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Basilea ricorda il teologo Karl Barth

Karl Barth è morto a Basilea il 10 dicembre 1968. È stato il più grande teologo protestante del Novecento. Il suo commento allEpistola ai Romani risulta a tutt'oggi tra le vette della meditazione religiosa. 

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Nella famosa epistola si trovano la denuncia della colpa dell’uomo e l’interpretazione della fede come possibilità di rigenerazione spirituale per ogni essere umano, indipendentemente dalla razza o convinzione.

Padre della “teologia dialettica” (non nel senso hegeliano di un superamento degli opposti, ma in quello kierkegaardiano della presenza di una tensione irresolubile tra essi) Barth professa la separatezza fra Dio e l’uomo. 

Vita di un grande teologo

Nato il 10 maggio 1886, Barth studia a Berna, Berlino e Marburgo. Pastore dal 1911 al 1921 nel paesino argoviese di Safenwil, fa parte, in un primo tempo, della corrente del cosiddetto socialismo religioso. Nel 1921 è nominato professore di teologia riformata alla facoltà di Gottinga. Successivamente insegna a Münster e a Bonn fino al 1935, quando viene espulso dalla Germania, per la sua fervente opposizione al regime nazista e per il suo tentativo di arginare la nazificazione della Chiesa protestante. Da allora fino al 1964 insegna a Basilea, dove morirà quattro anni più tardi.

La fede, un dono di grazia

Per Barth, la fede è dono di grazia, salto abissale che non si può spiegare con categorie umane o filosofiche. Al contrario dei teologi liberali che sostengono una continuità tra Dio e l’uomo, secondo Barth la fede si situa al di fuori del tempo e della storia.

Secondo Barth la Rivelazione di Dio è crisi del mondo. La Croce di Cristo esplicita di fatto la lontananza tra creatore e creatura. Mentre il Dio della teologia tradizionale è il vertice di ciò che è buono, bello, vero nel mondo, il Dio di Barth è completamente altro e inarrivabile.

Dio, questo sconosciuto 

Debitore del pensiero kierkegaardiano e dell’universo esistenzialista-religioso dostoevskiano, Barth conduce un’ampia investigazione sull’umano: sulla sua peccaminosità e sulla sua finitudine. Questa investigazione colloca il teologo protestante tra i padri ispiratori dell’esistenzialismo europeo, accanto ad Heiddeger. Ma, paternità intellettuale a parte, va detto che a Barth non interessa affatto gettare luce sull’essere umano, quanto riposizionare al centro della riflessione la figura di Dio, e della sua totale lontananza dall’uomo. Dio è, in effetti, per Barth, lo sconosciuto, il totalmente Altro . Dio è differenza incolmabile, che non ha nulla che fare con tutto ciò che è umano. Pensare Dio come a un Ente, è un equivoco religioso, quando non una superstizione.

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