Prospettive svizzere in 10 lingue

“Non solo l’italiano, anche il francese è in difficoltà”

La Confederazione cerca di promuovere gli idiomi delle minoranze tra il proprio personale, affinché il plurilinguismo non rimanga solo sulla carta Keystone

Italiano e francese arrancano nell'amministrazione federale elvetica. La Confederazione si sta muovendo per incentivare le lingue minoritarie in seno al personale, ma la strada è ancora in salita. Una situazione che rispecchia il contesto di tutto un paese in cui il plurilinguismo appare in crisi.

“Dal mio osservatorio privilegiato, ritengo che, in seno all’amministrazione federale non solo l’italiano, ma pure il francese sia in difficoltà di fronte al forte predominio del tedesco. Anche se i dati della gestione del personale 2013, pubblicati in marzo, evidenziano che, l’anno scorso, la quota dei funzionari francofoni ha raggiunto il 21,5% e si situa quindi per la prima volta nella fascia di valori prevista che va dal 21,5 al 23,5%”, ci spiega Nicoletta Mariolini, delegata al plurilinguismo nell’amministrazione federale.

L’italiano non supera la quota del 6,8% in una fascia di valori compresa tra il 6,5 e l’8,5%. “Notiamo che la percentuale degli italofoni raggiunge il 10,6% in seno al Dipartimento federale delle finanze (DFF) e questo si spiega per il numero elevato di funzionari di madre lingua italiana nell’amministrazione federale delle dogana”, prosegue l’alta funzionaria. Altra proporzione di rilievo è il 20% registrato nei servizi linguistici della Cancelleria federale.

“Se esaminiamo tutti i dati dell’amministrazione federale, possiamo costatare che, anche se lentamente, è stata presa la direzione auspicata”, conclude la delegata al plurilinguismo.

“Certo le minoranze linguistiche sono a volte ancora molto sottorappresentate e l’attuale revisione dell’Ordinanza sulle lingue sarà uno strumento per rimediarvi. In buona sostanza, dobbiamo dire che l’amministrazione federale non si disgiunge dal resto della Svizzera e sta al paese nel suo insieme a curare la cultura del plurilinguismo. Ci vorrebbero infatti più reciprocità e più apertura verso le altre lingue!”, commenta Nicoletta Mariolini.

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Un metodo ricettivo di apprendimento

Ciò non toglie che l’amministrazione federale dovrebbe essere un buon esempio di plurilinguismo vissuto nella quotidianità e di promozione della conoscenza delle altre lingue al proprio interno.

Secondo Elena Maria Pandolfi, linguista e ricercatrice dell’Osservatorio linguistico della Svizzera italiana e coautrice del volume Capito? Comprendere l’italiano in Svizzera – un metodo ricettivo di apprendimento della lingua di Dante –, il trilinguismo è tutt’altro che scontato in seno all’amministrazione federale. “Dovrebbe esserlo, ma nella realtà non è sempre così”, spiega. E questo nonostante che il plurilinguismo dal 2010 sia tutelato da un’apposita legge.

A suo parere, il libro appena pubblicato è adatto a migliorare la situazione. “Si tratta di un valido strumento per migliorare l’uso effettivo dell’italiano in diversi contesti svizzeri e nello stesso tempo mantenere la ricchezza data dalla diversità linguistica e culturale, un patrimonio straordinario che la Svizzera possiede e che va mantenuto e difeso.”

Scritto da Elena Maria Pandolfi, Sabine Christopher, ricercatrici presso l’Osservatorio linguistico della Svizzera italiana di Bellinzona, e Barbara Somenzi, docente all’Alta Scuola pedagogica di Zurigo, il volume Capito? Comprendere l’italiano in Svizzera è suddiviso in sette unità didattiche e presenta vari temi di attualità e di cultura con uno sguardo particolare alla Svizzera italiana.

Prima della sua definitiva pubblicazione (gennaio 2014), il manuale è stato “sperimentato” da funzionari del Dipartimento federale dell’ambiente, dei trasporti, dell’energia e delle comunicazioni.

