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Il coronavirus che ha capovolto la storia

Uomo di colore con camice e mascherina bianchi in uno stabilimento con confezioni di mascherine su un piano
L'interno dello stabilimento. Lorenzo Simoncelli

U-Mask, nata e operante in Sud Africa, dopo aver donato 30'000 mascherine alla Cina, sta lavorando 7 giorni su 7 per il resto del mondo.

Alla periferia di PretoriaCollegamento esterno il corso della storia sta prendendo la direzione opposta. Per una volta, non è più l’Europa ad aiutare l’Africa, ma viceversa. Due giovani imprenditori sudafricani, Jordean Eksteen, e David Molosankwe, stanno inviando in tutto il mondo milioni di mascherine filtranti per fronteggiare la pandemia di Coronavirus. Dalla Cina, all’Italia, dal Nord America all’Australia. La domanda si è triplicata e nella fabbrica di U-MaskCollegamento esterno si lavora ormai ininterrottamente 7 giorni su 7. Per far fronte all’incremento di produzione è stato assunto nuovo personale: tutte donne provenienti da una baraccopoli di Pretoria.
 

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+ Il reportage, con una piccola photo gallery, su RSI NewsCollegamento esterno

«Realizzeremo 2,5 milioni di mascherine al mese per poter supportare più Paesi possibile – spiega David Molosankwe, uno dei co-fondatori di U-Mask ad RSI. Abbiamo donato 30’000 unità al Governo cinese per aiutarli a contenere il virus nella regione di Wuhan». Intanto il Governo cinese ha già chiuso una commessa per 20 milioni di mascherine. «Di solito è l’Africa il Continente che ha bisogno di aiuto – afferma Jordean Eksteen, co-fondatore di U-Mask a RSI – ma, per la prima volta, siamo noi a poter aiutare e siamo orgogliosi di poterlo fare».

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