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Cittadinanza negata ingiustamente a italiano da 30 anni in Svizzera

uomo mostra passaporto svizzero
Avere il passaporto svizzero può rivelarsi a volte un vero e proprio percorso ad ostacoli. © Keystone / Christian Beutler

Un solo criterio non può essere determinante per giudicare l'integrazione di un candidato alla naturalizzazione. Lo ha stabilito il Tribunale federale accogliendo il ricorso di un cittadino italiano che si era visto respingere la domanda di naturalizzazione.

Malgrado gli sforzi di standardizzazione nei processi di naturalizzazione, la decisione se concedere o meno la nazionalità svizzera è ancora ampiamente di competenza delle autorità comunali. A volte, ciò comporta una certa arbitrarietà e capita che dei candidati si vedano rifiutare la cittadinanza per ragioni che possono sembrare futili. Un paio d’anni fa era stato il comune di Nyon, nel cantone Vaud, a finire al centro delle critiche, poiché la commissione comunale delle naturalizzazioni aveva respinto la candidatura di un italiano che, tra le altre cose, non aveva saputo dire chi erano i tre presunti firmatari del Patto del 1291 (per la cronaca Werner Stauffacher, Arnold von Melchtal e Walter Fürst). Una domanda a cui probabilmente non sanno rispondere nove svizzeri doc su dieci.

A Buchs, nel cantone Argovia, una cittadina turca si era vista invece rifiutare la domanda poiché aveva ad esempio affermato che lo sport nazionale svizzero era lo ‘sci’, mentre la commissione avrebbe preferito sentire l’hornuss o la lotta svizzera. In seguito, le autorità avevano fatto dietrofront e concesso la nazionalità alla donna.

Il costo del passaporto

La naturalizzazione in Svizzera non è gratuita. Se la richiesta è accettata, bisogna pagare un contributo federale di 100 franchi e tasse comunali e cantonali. Le differenze sono importanti.

Nel 2019, il sito comparis.chCollegamento esterno aveva paragonato le tariffe in vigore: si va da un minimo di 900 franchi nel cantone Vaud (100 franchi per la tassa federale e 700 per quelle cantonali e comunali) a 3’600 nel cantone Svitto.

Un solo criterio non basta

Questa volta a balzare agli onori delle cronache è il comune svittese di Arth. Nel 2017 le autorità di naturalizzazione hanno respinto la domanda di naturalizzazione di una coppia di italiani e del figlio. L’anno successivo, il Tribunale amministrativo cantonale ha ammesso il ricorso della madre e del figlio, ma ha respinto quello del padre, residente in Svizzera da 30 anni. L’uomo non si è però dato per vinto e si è rivolto al Tribunale federale (la massima istanza giudiziaria in Svizzera), che gli ha dato ragione.

Nella sentenza pubblicata lunedìCollegamento esterno, la corte sottolinea che “durante l’esame di integrazione dei candidati alla naturalizzazione, non bisogna focalizzarsi su un solo criterio”.

All’uomo, nato nel 1968 e titolare di un’azienda di stuccatura dal 2001 e di una gelateria, le autorità comunali avevano rimproverato di non avere sufficienti conoscenze culturali e di non intrattenere relazioni abbastanza intense con gli svizzeri, segno di una scarsa integrazione.

In particolare, non aveva potuto rispondere a nove delle venti domande su argomenti di carattere locale e nazionale e ad altre quattro aveva risposto in modo impreciso.

Lupi e orsi nello stesso recinto?

L’uomo, ad esempio, ignorava che nello zoo di Goldau lupi ed orsi condividono lo stesso recinto e non ha saputo dire il nome della nuova casa anziani di Arth. Oppure per parlare di ‘corno delle Alpi’ ha usato il termine ‘corno svizzero’.

Nella sentenza, il Tribunale federale rileva che “è sorprendente che gli siano state richieste risposte così specifiche” e specifica che “il fattore decisivo per valutare l’integrazione [del candidato] è la sua capacità di dimostrare di essere a conoscenza dei fatti in questione, anche se non è in grado di fornire i nomi esatti o tutti i dettagli”.

La corte di Losanna sottolinea che nel quadro di un esame globale, delle lacune su un aspetto preciso possono essere compensate da altri punti forti: “Nel caso concreto, l’interessato ha superato il test di conoscenze sociali e civiche”.

Inoltre, non gli si può rimproverare nulla per quanto concerne la sua integrazione economica. Ed è pure scorretto affermare che la sua integrazione sociale sia insufficiente. Secondo il Tribunale federale, una persona che gestisce un’azienda da quasi 20 anni ha per forza contatti con la popolazione locale.


“Il rifiuto della naturalizzazione – conclude la corte di Losanna – si basa su una ponderazione chiaramente sproporzionata delle condizioni materiali della naturalizzazione ed è quindi insostenibile”.

Interpellato dal giornale BlickCollegamento esterno, il sindaco di Arth Ruedi Beeler cerca dal canto suo di gettare acqua sul fuoco: “Prendiamo sul serio la sentenza del Tribunale federale e naturalmente naturalizzeremo la persona”, dichiara.

Nessuna armonizzazione in vista

Il caso di Arth rilancerà il dibattito su una maggiore armonizzazione a livello nazionale delle pratiche di naturalizzazione? La recente revisione della Legge sulla cittadinanza, entrata in vigore all’inizio del 2018, e la naturalizzazione agevolata degli stranieri della terza generazione, accettata dai votanti nel febbraio 2017, sembrano aver chiuso per il momento la porta a qualsiasi velleità per ulteriori cambiamenti.

Rispondendo nel maggio 2018 a un’interpellanzaCollegamento esterno che chiedeva appunto se fosse prevista un’armonizzazione delle procedure, il Governo ha sottolineato che “al momento non è previsto alcun progetto federale che tanga l’attuale sovranità cantonale o comunale”.

Nella sua risposta, il Consiglio federale rileva per altro che secondo uno studio “i dati attualmente disponibili non permettono di trarre conclusioni attendibili in merito a discriminazioni sistematiche dei candidati alla naturalizzazione”.

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