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Negozianti ticinesi contro i turisti della spesa

Il commercio a sud delle Alpi perde in cifra d’affari: "Colpa del franco forte e degli acquisti oltre confine" 

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I dati dell’ultimo studio dell’ufficio cantonale di statistica parlano chiaro: la metà dei dettaglianti afferma che i clienti nei negozi ticinesi continuano a diminuire.

La colpa, secondo gli addetti ai lavori, è ancora una volta del franco forte, che rende sempre più attrattivo recarsi in Italia per fare acquisti.

Ma non solo, anche la diminuzione di turisti e l’abbassamento dei prezzi per rimanere concorrenziali ha influito negativamente sui margini di guadagno.

“Nella prima metà del 2015 il comparto ha perso circa il 2% del fatturato”, spiega il presidente di Federcommercio – l’associazione che riunisce grande distribuzione e commercianti locali – Augusto Chicherio, che punta il dito contro i “turisti della spesa”: “I ticinesi vanno a fare acquisti in Italia per un totale di 400 milioni di franchi all’anno, l’equivalente di 1’000 buste paga. Se queste stesse persone rimanessero in Ticino a fare la spesa avremmo 1’000 posti di lavoro in più”.

Gioiscono nel frattempo i commercianti italiani, soprattutto quelli della grande distribuzione. Il supermercato Iper di Varese, per esempio, a cinque minuti dalla dogana, ha registrato da inizio anno un aumento del 20% dei clienti residenti in Svizzera. Per quello di Grandate l’incremento è stato di oltre il 30%.

Avere la possibilità di andare all’estero per fare la spesa non rappresenta uno stimolo alla concorrenza a vantaggio dei consumatori? “Sì”, ammette Chicherio, ma le conseguenze si pagano nell’indebolimento del territorio: profitti delle società in calo, diminuzione del gettito fiscale e dei posti di lavoro. Il dibattito è lanciato.

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