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Chiesto un congedo per chi assiste i familiari in fase terminale

Una persona morta con una rosa in mano
Di che cosa hanno bisogno le persone in fase terminale? È la domanda a cui ha voluto rispondere un programma svizzero di ricerca. Keystone

Gli svizzeri si impegnano molto quando si tratta di assistere i famigliari nell’ultima fase di vita. E sono anche disposti ad assumersi costi elevati.

Nel quadro del programma di ricerca “Fine di vitaCollegamento esterno” del Fondo nazionale svizzero, circa 200 ricercatori si sono occupati per cinque anni di una questione cruciale: come rendere più umana l’ultima fase della vita?

Il programma, che comprendeva 33 progetti, si è articolato attorno a diversi aspetti, ad esempio le disposizioni del paziente, le cure palliative, l’assistenza al suicidio, le decisioni su come impostare le cure e l’accompagnamento dei familiari in fase terminale.

Le conclusioni dello studio, dotato di un credito di 15 milioni di franchi, verranno pubblicate in un libro a fine 2018. Alcuni risultatiCollegamento esterno sono però già stati presentati martedì, in occasione di una conferenza stampa a Berna.

● Regina Aebi-Müller, professoressa di diritto all’Università di Lucerna, ha parlato con numerosi medici e addetti che si occupano delle prestazioni infermieristiche nella Svizzera tedesca, francese e italiana. Dai colloqui è emerso che spesso il principio di autodeterminazione dei pazienti in fase terminale non è garantito. Le disposizioni dei pazienti non svolgono in pratica alcun ruolo. Le norme legislative che concernono tali disposizioni vanno quindi riviste.

● Samia Hurst, professoressa di etica all’Università di Ginevra, ha analizzato quasi 9’000 certificati di morte nelle tre regioni linguistiche del paese. Ha evidenziato che in quattro decessi prevedibili su cinque sono state prese delle decisioni in fine di vita, ad esempio la rinuncia al trattamento o l’intensificazione del trattamento contro il dolore. Anche il ricorso all’assistenza al suicidio è aumentato. Nel paragone internazionale, in Svizzera si prendono più decisioni in fine di vita. Ciò è logico poiché in Svizzera l’autonomia dei pazienti è molto importante, ha spiegato la professoressa.

● Florian Riese, medico all’Ospedale universitario psichiatrico di Zurigo, ha studiato le ultime fasi di vita di pazienti con demenza. Ha scoperto che le persone colpite da demenza sono trattate meno frequentemente con potenti antidolorifici siccome questi pazienti hanno difficoltà a comunicare i loro dolori. Secondo il medico, è quindi necessario utilizzare maggiormente degli strumenti speciali per la misura del dolore.

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Secondo il responsabile del programma di ricerca, il professor Markus Zimmermann dell’Università di Friburgo, uno degli insegnamenti che si possono trarre e che sebbene i costi in fase terminale siano elevati, la popolazione svizzera è assolutamente disposta a sostenerli. E questa disposizione a pagare è più marcata nella Svizzera francese che nella Svizzera tedesca.

Tuttavia, i ricercatori hanno anche individuato dei problemi: «Le cure palliative sono molto importanti, ma finora non sono sufficientemente consolidate», afferma Markus Zimmermann. I ricercatori ritengono anche che sia necessario agire nel settore dell’assistenza fornita dai familiari. «L’impegno dei parenti vicini è grande, ma avviene spesso in condizioni precarie», rileva l’esperto. Ad esempio, non tutti i datori di lavoro sono comprensivi. «I parenti che forniscono cure devono spesso mettersi in congedo malattia per poter rimanere a casa», constata Markus Zimmermann. Bisognerebbe dunque riflettere sull’introduzione dell’equivalente del congedo maternità.

Controversia attorno al programma di ricerca sulla fine della vita

Il Programma nazionale di ricerca “Fine della vita” (PNR67Collegamento esterno) aveva suscitato l’inquietudine delle organizzazioni di assistenza al suicidioCollegamento esterno. Esse temevano che il suicidio assistito, ampiamente accettato dalla popolazione svizzera, potesse essere limitato in nome della ricerca. Avevano in particolare criticato il fatto che allo studio partecipavano anche numerosi ricercatori tedeschi. In Germania, il mondo politico ha una visione dell’assistenza al suicidio più restrittiva rispetto alla Svizzera.

In un comunicato, il Fondo nazionale svizzero risponde alla critica puntualizzando che l’assistenza al suicidio era una tematica esplicita soltanto in due dei 33 progetti del PNR67.

Traduzione dal tedesco di Luigi Jorio

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