I destinatari sono principalmente adulti che sanno il francese sia come lingua prima sia come lingua seconda. Il volume può essere utilizzato in modalità di auto-apprendimento o nei corsi di lingua. È stato ideato dal Centro scientifico di competenza sul plurilinguismo (CSP).

Esperienze sul campo

Traduttore e docente d’italiano presso il Dipartimento dell’ambiente, dei trasporti, dell’energia e delle comunicazioni (DATEC) a Berna, il ticinese Paolo Malinverno è un pioniere nell’insegnamento della lingua di Dante ai quadri federali: i corsi sono annuali e coinvolgono il 70% del nostro personale”, ci racconta. L’idea dell’insegnamento dell’italiano è stata sua anni orsono quando il DATEC era ancora diretto da Moritz Leuenberger “che parlava bene l’italiano anche se per timidezza esitava a farlo”, ricorda Malinverno.

Nell’agosto scorso Paolo Malinverno è stato scelto per sperimentare con i suoi allievi il metodo di apprendimento della lingua italiana di Capito? Comprendere l’italiano in Svizzera. “Lo abbiamo testato prima che la versione definitiva fosse data alla stampa e il metodo, indirizzato ai francofoni o persone che padroneggiano il francese, è stato molto apprezzato.”

Il corso d’italiano in seno all’amministrazione federale è stato progettato dal Centro scientifico di competenze per il plurilinguismo di Friburgo – incaricato dalla Confederazione di promuovere gli scambi linguistici – e dall’Università della Svizzera italiana. Esso è stato ritenuto uno strumento indispensabile per migliorare il plurilinguismo dei funzionari della Confederazione.

Il plurilinguismo in crisi

Per Manuele Bertoli, capo del Dipartimento dell’educazione del cantone Ticino e presidente del Forum per la difesa dell’italiano in Svizzera, “non è soltanto la lingua italiana ad essere in crisi in Svizzera, ma è il plurilinguismo nel suo insieme. Oggi il nostro paese che, secoli fa, ha deciso di diventare un’unità politica, fa fatica ad applicare concretamente il suo plurilinguismo.”

Bertoli riconosce che è l’italiano ad arrancare di più nel panorama della diversità linguistica elvetica. Lo si capisce dalla recente scelta di licei e scuole cantonali come quelli dei cantoni di Argovia e del Grigioni di preferirgli l’inglese o addirittura lo spagnolo.

“Anche i romandi però hanno capito che c’è un problema e che la battaglia per il plurilinguismo è difficile” sottolinea il ministro ticinese della pubblica educazione, che aggiunge: “persino la Conferenza cantonale dei capi dei dipartimenti dell’istruzione pubblica tende a minimizzare questa realtà.”

Ma Bertoli ritiene che gli strumenti per difendere le lingue minoritarie in Svizzera, in particolar modo l’italiano, esistano. “Il Forum per la difesa dell’italiano in Svizzera per esempio si è dato degli obiettivi concreti e sta lavorando per raggiungerli. Dal canto mio cerco di convincere i miei colleghi a mantenere l’insegnamento della lingua di Dante nelle scuole cantonali. Bisogna anche insistere di più sugli scambi linguistici tra studenti delle diverse regioni del paese. La battaglia per conservare il plurilinguismo in Svizzera, un elemento fondamentale del DNA del nostro paese, deve essere vinta.”

Se l’italiano e il francese perdono terreno nella Svizzera tedesca, il romancio è praticamente completamente ignorato fuori dal proprio territorio e regredisce persino in casa propria. In suo soccorso sta per arrivare un metodo di apprendimento ricettivo analogo a quello per l’italiano. Ideato dal CSP in collaborazione con l’Alta scuola pedagogica dei Grigioni, Rumantsch receptiv non sarà una pubblicazione cartacea, ma un manuale che verrà posto interamente e gratuitamente online a fine 2014, indica Amelia Lambelet, ricercatrice presso il CSP.

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