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Putin e Zelensky a Parigi tentano l’intesa sul Donbass

Da sinistra: Volodymyr Zelensky, Emmanuel Macron e Vladimir Putin KEYSTONE/EPA sda-ats

(Keystone-ATS) Il giorno dell’atteso summit del Quartetto Normandia è finalmente arrivato.

Il presidente russo Vladimir Putin, atterrato a Parigi poco prima delle 14.30, ha raggiunto gli altri leader all’Eliseo per tentare la quadra, dopo anni di melina, sul processo di pace che dovrebbe portare alla fine della guerra nel Donbass (e dunque al ritiro delle sanzioni Ue alla Russia).

Il faccia a faccia col presidente ucraino Volodymyr Zelensky, il primo da quando l’ex comico è stato eletto, è stato senz’altro il passaggio clou del vertice.

A precederlo, i lavori negoziali veri e propri, assistiti da Emmanuel Macron e Angela Merkel, garanti di quel processo di soluzione diplomatica della crisi nato nel lontano 6 giugno del 2014 a margine della commemorazione del 70esimo anniversario dello sbarco in Normandia (e da qui il nome del format).

Macron, in particolare, si è recentemente speso in forti aperture di credito nei confronti della Russia di Putin, con la quale ha detto è necessario “dialogare” per costruire una nuova architettura per la sicurezza europea. Musica per le orecchie del Cremlino, meno per quelle di Zelensky. Che da un lato vuole chiudere la stagione della guerra ‘senza se e senza ma’ nelle regioni separatiste del sud-est ucraino, ma dall’altro deve trovare un meccanismo onorevole per farlo.

In patria, infatti, la politica di appeasement ventilata dal neopresidente nei confronti di Mosca ha suscitato una fiera opposizione nelle frange più intransigenti e nazionaliste del Paese, che alla vigilia del vertice hanno organizzato manifestazioni a Kiev per chiedere a Zelensky di non cedere di un millimetro.

Il mantra del Cremlino è quello dell’attuazione degli accordi di Minsk. Il diavolo sta però nei dettagli e Zelensky si appiglia a interpretazioni diverse di alcune clausole di quell’accordo per rivederne i passaggi chiave (che regolano di fatto chi controllerà il Donbass). Mosca invece non è disposta a trattare: o si segue la linea di Minsk o si conserva lo status quo. Ovvero quello del conflitto congelato.

Ecco perché sia il portavoce di Putin che quello di Zelensky, insieme agli esperti russi, ucraini e occidentali, sono della stessa identica opinione: non bisogna aspettarsi troppo dal summit. Dunque, si vedrà.

D’altra parte Putin e Zelensky, dopo anni di muro contro muro, potrebbero anche scegliere di non esaltare le differenze ma collaborare dove è possibile (al tavolo dei negoziati si sono stretti per la prima volta la mano). L’occasione giusta è quella del rinnovo del contratto di fornitura del gas a Kiev, in scadenza il 31 dicembre 2019: trovare un’intesa per rinnovarlo è interesse di entrambi. Non a caso al bilaterale hanno partecipato anche l’amministratore delegato di Gazprom, Alexei Miller, e il ministro dell’Energia russo Alexander Novak (con i loro corrispettivi ucraini ad affiancare Zelensky).

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