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Cesare Battisti arrestato in Bolivia

Cesare Battisti è stato catturato in Bolivia. E il deputato federale e figlio del presidente brasiliano Jair Bolsonaro ha voluto subito mandare un messaggio al ministro dell'Interno: "Matteo Salvini, il 'piccolo regalo' sta arrivando", ha scritto Eduardo Bolsonaro su Twitter.

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Cesare Battisti – 64 anni – è stato arrestato alle 17 di sabato (le 22 in Italia) da una squadra speciale dell’Interpol formata anche da investigatori italiani e brasiliani mentre camminava in una strada di Santa Cruz de La Sierra, popolosa città nell’entroterra boliviano. L’ex membro dei Proletari armati per il comunismo (Pac) non avrebbe opposto resistenza. Indossava pantaloni e maglietta di colore blu, un paio di occhiali da sole e barba finta. Caricato in macchina e accompagnato in una caserma della polizia, Battisti non avrebbe proferito parola.

Secondo quanto scrive il Corriere della sera sul suo sito web, la squadra speciale dell’Interpol aveva indirizzato le ricerche intorno a Santa Cruz poco prima di Natale. Sabato infine è stata circoscritta la zona nella quale Battisti si era nascosto, sono stati quindi compiuti appostamenti in almeno tre-quattro aree differenti, finché l’ex terrorista è stato accerchiato e bloccato con il supporto della polizia boliviana.

Estradizione

“Un nostro aereo è in viaggio per la Bolivia, atterrerà verso le 17 (ora svizzera) con l’obiettivo di prendere in consegna (l’ex terrorista Cesare) Battisti e riportarlo in Italia. Ad attenderlo – scrive il premier Giuseppe Conte – qui da noi ci saranno le nostre carceri affinché possa espiare le condanne all’ergastolo che i tribunali gli hanno inflitto a suo tempo con sentenze passate in giudicato, non certo a causa delle sue idee politiche, bensì per i quattro delitti commessi e per i vari reati connessi alla lotta armata e al terrorismo”.

Quattro omicidi

L’ex terrorista dei Pac, i Proletari armati per il comunismo, è stato condannato in Italia per quattro omicidi, due commessi materialmente, due in concorso: quello del maresciallo degli agenti di custodia Antonio Santoro, ucciso a Udine il 6 giugno 1978, quello del gioielliere Pierluigi Torregiani e del commerciante Lino Sabbadin, che militava nel Movimento sociale italiano – Destra nazionale (Msi), uccisi entrambi da gruppi dei Pac il 16 febbraio 1979, il primo a Milano e il secondo a Mestre; e quello dell’agente della Divisione investigazioni generali e operazioni speciali (Digos) Andrea Campagna, assassinato a Milano il 19 aprile 1978. Battisti si è sempre dichiarato innocente.

Processi e condanne

Nell’ambito del processo per l’omicidio Torregiani viene condannato nel ’79 a tredici anni e cinque mesi: detenuto nel carcere di Frosinone, nel 1981 evade grazie ad un assalto dei terroristi. La giustizia va comunque avanti e nel 1985 lo condanna in contumacia all’ergastolo per vari reati legati alla lotta armata e per i quattro omicidi, sentenza confermata dalla Cassazione nel 1991.

Fughe che lo portano infine in Francia

La fuga, nel frattempo, lo aveva portato prima in Messico, dove rimane circa una decina d’anni, e poi in Francia nel 1990. L’anno successivo parte dall’Italia la prima richiesta di estradizione, ma Parigi dichiara non estradabile Battisti, che nel frattempo in Francia ha intrapreso anche una carriera come scrittore di noir. Sono anni in cui la Francia, con lo scudo della “dottrina Mitterand”, si mostra molto morbida con terroristi latitanti.

La seconda richiesta per estradarlo è nel 2004: Battisti viene arrestato il 10 febbraio a Parigi sempre su richiesta delle autorità italiane. Ma in Francia si scatena una campagna in suo favore sostenuta dagli intellettuali della gauche e il 3 marzo Battisti viene scarcerato. Il 30 giugno successivo dopo l’udienza per l’estradizione, la corte d’appello francese dà il via libera: Battisti ricorre e perde. La cosa sembra fatta, ma il 14 agosto è l’ultima volta in cui lui si presenta a firmare in commissariato, come previsto dalle misure nei suoi confronti, poi si rende irreperibile. Scatta quindi un mandato di arresto. E il 23 ottobre il primo ministro francese firma il decreto di estradizione in assenza del condannato, latitante.

Dalla Francia al Brasile

Lui nel frattempo è fuggito in Brasile, dove si sposerà e avrà tre figli: il 18 marzo 2007 viene arrestato a Copacabana con la cooperazione dell’antiterrorismo italiano. Parte la terza richiesta di estradizione. Ma il Brasile gli riconosce lo status di rifugiato politico. E nel novembre 2009 il Supremo Tribunal Federal, pur a favore dell’estradizione, lascia la decisione finale all’allora presidente Lula, che il 31 dicembre 2010, ultimo giorno del suo mandato, annuncia il suo “no”. 

Poi è storia recente. Le cose però cambiano. In Brasile tira ormai un’altra aria. Il 13 dicembre Luis Fux, magistrato del Supremo Tribunale federale, ordina l’arresto dell’ex terrorista per “pericolo di fuga” in vista proprio della possibile estradizione, concessa nei giorni seguenti dal presidente uscente Temer prima dell’insediamento di Bolsonaro il primo gennaio 2019. Battisti fugge ancora, in Bolivia, fino all’epilogo di ieri per le vie di Santa Cruz de la Sierra.

La reazione dei parenti delle vittime

Soddisfatti i parenti delle vittime di Battisti. “È fatta, credo sia la volta buona”, ha commentato Alberto Torregiani, figlio del gioielliere ucciso nel 1979 dai Pac in una sparatoria in cui lui stesso rimase ferito e perse l’uso delle gambe. Più scettico Maurizio Campagna, fratello di Andrea, l’agente ucciso da Cesare Battisti il 19 aprile 1979 a Milano. “Sono contento – ha detto – però la Bolivia credo sia uno di quei paesi che non concede estradizione, quindi adesso vorrei capire se ricomincia la tiritera del 2004 con la Francia, speriamo questa volta venga estradato”. 

Per Adriano Sabbadin, figlio di Lino ucciso da Cesare Battisti a Santa Maria di Sala (Venezia) il 16 febbraio del 1979, “è un momento di soddisfazione dopo 40 anni di attesa, speriamo che sia la volta buona e che Battisti finalmente sconti la pena che merita. Di perdono non se ne parla”.

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