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L’aiuto allo sviluppo ostaggio della politica migratoria?

un poliziotto mentre perquisisce una persona di colore
Perquisizione di un migrante alla dogana di Chiasso: nel 2015 oltre un milione di persone hanno tentato di entrare illegalmente in Europa. Keystone

Migrazione e sviluppo sono connessi e perciò devono essere pensati insieme. Un anno fa la Svizzera ha consolidato questo legame nel suo messaggio concernente la cooperazione internazionale. Ma come si traduce tale approccio nella vita quotidiana? E la Svizzera dovrebbe prestare aiuto solamente nei casi di un proprio tornaconto? 

Secondo l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM)Collegamento esterno, nel 2017 sono arrivate illegalmente in Europa più di 186’700 persone, mentre nel 2016 erano ben 387’700. Molte discussioni si accesero nel 2015, il cosiddetto “anno record”, quando più di un milione di persone cercò illegalmente una via verso l’Europa. In seguito a questo scenario il concetto di “politica estera in materia di migrazione” ha acquisito importanza anche nel dibattito politico in Germania. 

Nell’ambito della sua politica estera migratoria, da più di un anno la Svizzera si preoccupa di “conciliare gli impegni della politica di sviluppo con i propri interessi in materia di migrazione”. Ma cosa significa questo in termini concreti? 

Da destra a sinistra, tutti i partiti interpellati appoggiano l’approccio del legame: l’Unione Democratica di Centro (UDC), il Partito liberaldemocratico (PLR), il Partito popolare democratico (PPD) e il Partito Socialista (PS). Tuttavia, poi le idee divergono sul modo in cui questo si debba concretizzare. 

UDC: L’aiuto allo sviluppo della Svizzera deve essere qualcosa di connesso al rimpatrio dei richiedenti asilo. I finanziamenti ai paesi che non collaborano devono essere bloccati. 

PLR: La relazione tra politica di sviluppo e migrazione può ad esempio realizzarsi concludendo accordi e partenariati nel settore della migrazione. 

PPD: L’aiuto finanziario allo sviluppo dovrebbe venir utilizzato per promuovere prospettive di permanenza e ripresa economica creando posti di lavoro nei paesi africani con elevati livelli di esodo. 

PS: La cooperazione allo sviluppo deve essere riorientata verso contesti fragili per ridurre la violenza in loco e contribuire all’istituzione di autorità statali legittime.

Alliance Sud, il gruppo di lavoro di sei organizzazioni svizzere per lo sviluppo, in una tavola rotonda ha recentemente criticato l’approccio adottato definendolo “vago”. Nella storia della Svizzera, questo è il mandato meno chiaro che l’Amministrazione federale abbia mai ricevuto dal Parlamento, ha dichiarato il direttore generale Mark Herkenrath. È formulato in modo così astratto “che non potrà mai essere eseguito – qualunque cosa si faccia”. 

Herkenrath propone di far sì “che la migrazione avvenga in circuiti regolari e possa contribuire il più possibile allo sviluppo dei paesi d’origine”. Se l’Amministrazione federale interpreta il messaggio concernente la cooperazione internazionale 2017-2020Collegamento esterno come un mandato per fermare la migrazione, “allora ha perso in partenza”, perché ciò è impossibile. 

Uno degli strumenti della politica migratoria estera svizzera è il cosiddetto partenariato in materia di migrazioneCollegamento esterno. Come scrive la Segreteria di Stato per la migrazione (SEM) nel suo sito web “Le questioni relative alle sinergie tra migrazione e sviluppo” sono ora parte integrante di tali accordi insieme ai temi “tradizionali” quali la riammissione, l’assistenza al rimpatrio, la politica dei visti o la lotta alla tratta di esseri umani. Nel 2009 la Svizzera ha avviato tali partenariati con la Bosnia-Erzegovina e la Serbia; a seguito con Kosovo, Nigeria e Tunisia. 

In linea di massima i quattro partiti intervistati approvano questo strumento. Tuttavia, anche qui si evidenziano differenze nella ponderazione del contenuto.

