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Sotto questo sole

uomo con la testa immersa in una fontana
Quando il cervello si surriscalda, nulla di meglio che una fontana romana. Keystone / Gregorio Borgia

Controsensi estivi: quando la canicola aumenta la soglia di tolleranza.

45 gradi all’ombra. Si annaspa. Non tira un filo d’aria. L’asfalto per poco non si scioglie. In queste giornate di afa e caldo torrido tutto va a rilento: i servizi di trasporto pubblico, il traffico, le sinapsi neurologiche. La città eterna sembra ancora più eterna del solito. Nel traffico, abitualmente caotico, le macchine – che già in condizioni normali si prendono delle libertà assai fantasiose – fanno cose strane.

All’inizio non capivo. Vedevo gli automobilisti fermarsi ai semafori, non com’è il loro solito, ben oltre la linea bianca praticamente sulle strisce pedonali, bensì a una ventina di metri prima del rispettivo semaforo. A volte a 10 metri, altre a 30. “Ma cosa ti fermi lì? Ma non vedi che il semaforo è laggiù?”, dicevo ignara tra me e me, pensando veramente che fossero pazzi questi romani (SPQR).

Sull’ombra non si discute

Mi ci è voluto un po’ prima di accorgermi che le rispettive macchine semplicemente si fermavano sotto l’ombra.  All’ombra di un vecchio platano, di un palazzo, di un pino marittimo, di una chiesa, di un pannello pubblicitario, di un cavalcavia… e tanto peggio per te, che sei dietro, se rimani sotto il sole cocente.

Nell’attesa che scatti il verde, per chi rimane in fila dietro quel fortunato, seguono interminabili secondi di sofferenza. L’abitacolo va in surriscaldamento, il sudore ti assale nonostante l’aria condizionata a palla, i vestiti ti si appiccicano sulla pelle, e subito cambi idea… non sono affatto matti, questi romani, fanno bene! Magari ci fossi io sotto quello “sprazzo d’ombra” ad aspettare il verde.

ritratto
Una svizzera a Roma – Rubrica semiseria di mediazione culturale In questa serie, Gaëlle Courtens, giornalista svizzera residente da anni nella capitale italiana, ci propone un suo sguardo su episodi di ordinaria quotidianità. tvsvizzera

L’empatia data dai gradi centigradi

Ma il mio stupore non finisce qui. Perché chi soffre dietro al fortunato trovatore di ombra, lo fa in silenzio. In condizioni meteorologiche normali partirebbe un concerto di clacson. In questo caso no. Nessuno ha da ridire alcunché.

Non così durante il resto dell’anno: inutile dire che i romani non hanno alcun problema a mandarsi vicendevolmente a quel paese, anche per delle sciocchezze. In un nanosecondo il rilascio dei neurotrasmettitori innesca una forte pressione della mano sul clacson pur di far avanzare anche solo di pochi metri il traffico. Con la calura tutto cambia. Come per magia si fa strada un sentimento di tolleranza, insieme ad una strana quiete.

Attenzione alla colonnina di mercurio

Superata una certa soglia della temperatura, cambiano i rapporti tra gli automobilisti della capitale; diventano incredibilmente empatici. Se il caldo è insopportabile, ecco che per chissà quale incanto i romani si sopportano. Nessuno ti rimprovererà mai l’occupazione coatta dell’ombra, perché sa già che prima o poi sarà lui quel fortunato. Magari sarà accostato da qualche motociclista che sotto il casco soffre più di lui. Fermarsi all’ombra, anche a diversi metri dal semaforo, è una scelta insindacabile.

Un’usanza che come svizzera a Roma ho subito adottato. Ma attenzione a valutare bene il momento preciso in cui viene effettivamente raggiunta quella fatidica soglia sulla colonnina di mercurio. Altrimenti son dolori.  

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