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L’accordo Svizzera-UE resta in consultazione

Vista della facciata di Palazzo Federale con vetrate centrali e bandiera svizzera, si intravvedono gli archi dei portali
L'autore della mozione respinta aveva definito una "megacatastrofe" il principio della "ripresa dinamica" di direttive europee previsto dall'Accordo quadro istituzionale. Keystone / Anthony Anex

Il Consiglio degli Stati ha bocciato mercoledì una mozione dell'indipendente Thomas Minder, che chiedeva al Consiglio federale (governo) di non firmare né parafare l'Accordo quadro istituzionale con l'Unione Europea. Intanto, sindacati e imprenditori hanno ribadito le loro posizioni sul progetto.

La camera alta del Parlamento svizzero ha deciso in sostanza di non interferire con la consultazione avviata a inizio dicembre dall’esecutivo.

Al termine dei negoziati, come si ricorderà, il Consiglio federale non ha firmato l’intesa con l’UE poiché rimangono divergenze su due punti importanti, ma anziché rigettarla ha chiesto a commissioni parlamentari, Cantoni, partiti e partner sociali di esprimersi sulla stessa entro primavera.

I punti controversi sono le misure accompagnatorie alla libera circolazione delle persone delle persone, e l’estensione dei diritti all’aiuto sociale, alla protezione contro l’espulsione e al diritto di soggiorno permanente ai cittadini UE dopo 5 anni.

Bozza del testo dell’accordo istituzionaleCollegamento esterno

“Perdita di sovranità”

L’autore della mozione aveva definito una “megacatastrofe” il principio della “ripresa dinamica” di direttive europee previsto dall’accordo.

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Firmandolo, sostiene il “senatore” sciaffusano, la Svizzera compierebbe “un ulteriore e significativo passo in direzione di un’adesione all’Unione Europea” con una conseguente perdita di sovranità e imprevedibili controversie giuridiche.

A suo avviso, l’accordo quadro e la creazione di un tribunale arbitrale non consentiranno di risolvere i problemi con Bruxelles, poiché i contenziosi sono politici e non giuridici.

Sindacati irremovibili

Proprio in questi giorni, le consultazioni sull’accordo si sono intensificate. Il ministro degli esteri Ignazio Cassis e quello dell’economia Guy Parmelin hanno incontrato lunedì i gruppi presenti in Parlamento e mercoledì sindacati e padronato.

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Per i rappresentanti dei lavoratori, le misure d’accompagnamento alla libera circolazione -volte a proteggere il mercato del lavoro e i salari- non sono negoziabili. Allo stato attuale, l’accordo è dunque da respingere.

Gli imprenditori sono invece di principio favorevoli, ma chiedono anch’essi garanzie sulle misure d’accompagnamento, la direttiva sui cittadini dell’Unione, sui sussidi statali e sul ruolo della Corte di giustizia europea nell’arbitrato.

Politica estera

Dal Rapporto 2018Collegamento esterno, di cui il Consiglio degli Stati ha preso tacitamente atto mercoledì, emerge che i negoziati con l’UE sull’accordo hanno caratterizzato -insieme al nuovo orientamento della Cooperazione allo sviluppo- la politica estera della Confederazione lo scorso anno.

Il governo intende garantire a lungo termine la cosiddetta ‘via bilaterale’ tramite un consolidamento delle relazioni con l’Unione Europea, mantenendo però la massima autonomia politica possibile.

Scenari alternativi

La camera alta ha anche discusso un’interpellanza del democristiano friburghese Beat Vonlanthen, che chiedeva al governo quali sarebbero i costi di un ritardo nella conclusione dell’accordo quadro, e se un eventuale fallimento della stessa porterà alla graduale erosione della via bilaterale.

Secondo il Consiglio federale, l’assenza di una firma genererebbe un costo cumulato tra i 460 e i 630 miliardi di franchi, l’equivalente del prodotto interno lordo di un intero anno. 

Cifre relativizzate dal consigliere agli Stati sciaffusano dell’UDC (destra conservatrice) Hannes Germann.

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