UDC: I partenariati in materia di migrazione funzionano solo se i paesi d’origine li rispettano. La Svizzera deve quindi esercitare pressioni e difendere chiaramente i propri interessi. 

PLR: È nell’interesse della Svizzera intensificare la cooperazione in materia di politica migratoria con i Paesi da cui provengono grandi gruppi migratori. 

PPD: Parte di questi partenariati devono includere accordi di riammissioneCollegamento esterno. In linea di principio, importanti paesi d’origine dei richiedenti asilo dovrebbero ricevere un sostegno finanziario dalla Svizzera solo se disposti a firmare un accordo di riammissione. 

PS: I partenariati in materia di migrazione hanno senso quando sono più che semplici accordi di riammissione. Devono essere connessi a progetti di sviluppo gestiti non solamente dal governo. È importante prendere in considerazione partner della società civile impegnati a favore dello sviluppo sociale e del rafforzamento dei diritti umani.

“L’aiuto allo sviluppo diventa merce di scambio” 

La questione se la Svizzera debba prendere in considerazione accordi di questo tipo con Stati repressivi come l’Eritrea, ad esempio, è al momento oggetto di discussione politica. L’Eritrea è uno dei principali Paesi d’origine dei richiedenti asilo in Svizzera. 

Organizzazioni umanitarie come la Caritas mettono in guardia che “con questa politica di sviluppo guidata da interessi politici interni” la Confederazione “danneggia” la credibilità della cooperazione allo sviluppo. 

Nel corso della tavola rotonda Herkenrath di Alliance Sud ha affermato che gli aiuti allo sviluppo non dovrebbero essere utilizzati come merce di scambio per tali partenariati in materia di migrazione. Secondo Herkenrath, domande del tipo “che genere di aiuto allo sviluppo vorreste per proteggere meglio i vostri confini e concludere con noi un accordo di riammissione?” vanno nella direzione sbagliata. 

studenti seduti in una classe di una scuola in etiopia
Aiutare sul posto: una scuola sostenuta dalla Svizzera in un campo per rifugiati eritrei ad Addis Abeba, in Etiopia. Keystone
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Gli aiuti umanitari competono con gli aiuti allo sviluppo 

Oltre alla richiesta di partenariati per la migrazione, vi è anche l’idea che la Svizzera dovrebbe fornire più aiuti in loco; vale a dire sostenere le persone, preferibilmente nel loro paese d’origine o in quelli limitrofi, in modo che non vengano neppure in Svizzera. A ciò si accompagna la tendenza a trasferire agli aiuti umanitari fondi stanziati per la cooperazione allo sviluppo a lungo termine.

UDC: L’assistenza in loco ha senso solo se in Svizzera diminuiscono il numero di domande d’asilo e i costi e se questi sono sostenuti dai centri locali pertinenti, ad esempio per l’esame delle domande d’asilo. 

PLR: Sosteniamo la tradizione umanitaria svizzera e sosteniamo il rafforzamento dell’aiuto umanitario. 

PPD: Vogliamo aumentare gli aiuti in loco. Tuttavia, è contraddittorio voler tagliare gli aiuti allo sviluppo e al tempo stesso combattere in loco i motivi che inducono alla fuga. 

PS: Gli aiuti umanitari e la cooperazione allo sviluppo devono essere molto più coordinati di prima e gli aiuti umanitari devono essere considerati fin dall’inizio come parte di una strategia sostenibile a lungo termine.

Il tema migrazione e sviluppo sarà trattato anche nell’attuale sessione del Parlamento. Oggi, martedì, la Camera alta (Consiglio degli Stati) discute la richiesta di un cambiamento della politica d’asiloCollegamento esterno affinché la Svizzera aiuti i rifugiati “il più possibile vicino al loro Paese d’origine”. Gli aiuti in loco devono essere finanziati, tra l’altro, con fondi per l’aiuto allo sviluppo “che non verrebbero più versati agli Stati non cooperativi”. La Camera bassa (Consiglio nazionale) si occuperà del tema dell’Eritrea la prossima settimana.

Traduzione di Paola Beltrame

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