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Pensioni: chiaro rovescio per governo e parlamento

Una vittoria per i sindacati che nel settembre 2009 avevano radunato oltre 30'000 persone a Berna per manifestare contro lo smantellamento dello Stato sociale

Bocciando a grande maggioranza la proposta di ridurre il tasso di conversione delle rendite pensionistiche, il popolo svizzero ha inflitto una severa sconfitta al governo e alla maggioranza borghese del parlamento. I problemi del secondo pilastro non vanno risolti solo con tagli alle prestazioni.

72,7% di no all’abbassamento del tasso di conversione del secondo pilastro. Quasi tre quarti degli svizzeri e tutti i cantoni hanno respinto il progetto, sostenuto dal governo e dalla maggioranza del parlamento, che avrebbe comportato una sensibile riduzione delle rendite della previdenza professionale.

Questo chiaro rifiuto, piuttosto sorprendente nelle sue dimensioni, suona come uno schiaffo nei confronti del Consiglio federale e dei partiti borghesi, che da diversi anni hanno puntato quasi esclusivamente sui tagli delle prestazioni per alleggerire i problemi di finanziamento delle assicurazioni sociali statali e delle casse pensioni.

Una via giudicata eccessivamente unilaterale dal popolo svizzero. E oltretutto eccessivamente sbrigativa: nel 2003 il parlamento aveva deciso di abbassare il tasso di conversione dal 7,2% al 6,8% e, prima ancora che entrasse in vigore questa misura, si era già pronunciato nel 2008 per un’ulteriore abbassamento al 6,4%.

Proposte intempestive

Troppa fretta quindi agli occhi della stragrande maggioranza degli svizzeri, soprattutto in tempi di recessione economica e di ristrettezze finanziarie, pensiamo soltanto all’inarrestabile esplosione dei premi delle casse malattia, contro la quale le autorità non hanno trovato finora nessuna ricetta.

E troppa accondiscendenza da parte del parlamento nei confronti delle pressioni degli assicuratori, che sono riusciti a far passare buona parte delle loro richieste alle Camere federali. L’elettorato non si è lasciato convincere dalle argomentazioni delle compagnie di assicurazioni, che si lamentano ogni qual volta l’andamento dei mercati finanziari incide negativamente sui loro investimenti, ma appaiono molto più discrete quando i listini delle borse registrano di nuovo una crescita.

E, non da ultimo, troppa intempestività da parte delle forze politiche di destra, che in un periodo di incertezze economiche e sociali hanno messo in cantiere vari piani di risanamento delle istituzioni previdenziali incentrati quasi soltanto sui sacrifici degli assicurati. Tra questi, nuovi tagli all’assicurazione disoccupazione, proposti proprio in una fase di forte crescita del numero dei senza lavoro.

Chiaro segnale

Questa volta, il governo e la maggioranza borghese in parlamento hanno dato quindi un grande colpo di colpo di mano alla sinistra, che in passato era uscita più volte sconfitta su questioni sociali non solo alle Camere federali, ma anche dalle urne. Era insomma la battaglia da non perdere per socialisti, verdi e sindacati che avevano impugnato il referendum e che ora possono dirsi soddisfatti.

Il responso dello scrutinio è una “Waterloo” per la destra, ha dichiarato il presidente del Partito socialista Christian Levrat, secondo il quale “il popolo ha lanciato un chiaro segnale in vista delle prossime discussioni sulla politica sociale”.

“Il no del popolo è un no ai miliardi incassati dagli assicuratori privati ai danni degli assicurati”, afferma l’Unione sindacale svizzera. E un no “ai partiti politici che hanno cercato di mettere i giovani contri gli anziani per smantellare lo stato sociale”. Durante la campagna le forze borghesi avevano infatti sostenuto che, senza un taglio delle aliquote, non sarà possibile finanziare più avanti le rendite delle nuove generazioni.

Mancanza di fiducia

Per Economiesuisse, il voto va attribuito alla crisi economica, alla disoccupazione e al dibattito sui salari, ma anche “alla mancanza attuale di fiducia della popolazione nei confronti del mondo politico”. Una “pillola amara”, come la riduzione del tasso di conversione, “può essere ingoiata solo se sussiste questo rapporto di fiducia”, ha dichiarato il direttore dell’organizzazione padronale Urs Rellstab.

