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Elly Schlein, un po’ di Svizzera nella politica italiana

Elly Schlein a spasso a Bologna.
Elly Schlein mentre passeggia nel centro di Bologna. Copyright 2020 The Associated Press. All Rights Reserved

Nata e cresciuta in Ticino, Elly Schlein, già parlamentare europea, è stata la candidata che ha ottenuto più preferenze alle scorse elezioni regionali dell’Emilia-Romagna. La sua passione per la politica - ereditata dal nonno materno ed esplosa all’Università di Bologna - e il suo recente exploit elettorale, l’hanno trasformata nel personaggio politico del momento.

Tvsvizzera.it: Alle scorse elezioni in Emilia-Romagna è stata la candidata che ha ricevuto più preferenze (22’098) tra l’altro di una lista appena nata. C’è un segreto dietro a questo successo?

Elly Schlein: Diciamo che ci sono stati più di un fattore che hanno giocato: noi abbiamo girato incessantemente tutti i territori facendo tre volte il giro delle province dell’Emilia-Romagna chiedendo alle persone di aiutarci ad arrivare dove non saremmo potuti arrivare da soli e di farsi portavoce delle nostre stesse proposte. E questo secondo me ha pagato molto ed è stata una vittoria collettiva.

Poi c’è stata una raccolta della semina del lavoro fatto a Bruxelles e che ogni fine settimana venivo a spiegare direttamente nel territorio emiliano-romagnolo. In tutto ciò ha giocato un ruolo anche la visibilità social dovuta ad un video di qualche giorno fa in cui chiedevo personalmente a Salvini come mai non si fossero mai presentati a ben 22 riunioni convocate a Bruxelles sulla riforma del Regolamento di Dublino.

Elly Schlein, all’anagrafe Elena Ethel Schlein, nasce a Lugano il 4 maggio 1985 da madre italiana e padre statunitense entrambi professori universitari. Dopo le scuole ad Agno e la maturità al Liceo cantonale di Lugano, si trasferisce a Bologna dove frequenta dapprima il Dams e, successivamente, Giurisprudenza in cui, dopo essere stata eletta per due volte rappresentante degli studenti in Consiglio di Facoltà, si laurea con il massimo dei voti.

Nel 2008 e nel 2012 in occasione delle elezioni presidenziali americane, vola a Chicago a fare da volontaria nella campagna elettorale di Barack Obama. Il 25 maggio 2014 viene eletta al Parlamento europeo con 54.802 preferenze nelle liste del PD.

Si candida alle elezioni regionali dell’Emilia-Romagna del 26 gennaio 2020 dove risulta la più votata con 22.098 voti.

Il suo nonno materno è Agostino Viviani, membro del Comitato di Liberazione Nazionale e successivamente senatore socialista tra il 1972 e il 1979.

Lei è una donna che si è affermata in politica, un settore dove in Italia – ma anche altrove – le donne sono sempre minoritarie rispetto agli uomini. Come si colma questo gap?

Serve un cambiamento culturale per superare una certa cultura sessista, si devono conciliare meglio i tempi di vita con quelli del lavoro anche e soprattutto per chi fa politica. E ciò porta ad avere più donne nei luoghi dove si decide sia in politica che nell’economia. Ci sono interventi da fare sui sistemi democratici di rappresentanza ed elettorali. E ci sono varie soluzioni possibili: in Emilia-Romagna, per esempio, abbiamo appena votato con un sistema in base al quale chi esprime due preferenze deve per forza darle a due persone di genere diverso. Ma ci sono altre possibilità.

Le donne in politica sono un valore aggiunto e nella mia esperienza ciò si è verificato per esempio nella riforma del regolamento di Dublino. Sono sicura che, se non fossimo state tutte donne tranne il relatore, non saremmo riuscite a ottenere un compromesso così alto tra culture politiche e posizioni così distanti.

Parlando di questo: nei giorni scorsi il Tribunale amministrativo federale ha dichiarato l’Italia paese non sicuro per accogliere i migranti vulnerabili a causa del decreto sicurezza bis, smentendo ciò che dice il Regolamento di Dublino e trattenendoli in Svizzera. Di cosa c’è bisogno per risolvere questa questione?

Nel 2017 abbiamo fatto approvare dal Parlamento europeo con una maggioranza storica dei due terzi, la riforma del regolamento per superare quel criterio per me ipocrita del primo paese d’accesso, che ha bloccato migliaia di richiedenti asilo nei paesi ai confini caldi della Ue, tra cui l’Italia, e ha messo a dura prova i sistemi di accoglienza.

