ossia che le informazioni fornite nell’ambito dell’assistenza amministrativa siano utilizzate soltanto in un contesto fiscale.

11 miliardi, perlopiù in nero

Secondo quanto riferisce la Direction générale des finances publiques DGFPCollegamento esterno, che gestisce la fiscalità dello Stato francese, la maggior parte dei conti aperti da suoi cittadini all’estero non sono dichiarati al fisco.

La DGFP stima a 11 miliardi di franchi i fondi depositati sui conti che figurano sulle liste. L’ammontare complessivo dei mancati introiti per il fisco francese per gli anni indicati, dal 2010 al 2015, sarebbe di diversi miliardi di franchi.

Il Tribunale amministrativo federale (TAF), il 30 luglio 2018, aveva accolto il ricorso di UBS poiché ritiene che Parigi non abbia precisato in quale modo i contribuenti nel mirino avrebbero violato i propri obblighi. Contro questa sentenza, l’AFC aveva presentato ricorso al TF.

Interesse per tutta la piazza

Il caso è di grande interesse per tutta la piazza finanziaria svizzera. Già nel settembre 2016 il Tribunale federale aveva giudicato legittima una domanda di dati raggruppata dell’autorità fiscale dei Paesi Bassi, che non aveva indicato i nomi dei clienti di UBS ma fornito unicamente i criteri per la loro identificazione. La Corte aveva stabilito che la domanda di assistenza amministrativa può avvenire anche in questo modo.

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