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Turchia, proteste e scontri per l’arresto di 20 deputati

In piazza i sostenitori del partito filo-curdo HDP e altri gruppi d'opposizione; la polizia usa lacrimogeni e cannoni ad acqua

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Migliaia di persone sono sono scese in strada a Istanbul, come in altre città turche, per protestare contro il fermo -tra venerdì e sabato- di 20 deputati dell’HDP, il partito filo-curdo, ma anche di alcuni giornalisti del giornale d’opposizione Cumhuriyet.

Le mobilitazioni hanno animato soprattutto i quartieri curdi delle principali città turche e la repressione non si è fatta attendere: i manifestanti sono stati colpiti dalla polizia con proiettili di gomma, lacrimogeni e idranti.

“Credete davvero che non pagherete per questo?”, dice il deputato dell’HDP Sim Sürreyya Önder. “La storia non dimentica, non perdona. Forse oggi, che avete potere, potete colpirci, ma non sarete lì per sempre.”

In piazza si sono radunati anche altri gruppi di opposizione al presidente Erdogan.

“Dicono che quello che i giornalisti scrivono sia un crimine, e ne mettono in prigione nove. Quale sarà il prossimo passo? Prenderanno il controllo del giornale, della casa editrice e ne avvieranno la chiusura.”, preconizza Sezgin Tanrikulu, deputato CHP.

Sono in tanti a vedere negli arresti dei deputati del partito filo-curdo un tentativo del governo di riprendere il controllo del Parlamento, maggioranza assoluta persa proprio grazie al successo, alle elezioni del 2015, del HDP.

La giustizia turca li accusa invece di legami con il PKK, il partito dei lavoratori del Kurdistan considerato un gruppo terrorista dalla comunità internazionale e dal governo turco. PKK che, secondo le autorità turche, sarebbe responsabile dell’autobomba esplosa ieri a Diyarbakir, attacco rivendicato nelle ultime ore dall’Isis.

L’accusa contro i giornalisti del Cumhuriyet è invece quella di essere legata non solo ai ribelli curdi, ma di aver sostenuto il tentato golpe del 15 luglio scorso.

Il colpo di Stato, stando all’opposizione, ora sarebbe invece in atto per mano del governo che, dopo la chiusura di testate giornalistiche e arresti in massa di docenti, giudici e membri delle forze dell’ordine, ha ora preso di mira anche i politici. Una deriva autoritaria che preoccupa sempre più buona parte dell’opinione pubblica turca e la comunità internazionale.

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