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Quando la Svizzera indagava sui “fondi ebraici”

5 marzo 1997, da sinistra: Jakob Tanner, Jean-Francois Bergier, Georg Kreis, Joseph Voyame Jacques Picard e Saul Friedlaender Keystone

Nel dicembre 1996, la Svizzera creava la Commissione indipendente d'esperti (CIE) incaricata di studiare l'atteggiamento del paese durante la seconda guerra mondiale.

Dieci anni dopo la CIE è tornata alla ribalta per fare il bilancio dei dibattiti e delle ricerche scaturite nella pubblicazione del “rapporto Bergier”.

Nel 1995, 50 anni dopo la fine della seconda guerra mondiale, alcune organizzazioni ebraiche avevano iniziato a chiedere alle banche svizzere informazioni riguardo ai beni in giacenza appartenenti alle vittime del nazismo.

“Le banche si sono inizialmente mostrate reticenti. C’è quindi stata un’escalation di critiche che hanno raggiunto anche la Confederazione e la Banca nazionale”, ricorda Hans-Ulrich Jost.

Questo professore onorario dell’Università di Losanna e rinomato storico della Svizzera del XX secolo è stato scelto per moderare il dibattito svoltosi venerdì a Berna per segnare il decimo anniversario della creazione della CIE.

“Clima spaventoso”

All’epoca, le emozioni erano talmente alle stelle che un ministro, Jean-Pascal Delamuraz, aveva parlato pubblicamente di “ricatti e minacce” contro la Svizzera.

Secondo Hans-Ulrich Jost tutto era iniziato negli anni ’60, ben prima delle critiche internazionali, le denunce collettive o le minacce di boicottaggio delle banche svizzere negli Stati Uniti.

“Si affermava allora, in un clima di spaventosi inganni, come quello secondo cui la Svizzera durante la guerra aveva mantenuto un comportamento irreprensibile, che si trattava di dettagli e che comunque erano stati gestiti bene”, spiega a swissinfo.

Lui stesso confessa di aver dovuto “ridere” sentendo l’allora ministro degli affari esteri, Flavio Cotti, dire che bisognava far emergere ‘tutta la verità’. “Chiunque avesse letto dei libri di storia avrebbe dovuto sapere come stavano le cose”.

Una celerità rara per un paese federalista

Il 13 dicembre 1996 il Parlamento federale approvava la creazione della Commissione indipendente di esperti Svizzera – Seconda guerra mondiale. Il 19 dicembre il governo incaricava la commissione di “chiarire in modo completo il ruolo della piazza finanziaria svizzera durante e dopo il regime nazista”. In altre parole, al di là del linguaggio ufficiale, di restaurare l’onore perduto.

Raramente un affare è stato gestito con più efficacia, in un paese caratterizzato da ben note lentezze federaliste. All’epoca il parlamento non discusse del problema dei fondi e non lo fece neppure cinque anni dopo, alla consegna del rapporto Bergier, dal nome del presidente, Jean-François Bergier.

Eppure nel mandato della CIE era prevista una discussione parlamentare finale, ricorda Hans-Ulrich Jost. “Ma le banche erano sotto pressione, a causa della loro pessima gestione del caso e poi si escludeva per principio l’eventualità di una colpevolezza svizzera”.

Forti pressioni

Il segreto bancario dei conti legati ai fondi in giacenza fu sospeso per cinque anni. Gli esperti potevano indagare sulle transazioni in oro e in valuta della Banca nazionale e di altri istituti, sulle relazioni economiche delle imprese elvetiche con la Germania, senza dimenticare l’atteggiamento della Confederazione nei confronti dei rifugiati nazisti.

La pressione era enorme. “Non si era fatta una riflessione sul modo in cui condurre la ricerca storica e la procedura fu burocratica”, dichiara ancora Hans-Ulrich Jost.

Ma la CIE “seppe organizzarsi rapidamente per prendere le distanze dal governo”, separandosi dal rappresentante nominato nei suoi ranghi dall’esecutivo.

Restava una forte pressione da parte dell’opinione pubblica perché si ripulisse in fretta l’immagine della Svizzera, che forzò la CIE a lavorare velocemente e in isolamento, ingaggiando giovani storici con poca esperienza.

Risultato rispettabile, reazioni deludenti

“L’urgenza non crea condizioni ideali, ma il risultato è rispettabile”, giudica Jost, molto entusiasta dei 25 volumi pubblicati dalla CIE. Da allora molti altri articoli e libri sono stati pubblicati. Ma Hans-Ulrich Jost si dice deluso dalla reazione suscitata.

A livello universitario pensa di essere stato il solo ad aver utilizzato questo “eccellente materiale”, organizzando, tra il 2002 e il 2005, un laboratorio sul rapporto Bergier.

Stessa cosa da parte dei media: “Non ho trovato nessun giornalista che abbia davvero letto il rapporto finale. Lo si tira fuori per ragioni polemiche, ma non ho potuto discuterne concretamente con nessuno”, rimpiange il professore in pensione.

Del resto Hans-Ulrich Jost non ha peli sulla lingua quando evoca gli attacchi della destra conservatrice (UDC), “che ha parlato di bruciare il rapporto Bergier, senza che questa affermazione abbia sollevato delle proteste”.

“La Svizzera non vuole sapere, nemmeno gli specialisti vogliono andare troppo a scavare”, conclude lo storico. Una piccola consolazione: “Tra 50 anni forse dei giovani ricercatori rileggeranno tutto quanto, e chissà, potranno nutrire il dibattito pubblico”.

swissinfo, Isabelle Eichenberger
traduzione, Raffaella Rossello

13 dicembre 1996: il parlamento adotta il decreto federale sulla ricerca storica e giuridica che riguarda le sorti dei beni ebraici in giacenza in Svizzera a causa della repressione nazista. Il segreto bancario viene sospeso per cinque anni per far luce su quei conti.

19 dicembre: la Commissione indipendente di esperti (CIE) è nominata dal Consiglio federale e si mette all’opera nel maggio del 1997.

Maggio 1998: presentazione del rapporto intermedio: “La Svizzera e le transazioni in oro durante la II guerra mondiale”.

Dicembre 1999: secondo rapporto intermedio sulla politica dei rifugiati.

19 dicembre 2001: consegna del rapporto definitivo.

Marzo 2002: la CIE rimette al governo il rapporto finale, 600 pagine che si aggiungono alle 11’000 dei 25 volumi già pubblicati. La CIE viene sciolta, dopo cinque anni di lavori e 22 milioni di franchi spesi.

La Commissione indipendente di esperti Svizzera – Seconda guerra mondiale era presieduta dallo storico Jean-François Bergier.

Membri svizzeri: Helen B. Junz, economista (dal febbraio 2001); Georg Kreis, storico; Jacques Picard, storico; Jakob Tanner, storico; Daniel Thürer, giurista (dall’aprile 2001); Myrtha Welti, segretaria generale.

Storici stranieri: Wladyslaw Bartoszewski (Polonia), Saul Friedländer (Israele/USA), Harold James (Gran Bretagna).

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