A detta di Fulvio Pelli, presidente del Partito liberale radicale, dalla votazione emerge invece “la carenza di fiducia della popolazione nei confronti delle casse pensioni”. A suo avviso, gli svizzeri non possono tuttavia cullarsi nell’illusione di poter mantenere rendite alte anche in futuro: “In questo modo si consuma oggi il capitale riservato alle prossime generazioni”.

L’Associazione svizzera d’assicurazioni si è detta “sorpresa” e “delusa” del verdetto popolare. Secondo il suo presidente Erich Walser, il problema non è risolto e “ritornerà sul tappeto nei prossimi anni”.

Correttivi necessari

Una previsione alla quale si associano tutte le forze politiche: occorreranno necessariamente dei correttivi per far fronte all’allungamento della speranza di vita della popolazione e quindi all’aumento del periodo di versamento delle rendite del secondo pilastro.

Governo e parlamento dovranno però impegnarsi per cercare anche altre soluzioni, come un aumento dei contributi o una riduzione delle spese amministrative degli assicuratori. La battaglia tra destra e sinistra rimane quindi aperta.

Altra sorpresa

Mentre l’esito favorevole alla ricerca sull’essere umano era scontato, dal momento che la normativa federale era sostenuta da quasi tutte le forze politiche, l’altra sorpresa di questo scrutinio è stato il chiaro no all’iniziativa popolare “Contro il maltrattamento e per una migliore protezione giuridica degli animali”. L’obbligo di istituire un avvocato degli animali per ogni cantone è apparso eccessivo agli occhi della stragrande maggioranza degli svizzeri, pur molto sensibili ai diritti degli animali.

La legislazione elvetica in materia ha infatti già compiuto enormi progressi negli ultimi decenni: la protezione degli animali e della loro dignità sono iscritti da tempo nella Costituzione federale e dal 2003 un articolo del Codice civile svizzero stabilisce che gli “animali non sono cose” e hanno quindi diritto ad una protezione particolare.

Il voto è stato accolto con delusione dalla Società svizzera per la protezione degli animali. Secondo il suo direttore Hansueli Huber, la campagna ha permesso perlomeno di attirare l’attenzione sul fatto che in alcuni cantoni sussistono ancora vari problemi nell’applicazione della legge sulla protezione degli animali.

Armando Mombelli, swissinfo.ch

Con il 72,7% di no, l’elettorato ha bocciato la modifica della Legge federale sulla previdenza professionale (LPP), che avrebbe comportato una riduzione dell’aliquota minima di conversione.

Questo tasso serve a calcolare la rendita annuale di pensione, in base al capitale previdenziale obbligatorio accumulato durante la vita lavorativa.

Attualmente è del 7% per gli uomini e del 6,95% per le donne.

Scenderà però fino al 6,8% per tutti nel 2014, poiché il parlamento aveva deciso di ridurlo progressivamente per tener conto dell’allungamento della speranza di vita.

Con il 70,5% di no, l’elettorato ha rifiutato l’iniziativa popolare “Contro il maltrattamento e per una migliore protezione giuridica degli animali”.

Il testo chiedeva di ancorare nella Costituzione federale l’obbligo per i cantoni di istituire un avvocato degli animali, chiamato a difendere i loro interessi nei procedimenti penali per maltrattamento o altre infrazioni alla Legge sulla protezione degli animali (LPAn).

L’iniziativa era stata lanciata dalla Protezione svizzera degli animali (PSA), dopo che il parlamento aveva rifiutato di introdurre tale costrizione nella legge.

Soltanto il cantone di Zurigo dispone per ora di un avvocato degli animali.

Approvato con il 77,2% di sì, il nuovo articolo costituzionale sulla ricerca sull’essere umano conferisce alla Confederazione la competenza di legiferare in questo campo, se ci sono rischi potenziali per la dignità e la personalità delle persone coinvolte.

Il nuovo articolo fissa anche quattro principi fondamentali che regolano la ricerca biologica e medica sulle persone viventi: il consenso informato, la proporzionalità fra rischi e benefici, il ricorso a persone prive di discernimento unicamente se non è possibile ottenere i risultati in altro modo, l’approvazione da parte di un organo indipendente.

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