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Alla sbarra in Germania la presunta spia svizzera

Si è aperto mercoledì a Francoforte il processo nei confronti di un 54enne elvetico, arrestato il 28 aprile scorso con l’accusa di spionaggio a favore della Svizzera.

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Potrebbe cavarsela con una pena sospesa con la condizionale e una multa Daniel M., il 54enne svizzero processato da oggi a Francoforte per spionaggio a favore di una “potenza straniera”, nella fattispecie la Svizzera. È il patteggiamento proposto dal pubblico ministero, a condizione che l’imputato chiarisca i punti rimasti oscuri della vicenda. La difesa ha tempo fino a giovedì 26 ottobre per valutare la proposta.

La Procura federale tedesca propone una pena detentiva tra un anno e mezzo e due anni con la condizionale, oltre a una multa di 50’000 euro e al pagamento dei costi processuali affinché lo svizzero possa tornare libero dopo sei mesi passati in detenzione preventiva, evitando una pena fino a cinque anni di carcere.

L’uomo è sospettato di aver cercato di procurarsi illecitamente, “per lo meno da luglio 2011 a febbraio 2015”, informazioni sulle indagini avviate dal fisco del Nordreno-Vestfalia per identificare gli evasori fiscali tedeschi clienti di banche elvetiche. Lo svizzero avrebbe anche reclutato una “talpa” nell’Amministrazione finanziaria del Land.

L’imputato è formalmente accusato di “attività di agenti segreti” (“geheimdienstliche Agententätigkeit”) in base all’articolo 99 del codice penale tedesco, che prevede una sanzione pecuniaria o una pena fino a cinque anni di carcere, che può salire fino a dieci nei casi gravi. Il processo dovrebbe protrarsi fino a metà dicembre.

Per conto dei servizi segreti svizzeri

Secondo l’atto d’accusa consegnato l’8 agosto al tribunale di Francoforte, Daniel M., ex dipendente della polizia comunale di Zurigo e del servizio di sicurezza dell’UBS, avrebbe agito per conto del Servizio delle attività informative della Confederazione (SIC). L’intelligence elvetica lo avrebbe ingaggiato per raccogliere informazioni personali su tre inquirenti tributari del Nordreno-Vestfalia coinvolti nell’acquisto di CD contenenti dati di clienti tedeschi di banche svizzere.

Il SIC gli avrebbe consegnato una cosiddetta “lista Sudoku”, contenente i cognomi degli inquirenti, che Daniel M. ha poi completato aggiungendo date di nascita, indirizzi e numeri di telefono privati. Per farlo si sarebbe avvalso dei servizi del titolare di una impresa di sicurezza con sede nel Land dell’Assia, cui avrebbe versato circa 10’000 euro dei quasi 13’000 ricevuti dal suo committente.

Le informazioni così ottenute sarebbero poi servite quale base al Ministero pubblico della Confederazione (MPC) per spiccare nel marzo 2012 un mandato d’arresto contro i tre funzionari fiscali tedeschi per spionaggio economico e violazione del segreto bancario.

Talpa non identificata

La Procura tedesca accusa anche lo svizzero di aver “piazzato una ‘fonte'”, tuttora non identificata, nell’Amministrazione finanziaria del Land Nordreno-Vestfalia, per raccogliere informazioni supplementari. Il servizio segreto svizzero gli avrebbe dato tale incarico all’inizio di dicembre 2012 e Daniel M. si sarebbe di nuovo fatto aiutare dal suo partner dell’Assia.

Per questo secondo incarico gli sarebbe stato promesso un onorario di 90’000 euro, ma gliene sarebbero stati versati solo 60’000. L’accusato e il suo collaboratore tedesco, secondo la Procura, hanno tenuto per sé 10’000 euro ciascuno, mentre altri 40’000 euro sono andati, tramite il partner, a persone finora non identificate.

Fonte d’accusa: l’MPC

L’arresto di Daniel M. a fine aprile aveva suscitato scalpore al di qua come al di là del Reno. In Svizzera, più che il SIC è stato l’MPC a finire nel mirino delle critiche, alimentate dal difensore della presunta spia, l’avvocato Valentin Landmann

È infatti presto emerso che le informazioni in possesso degli inquirenti tedeschi venivano in buona parte da verbali della Procura federale, che nel 2015 aveva interrogato Daniel M. nell’ambito di un procedimento penale autonomo aperto nei suoi confronti con l’accusa di spionaggio economico e altri reati: M. avrebbe fornito dati bancari rubati (poi rivelatisi falsi) riguardanti potenziali evasori fiscali tedeschi a Werner Mauss, noto investigatore privato e collaboratore dei servizi segreti tedeschi.

Daniel M. avrebbe detto all’MPC di lavorare per il SIC e avrebbe persino rivelato i nomi di alcuni suoi interlocutori nel servizio segreto svizzero, tra cui quello del sostituto direttore Paul Zinniker. L’MPC avrebbe trasmesso per visione queste scottanti informazioni, senza la minima censura, anche all’avvocato difensore dello stesso Mauss, coimputato nell’inchiesta, dal quale sono poi arrivate agli inquirenti tedeschi.

La Procura federale ha dal canto suo negato di aver usato informazioni del SIC per spiccare il suo mandato d’arresto contro i tre funzionari del fisco tedeschi. Un’affermazione suffragata lo scorso maggio anche dall’Autorità di vigilanza sull’MPC. 

Vertenza fiscale

Il contesto dell’intricata vicenda è la vertenza fiscale tra Svizzera e Germania che ha causato momenti di forte tensione negli scorsi anni, quando diversi Länder tedeschi hanno acquistato CD con i dati di clienti d’oltre Reno di banche svizzere al fine di smascherare gli evasori fiscali, suscitando anche un’ondata di autodenunce.

Il Nordreno-Vestfalia è stato fra i più attivi acquirenti a partire dal 2010 e le informazioni ottenute hanno permesso al fisco di questo Land di recuperare fino a sette miliardi di euro supplementari secondo il suo ex ministro delle finanze Norbert Walter Borjans.

Tensioni riacutizzate

L’arresto di Daniel M. ha momentaneamente riacutizzato tensioni che sembravano ormai sopite tra due Stati confinanti, che peraltro lavorano molto strettamente in materia di sicurezza e che nel gennaio 2017 – a quanto si è appreso in maggio da fonti di stampa – hanno sottoscritto un accordo di non spionaggio reciproco.

La vicenda ha avuto un’eco anche alle Camere federali. La delegazione delle commissioni della gestione, preposta alla vigilanza sui servizi segreti, ha infatti aperto un’inchiesta per far luce sull’agire del SIC.

Rispondendo alle domande di parlamentari, il governo svizzero ha qualificato l’operazione tedesca di “controspionaggio”. In agosto il governo ha risposto che una tale raccolta di informazioni è “abituale nell’ambito di una inchiesta penale, tanto più quando non è possibile la cooperazione tra polizie e l’assistenza giudiziaria internazionale”.

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