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Se siamo una unione è giusto condividere le responsabilità sull’accoglienza. Noi abbiamo cancellato quel regolamento e abbiamo messo in campo un meccanismo permanente di ricollocamento che obbliga tutti i paesi europei pro quota (secondo i criteri di Pil e popolazione) a fare la propria parte sull’accoglienza. L’abbiamo fatto valorizzando i legami significativi di quei richiedenti asilo con i diversi paesi europei in cui hanno ottenuto un titolo di studio o dove vive un famigliare, per limitare al massimo quei flussi di persone che vogliono provare a spostarsi attraversando autonomamente i confini.

Quanto e come influisce nella sua visione politica il suo background e la sua provenienza da un paese federalista e a democrazia diretta come la Svizzera?

Direi moltissimo. Quello svizzero è un sistema politico diverso in cui bisogna dialogare e trovare la mediazione. Io ho provato a portare un po’ di questo nella politica italiana dove non sempre è facile perché il sistema italiano è molto polarizzato e c’è molta politica urlata.

Dalla Svizzera prenderei la capacità di mediare tra posizioni politiche e partiti molto diversi tra loro. Mentre dall’Italia porterei la vivacità nel dibattito e nel confronto per chiarire le diverse visioni.

I sistemi politici italiano e svizzero sicuramente sono molto diversi: ma che cosa del sistema federale svizzero potrebbe essere applicato in Italia o che lei vorrebbe prendere? E viceversa

Prenderei dalla Svizzera la capacità di mediare tra posizioni politiche e partiti molto diversi tra loro. Mentre dall’Italia porterei la vivacità nel dibattito e nel confronto per chiarire le diverse visioni.

Come vede le relazioni Svizzera-Europa e il ruolo della Svizzera nell’ambito europeo?

La Svizzera è immersa nel cuore dell’Europa ed ha relazioni commerciali fondamentali ma anche storiche culturali e geografiche. Un rapporto non facile segnato da alcune votazioni come il referendum di alcuni anni fa (l‘iniziativa popolare contro l’immigrazione di massa, ndr.).

Il rapporto della Svizzera con l’Europa deve ritrovare linfa e deve ritrovare equilibrio nel rispetto reciproco e nell’interesse di entrambe le parti. Né l’Europa può fare a meno della Svizzera che è al centro del suo cuore, né la Svizzera può fare a meno dell’Europa per mille ragioni. Credo che sia il tempo di uno sguardo nuovo e credo che anche in Svizzera ci sia consapevolezza che le più grandi sfide sulle quali dobbiamo dare una risposta alle nuove generazioni sono sfide che nessun paese per quanto ricco di esperienza, competenza e risorse può affrontare da solo. Sull’emergenza climatica, così come sulla gestione dell’emigrazione e sulla questione fiscale, si può fare molto in Svizzera ma bisogna assicurarsi che intorno a te gli altri paesi rispettino gli standard vincolanti.

Il tema dell’ambiente sta diventando sempre più importante a livello mondiale. Come mai secondo lei in Italia non c’è mai stato un forte partito ecologista a differenza di altri paesi europei e anche della Svizzera con l’ultimo exploit dei Verdi e dei Verdi liberali?

Diciamo che il successo dei partiti ecologisti in Europa è dovuto in parte ad una capacità di rinnovamento sia della propria classe dirigente che ha inserito tante persone giovani (come i verdi tedeschi), sia ad un rinnovamento nei linguaggi e nella proposta senza dimenticare l’importanza del radicamento sul territorio. Io credo che in Italia, dove ci sono state importanti mobilitazioni di giovani e giovanissimi in questo senso con i “Fridays for future”, serva una ricostruzione dell’intera area progressista, ecologista e della sinistra attorno alle due sfide sulle quali ci giochiamo il futuro.

L’emergenza climatica da una parte e quindi la transizione ecologica necessaria alle nostre economie che vuol dire salvare il pianeta rilanciando un’occupazione di qualità. Dall’altro lato la lotta alle diseguaglianze sociali, territoriali ed economiche per un lavoro dignitoso; la lotta contro ogni discriminazione di genere, contro le discriminazioni razziste per una buona accoglienza diffusa sul territorio in piccole soluzioni abitative che crea inclusione sociale. E contro ogni discriminazione per orientamento religioso o sessuale.

Elly Schlein e gli stretti rapporti con il Ticino e la Svizzera: 

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